Covid, “il Tso per chi rifiuta le cure? Un pericolo per le libertà di tutti”

Dopo la proposta di estendere il trattamento sanitario obbligatorio ai malati di Covid che non vogliono farsi curare e violano la quarantena, il dibattito si accende. Lasagni (Psicoradio): “Esiste già una legge che punisce chi diffonde consapevolmente una malattia infettiva, non c’è bisogno del Tso: il rischio è che si torni a usare la psichiatria come strumento di controllo sociale”

Covid, “il Tso per chi rifiuta le cure? Un pericolo per le libertà di tutti”

Il Tso non nasce per curare le persone, perché la cura è un processo di trasformazione che avviene con il consenso del paziente. Utilizzare il Tso con i malati di Covid che non vogliono farsi curare è assolutamente sovradimensionato: in Italia esiste già una legge che punisce chi diffonde consapevolmente una malattia infettiva. Perché non servirci degli strumenti che ci sono già? Ancora una volta, si rischia di usare la psichiatria come strumento del controllo sociale”. A parlare è Cristina Lasagni, direttrice di Psicoradio, la radio di Bologna fatta dai pazienti psichiatrici, che si dice preoccupata dopo che, durante l’emergenza Covid, si è diffusa la proposta di usare il trattamento sanitario obbligatorio per chi rifiuta le cure e viola la quarantena.

Tutto nasce dalla richiesta che ha fatto il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, dopo che una persona positiva al tampone ha rifiutato la quarantena, rischiando di creare nuovi focolai. L’idea è stata accolta da Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco di Bari, e da altri sindaci, che vedono il Tso come “strumento molto utile per tenere sotto controllo l’epidemia”. Il ministro alla Sanità Roberto Speranza allora ha incaricato il suo ufficio di studiare la questione e verificare come rispondere a questa richiesta. “La redazione di Psicoradio ha subito drizzato le orecchie, e così abbiamo deciso di realizzare una puntata ad hoc sul tema – spiega Lasagni – .  È una questione molto delicata: capiamo l’ansia che viene quando un malato di Covid non accetta le cure, ma in Italia non puoi obbligare una persona a curarsi, c’è una legge che tutela la libera scelta del paziente.”

Nel frattempo, sulla questione si sono espressi diversi esperti e istituzioni: Daniela De Robert, del collegio del Garante nazionale delle persone private di libertà, distingue il Tso con privazione della libertà, come quello effettuato in psichiatria, e invece un trattamento sanitario obbligatorio che non priva della libertà, come sono le vaccinazioni obbligatorie, e ipotizza che si possa trovare una modalità di trattamento obbligatorio non coercitivo, magari aumentando le multe e applicando contravvenzioni che finiscono sulla fedina penale. 

Giuseppe Deleo, medico legale e consigliere dell’Ordine dei medici di Milano, sostiene invece che esiste già uno strumento più appropriato, il reato di “diffusione di malattie infettive”, l’art. 438 del codice penale, che prevede la contenzione e l’arresto da 1 a 5 anni. Infine, la presidente dell’Unasam, organizzazione che raccoglie le associazioni di familiari e utenti della salute mentale, Gisella Trincas, è decisamente contraria alla proposta: se il Tso dovesse essere autorizzato per chi rifiuta la quarantena, “non esiterei a firmare una denuncia collettiva per attentato alle libertà costituzionali”, scrive. 

“Purtroppo è già avvenuto un primo caso – racconta Lasagni –.  Una donna di 78 anni malata di Covid rifiutava di essere ricoverata e le hanno fatto un Tso perché già in passato era stata in cura presso i servizi di psichiatria, benché la motivazione non fosse strettamente psichiatrica: nessuno si è posto il dubbio se lei avesse diritto o no di rifiutare la cura. Il rischio è che si torni a usare la psichiatria come strumento di controllo sociale, come quando i manicomi erano utilizzati per isolare delle persone o punire determinati comportamenti. Se qualcuno disturba o non rispetta le regole, il Tso diventa allora uno strumento semplice e immediato per ristabilire l’ordine: si ottiene in poche ore, basta la richiesta di un medico, con l’approvazione del sindaco e del giudice tutelare. Ma se iniziamo a estenderlo ai malati di Covid, perché non farlo allora anche per l’Hiv? E per tutte le malattie infettive? Le conseguenze sarebbero gravissime: chi presenta i sintomi non si a quel punto avrebbe paura di andare dal medico, temendo di non avere più libertà di scelta”.

Alice Facchini

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)