Idee

La parrocchia di Santo Stefano Re d’Ungheria si è attivata per ricongiungere a Padova il nucleo familiare. Storie di solidarietà senza confini: protagonista la parrocchia padovana di Santo Stefano Re d’Ungheria, in zona Brusegana. Qua vive da diverso tempo Alessandra, ucraina, che grazie alla disponibilità di alcuni parrocchiani, ha potuto riabbracciare la figlia Iulia di 28 anni e le nipotine Iana di 7 anni e Victoria di 18 mesi. 

"In ogni Paese dove c’è una dittatura una persona da sola non è nulla senza i suoi sostenitori. Ma se perde il loro appoggio, non riesce a continuare a governare perché non ha più a disposizione il meccanismo che mette in atto i suoi ordini. Ora la sua politica non fa più l’interesse della sua élite, lo si può contraddire. Per questo sta perdendo il sostegno", spiega lo storico al Sir

Sono 1.390 i chilometri che separano Leopoli da Prato della Valle, ma un filo sottile, resistente e generoso unisce le città. E le anime di chi qui vive o passa, di transito, alla ricerca di un futuro. Piccoli gesti dal valore umano enorme

Credere nel diritto internazionale, credere nelle organizzazioni internazionali, credere nelle pace. Secondo Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea all’Università di Padova, esiste una strada per evitare che il conflitto scatenato dalla Russia trasformi l’Ucraina nell’Iraq d’Europa. Purtroppo però, sostiene il docente padovano, non è la strada intrapresa dall’Unione europea. “L’invio di armi – spiega al settimanale La Voce dei Berici – non solo da parte dell’Italia ma dagli altri Paesi membri e dalla stessa Ue sancisce che l’Unione europea ha preso posizione, si è schierata con l’Ucraina e sta sostenendo la resistenza ucraina”

Nel filo della narrazione di Marco, i discepoli, rientrati in casa, rivolgono a Gesù la domanda rovente. Chiedono perché essi non hanno potuto liberare il ragazzo posseduto da un demonio muto e sordo, visto che Gesù stesso aveva affidato loro il mandato di predicare la venuta del Regno, con il potere di scacciare i demoni (Mc 3,15). Ai discepoli Gesù risponde, perentorio quanto misterioso: “questo genere, in niente può essere scacciato se non in preghiera”. Quando il Maligno è muto e sordo solo la preghiera lo fronteggia. In preghiera, non “con” la preghiera: pregare non è mai atto strumentale ma è l’atteggiamento profondo della fede, espressione del legame che libera. È il caso serio della fede, mai potere miracolistico

In un contesto già segnato da una stanchezza diffusa di fronte alla pandemia, di tutto abbiamo bisogno fuorché di partiti che per motivi elettoralistici si mettano a strumentalizzare il disagio.

Quando l’impensabile raggiunge, che fare? Incredulità, sgomento, interrogativi che premono. Serpeggia continuamente “perché?”. Perché si scatenano distruzioni come l’attuale? Non siamo disinformate ma ci rendiamo conto che molto ci sfugge e quanto più tentiamo di capire, tanto più ci sfugge. Ci poniamo in ascolto e fremiamo per entrambi i nostri fratelli e sorelle che combattono. Sono persone come noi che vivevano un quotidiano normale, fra vita di famiglia e vita di lavoro, intessendo relazioni, coltivando interessi. In un attimo tutto viene distrutto o, quanto meno, impedito gravemente

Il digiuno è il modo con cui vogliamo provare a sospendere per un po’ l’anestesia, andando a toccare il disagio sapienziale che può insegnarci che la vita non ce la diamo da soli, e che tutto, anche un tozzo di pane quando hai fame, è un dono pieno di gioia per cui ringraziare. Tutto è dono, quando smetto di arraffare. Nulla è scontato, quando non ho più nulla. Due anni fa iniziammo la Quaresima in quarantena, e fummo messi a digiuno di relazioni, contatto fisico, libertà di movimento: abbiamo capito, in questi due anni, quanto queste cose siano doni non scontati, e che possiamo fare a meno di molte delle altre cose con cui di solito proviamo ad anestetizzare la paura?