C’è molto da fare… Per aiutare la scuola occorre uscire da una logica di puro nominalismo

Vale la pena – senza smettere di vigilare per evitare deviazioni pericolose – di sospendere il giudizio immediato, la tentazione ideologica, cercando di fare quadrato sul senso profondo e sulle necessità della scuola di oggi.

C’è molto da fare… Per aiutare la scuola occorre uscire da una logica di puro nominalismo

A posto siamo. Viene una battuta – e la si prenda solo come tale – a sentire la notizia della costituzione di una commissione, da parte del ministro Valditara, per l’autorevolezza e il rispetto. Dopo la nuova denominazione del ministero di Viale Trastevere (Istruzione e merito), ecco due nuovi termini – questa volta per una commissione – che fanno drizzare le orecchie e indirizzano la comprensione dei nuovi orientamenti del Governo sulla scuola.
Come se non bastasse, ecco le parole usate da Valditara in un convegno a Milano, parlando di bullismo e violenza anche contro i professori: “Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, si prende la responsabilità dei propri atti – ha affermato Valditara –. Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto. Quando io ero un bambino, il maestro era il maestro con la emme maiuscola. Così non si può più andare avanti”.

Umiliazione. Immediata la reazione di studenti, sindacati, forze politiche dell’opposizione, all’attacco di una scuola “classista, repressiva e ideologica”. Al punto che lo stesso Valditara ha fatto marcia indietro precisando il senso del suo intervento e in una nota ha spiegato di aver usato “un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento. Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli svolgere lavori socialmente utili alla comunità scolastica. In questi casi, ero e rimango pienamente convinto che realizzare il proprio errore, imparare l’umiltà di chiedere scusa, affrontare il senso del limite e della responsabilità delle proprie azioni sia un passaggio denso di significato formativo e culturale. Ammettere i propri errori significa realizzare che la realtà è più grande del proprio Io. È un tema di cui talmente avverto l’urgenza, da persona prima che da ministro, che al momento mi ha fatto utilizzare un termine sicuramente inadeguato, cosa di cui mi dispiaccio io per primo. Riconfermo, invece, totalmente il senso del messaggio: alla società dell’arroganza occorre rispondere con la valorizzazione della cultura del rispetto e del limite e con la riscoperta del valore fondamentale dell’umiltà”.

Questa precisazione del ministro vale la pena di essere considerata con attenzione: i riflettori sono puntati sui termini usati fin qui – e in verità vale la pena stare attenti all’uso delle parole, perché portano con sé tanti significati – ma allo stesso tempo occorre uscire da una logica di puro nominalismo. Autorevolezza e Rispetto, ad esempio, se suonano come termini aulici applicati a una Commissione del ministero, allo stesso tempo sono in realtà la sostanza di una buona scuola, dove il rispetto si sperimenta tutti i giorni nell’interazione guidata tra le persone e l’autorevolezza è una condizione indispensabile per la professione docente. E similmente potremmo fare un ragionamento sul termine “merito”.

Allora vale la pena – senza smettere di vigilare per evitare deviazioni pericolose – di sospendere il giudizio immediato, la tentazione ideologica, cercando di fare quadrato sul senso profondo e sulle necessità della scuola di oggi. Che ha certo bisogno di riguadagnare autorevolezza e rispetto, di valorizzare il merito di ciascuno, a cominciare da politiche serie, efficaci, per mettere in condizione ogni istituto, ogni allievo, ogni docente, di fare bene. Senza che gli cadano i soffitti sulla testa, senza che gli manchi la connessione internet, senza…
Coraggio ministro, c’è molto da fare.

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Fonte: Sir