Tante le provocazioni da cogliere come vocazioni

Il tempo sospeso a causa dell’emergenza, ma anche la graduale ripartenza, non possono lasciare indifferenti le famiglie

Tante le provocazioni da cogliere come vocazioni

L’emergenza di questo periodo ci sta costringendo a dare più attenzione a quanto capita in casa, nella quotidianità del nostro nucleo familiare o comunitario, così pure a quanto accade dentro noi stessi. Quanto succede nel mondo lontano o vicino continua a provocarci e coinvolgerci, ma il vissuto dentro le mura domestiche ha assunto maggior peso e importanza. Vivere insieme tante giornate, senza cambiare scenario durante il giorno o la settimana, sta provocando immancabili tensioni e conflitti ma, come sembra confermare una ricerca dell’Università Cattolica (cfr Avvenire, 26 aprile 2020), soprattutto lì dove ci sono dei forti legami di coppia, anche tanto bene grazie alla famiglia che «mostra una capacità di attivare risorse al proprio interno per orientare e trasformare in senso positivo i cambiamenti affrontati».

La “quarantena blindata” ci sta facendo accorgere in modo nuovo che anche marito, moglie, figli, genitori.. insieme a doni da condividere, portano nel cuore, proprio come noi, delle domande, fatiche, necessità, bisogni che ci interpellano. Sta emergendo in maniera nuova la vocazione della famiglia a vivere insieme, a prendersi cura gli uni degli altri, a dare valore anche a cose semplici e ripetitive ma necessarie, che esprimono quell’amore che dà solidità alla vita.

La graduale riapertura di tante attività e la possibilità di riprendere a muoverci in modo spontaneo, ci farà però tornare più attivamente nel mondo e correremo il rischio di ricadere nell’eccessiva esposizione, nel vivere soprattutto proiettati all’esterno, magari scappando dalle responsabilità di casa. Se sapremo far tesoro di questo tempo, invece, riusciremo a mettere insieme queste diverse dimensioni necessarie per vivere: la vita sociale e comunitaria non è un nemico o un mare in cui si si perde ma un autentico luogo di scoperta, confronto, incontro, creatività, testimonianza, realizzazione; la limitata e nascosta vita di casa non può diventare la Cenerentola sacrificata al lavoro o allo studio, all’impegno per gli altri e allo svago, tantomeno al servizio in parrocchia che tante volte nasconde vere e proprie fughe dal proprio impegno. Da ogni parte la parola di Dio ci raggiunge e ci chiama e, lì dove siamo, nel modo che ci è possibile, possiamo vivere e attuare una risposta a questa Parola.

Anche la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni di domenica scorsa, ci ha ricordato che famiglia e vocazione sono intimamente collegate. Il matrimonio è una vocazione e gli sposi sono dei chiamati dal Signore a vivere l’amore, a far fiorire la vita attorno a sé e trasformare il mondo perché diventi uno; anche l’intera famiglia è raggiunta ogni giorno da provocazioni che portano dentro delle vere e proprie vocazioni, delle autentiche parole di Dio che la chiamano a lasciarsi coinvolgere.

Una delle parole che interpellano la famiglia sono anzitutto i figli, con la propria unicità ed esperienza ma anche con il loro personale progetto di vita. Non è semplice per una famiglia accompagnare i giovani nell’ascolto della propria chiamata: a volte si espone con la paternalistica domanda “che farai dopo la maturità?”, ma non riesce a offrire strumenti per aiutare il ragazzo e il giovane ad ascoltare il Signore che parla anche attraverso la vita. A volte, poi, mette dei veri e propri ostacoli sul cammino dei figli, svalutando eventuali sogni e progetti oppure facendo pressione, in modo esplicito o sottile, per orientarne le scelte.

Per ogni famiglia c’è l’opportunità di accompagnare i figli a intraprendere il cammino della vita come un esodo – così ci direbbe la storia della Salvezza – ossia come una continua uscita dalla terra in cui si trova per entrare in un’altra, carica di promessa, passando spesso per un cammino impegnativo e carico di prova. Per incoraggiare e sostenere questo percorso la famiglia deve affrontare le proprie paure, prendersi cura di eventuali ferite, ma soprattutto vivere con fede, lasciando al Signore di guidarla e di illuminare i suoi passi, i suoi gesti e le sue parole e così aiutare i giovani a scegliere nel quotidiano e per il futuro «il meglio della vita» (Francesco, Christus vivit, 143).

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