Conferenza famiglia. De Palo: “C’è stato un positivo cambio di mentalità, ma ora serve un Osservatorio per la natalità”

Il presidente nazionale del Forum ha partecipato alla due giorni. “La famiglia non è considerata più un problema ma una risorsa”, osserva, puntando l’attenzione, però, sul grave problema del calo demografico

Conferenza famiglia. De Palo: “C’è stato un positivo cambio di mentalità, ma ora serve un Osservatorio per la natalità”

“Famiglie protagoniste. Politiche per il presente e il futuro del Paese”. È stato il titolo della Quarta Conferenza nazionale sulla famiglia, che si è tenuta a Roma, a Palazzo Rospigliosi, il 3 e il 4 dicembre. L’evento, previsto per legge, è stato organizzato dal Dipartimento per le politiche della famiglia, della Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti di Firenze. Alla Conferenza ha partecipato anche Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. Al termine della due giorni l’abbiamo sentito.

Che bilancio può fare della Conferenza?

Si è trattato di un momento importante perché a livello delle massime istituzioni ci si è fermati due giorni per parlare di famiglia. Il programma è stato molto denso: al di là dell’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi, si sono susseguiti quelli di molti ministri, ci sono state le parti sociali, gli stakeholder più importanti del Paese, i sindacati, Confindustria, Inps, Istat, il Cnel, il Forum nazionale delle associazioni familiari, che a pieno titolo si sta ritagliando uno spazio a livello istituzionale.

È stato un momento importante di confronto e riflessione che ha un suo peso anche politico.

Purtroppo, l’emergenza legata al Covid non ha permesso una partecipazione più ampia, in presenza, dal punto di vista delle associazioni familiari, ma c’è stata una grande partecipazione on line. L’auspicio è che la prossima Conferenza nazionale si possa fare in presenza. Per quest’anno non è stato possibile per una questione tecnica, non politica.

Quali sono stati gli elementi positivi emersi dalla due giorni?

Ci sono vari aspetti positivi. La partecipazione delle istituzioni ai massimi livelli, anche il presidente del Consiglio Mario Draghi è consapevole che il futuro del Paese non possa prescindere dalle famiglie; la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti è brava, in due anni si è spesa molto per la famiglia e l’assegno unico, c’è stato un cambio di mentalità e di linguaggio, totalmente differente rispetto a quello della precedente Conferenza sulla famiglia (Roma, 28 e 29 settembre 2017, ndr). Molti aspetti che oggi diamo per scontati, quattro anni fa non lo erano.

C’è stato un passaggio culturale enorme: la famiglia non è considerata più un problema ma una risorsa, un bene.

Si è parlato tanto di sussidiarietà, che contraddistingue le famiglie, e di una visione integrata della famiglia che dovrebbe essere tenuta in considerazione in tutte le politiche, non solo in quelle familiari, e nell’utilizzo dei fondi del Pnrr a tutti i livelli. Insomma, dovrebbe esserci una sorta di “super ministero della famiglia” che certifichi che tutte le risorse spese abbiano ricadute positive sulla famiglia. D’altro canto, la famiglia durante la pandemia ha vissuto sicuramente momenti difficili ma ha mostrato che può dare un contributo decisivo al Paese. La famiglia non è stata più tirata da un lato o dall’altro ideologicamente. Finalmente si è rotto lo schema di dover perdere tanto tempo sulla spiegazione di che cosa s’intenda per famiglia, tante energie che distraevano dal tema centrale che è come cercare di migliorare la vita delle famiglie in Italia. Questo è stato un grande salto di qualità.

Ovviamente, nella Conferenza, l’assegno unico l’ha fatta da padrone, anche se tutti ci siamo detti che l’assegno unico non è l’approdo, ma è il pezzo iniziale della svolta, le fondamenta su cui costruire la casa, poi c’è il Family Act e tutto ciò che ne consegue.

Ci sono state delle criticità?

Credo che la natalità sia la nuova questione sociale, noi non dovremmo parlare quasi di altro.

Nei telegiornali dovremmo parlare più di natalità che di Covid, non perché quest’ultimo non sia qualcosa di tremendo, che ci ha messo in grande difficoltà e per il quale purtroppo tante persone sono morte, ma se non facciamo qualcosa e subito per la natalità crolla tutto davvero. Mi spaventa il fatto di non vedere negli altri l’angoscia che ho io, dal punto di vista dell’incontro quotidiano con le famiglie, e che hanno Gian Carlo Blangiardo e Alessandro Rosina, dal punto di vista statistico. Durante la Conferenza il problema natalità è stato affrontato, Blangiardo ha fatto una bella relazione, Rosina ha insistito, ma mi aspetterei già domani la creazione di un tavolo per risolvere il dramma della natalità, occorre spingere sull’acceleratore. È inutile parlare di pensioni, utilizzo dei fondi del Pnrr nella sanità, senza la natalità. L’unico modo per assicurare la pensione è far ripartire la natalità. Stesso discorso per la sanità, che non è solo macchinari o soldi investiti ma deve essere anche sostenibile.

Siamo tutti schiacciati nel presente, bisognerebbe guardare oltre affinché il Paese possa vedere dei risultati su un tema determinante nei prossimi trent’anni, per salvare il futuro dei nostri figli e nipoti. Manca, invece, una visione di lungo respiro.

Quali sarebbero le mosse da fare per avere uno sguardo sul lungo termine?

Come c’è un Osservatorio per la famiglia,

ci dovrebbe essere un Osservatorio per la natalità, con le forze migliori di questo Paese a tutti i livelli

e coinvolgendo tutti i Ministeri. Già noi organizziamo ogni anno gli Stati generali della natalità. Adesso dobbiamo lavorare sul Piano nazionale per la famiglia, visto che la Conferenza serve proprio per redigere il Piano.

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Fonte: Sir