Covid e assistenza agli anziani, “i robot non possono sostituire il caregiver”

Parla il sociologo Pierpaolo Donati: “Molti si chiedono se i robot possano diventare i nuovi infermieri e addirittura i nuovi amici degli anziani, soprattutto durante la pandemia. Io dico di no: sanno fare tante cose, ma non danno identità e dignità perché non sono empatici”

Covid e assistenza agli anziani, “i robot non possono sostituire il caregiver”

Un robot non si ammala, non si stanca, non si contagia e non contagia: sa fare tante cose e spesso sa farle bene. Per questo sempre più spesso, in Europa più che in Italia, i robot sono introdotti e diffusi anche nel campo dell'assistenza. Ora, con una pandemia in corso e alle spalle la drammatica esperienza della “prima ondata”, soprattutto nelle strutture per anziani, potrebbero prendere sempre più piede e diventare i nuovi “caregiver” dei nostri genitori o dei nostri nonni. E' il tema che affronterà Pierpaolo Donati, sociologo e filosofo, durante il convegno internazionale Erickson che si svolgerà a Trento il 2 e 3 ottobre, dedicato al tema “Anziani. Dignità, relazioni, cure”.

“Io penso che vada presa in modo critico la sostituzione delle persone con i robot – ci spiega, anticipandoci alcune delle questioni che affronterà - Molti si chiedono se i robot possano sostituire le persone e addirittura diventare i nuovi amici dell'anziano, perché i robot sono effettivamente molto utili per loro: li aiutano a compiere movimenti, interagiscono con gli anziani con demenza, ricordano l'uso dei farmaci, possono leggere il giornale. Non danno, però, senso alle cose che dicono e in particolare non mostrano alcuna empatia nella relazione. Questo credo sia il limite più grande e la ragione per cui non potranno mai sostituire la persona, neanche nelle sue funzioni di assistenza”.

Secondo Donati, con questa mancanza di empatia, “il robot pone un problema di identità all'anziano, che di fronte a questa macchia si chiede: 'chi sono e con chi sto parlando?' Dalle ricerche fatte finora, risulta in effetti che il robot possa essere utile in molte situazioni: io ritengo però che ci siano, accanto ai tanti punti di forza, anche tanti punti di debolezza; accanto alle opportunità, vedo le minacce nell'uso del robot da parte dell'anziano”.

Ecco i principali punti di forza, secondo Donati: “Il robot ha un comportamento automatico, può essere programmato senza che l'anziano debba modificare nulla; agisce con grande autonomia, non richiede istruzioni; è potente, rapido, può superare l'errore umano, non ha bisogno di uno stipendio né di cibo. Offre una maggiore scelta di assistenza, perché sa fare tante cose”. Poi però ci sono i punti deboli, tra cui “l'incapacità di provare ed esprimere emozioni autentiche e di dare risposte empatiche. Anche nella manipolazione fisica, non ha calore; poi ha una durata della batteria limitata, non è reattivo e adattivo come il cervello umano, ma è efficace solo per il lavoro che è preparato a fare”. In altre parole, “il robot può fare solo ciò che l'anziano dovrebbe fare ma non può a causa di vincoli: non può quindi sostituire la persona umana”.

C'è poi un rischio concreto, secondo Donati: che “l'anziano, specialmente se con demenza, possa confondere la relazione con il robot con relazioni antropomorfe, che lo scambi per un amico, un compagno. Questo minaccia la dignità dell'anziano, la quale si preserva solo nelle relazioni umane. C'è chi ritiene che la dignità di anziano sia nelle sue capacità, ma non sempre queste resistono all'avanzare dell'età o della malattia, oppure in caso di pandemia. La dipendenza dell'anziano è una richiesta di relazioni”, afferma Donati.

Cosa fare allora quando una pandemia trasforma queste relazioni, impedendo per esempio la fisicità? “La mia tesi è che si debba apprendere una nuova cultura delle relazioni, che non passi per gli abbracci e il contatto fisico. Bisogna imparare che la relazione vive anche come gesto di riconoscimento e riconoscenza. In questo senso si sta muovendo la robotica sociale integrativa, modellata per dare all'anziano questa opportunità di relazioni con le persone e in cui la macchina media le relazioni tra l'anziano e i suoi familiari e amici, senza però sostituirsi a questi. Ecco, questo dì credo che sia il contributo prezioso che i robot possono offrire nell'assistenza all'anziano, durante la pandemia”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)