Covid, incertezze e paure: chi tutela il benessere psico-sociale degli studenti?

In Emilia-Romagna ci sono 1.500 scuole e 58 mila docenti. Gli studenti, invece, sono 547 mila. Dopo 7 mesi senza scuola, quale e quanta attenzione è stata riservata al loro benessere psicologico? Parla l’Ufficio scolastico regionale

Covid, incertezze e paure: chi tutela il benessere psico-sociale degli studenti?

Tra flowchart su come comportarsi in caso di raffreddore, su quando contattare il pediatra, quando sottoporsi a tampone, in attesa di salivari, sierologici, test rapidi e quarantena abbreviata, a un mese dalla riapertura delle scuole, una cosa è certa: l’anno scolastico 2020/2021 non sarà un anno come tanti altri. In un contesto tanto complesso quanto in continuo divenire, con un occhio al bollettino quotidiano e uno al termoscanner, quale e quanta attenzione è stata riservata al benessere psicologico degli studenti, già provati da quasi 7 mesi di isolamento? Ne ha parlato Chiara Brescianini, Dirigente Tecnico dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, sulle pagine del sito Drug Advisor, spazio di informazione, consulenza e condivisione sul mondo delle sostanze rivolto agli adulti che affiancano i giovani (Drug Advisor è un progetto della Regione Emilia-Romagna, promosso dall’Azienda USL di Bologna in collaborazione con le cooperative Open Group e La Carovana, ndr).

Per capire meglio la complessità della situazione, uno sguardo al contesto dell’Emilia-Romagna: 534 istituzioni scolastiche statali e 981 scuole paritarie, per un totale di 1.515 scuole; 25.030 classi/sezioni nelle scuole statali; 58.148 posti docente di cui 47.151 posti comuni, 10.997 posti di sostegno (di cui 5.062 in deroga), 1.587 nuove immissioni in ruolo di personale docente, un “organico Covid” composto da circa 5.800 docenti e ATA. Gli studenti, invece, sono 547.164, di cui 19.234 con disabilità (3,5 per cento). “Quando parliamo di benessere a scuola, è meglio parlare di scuole”, spiega Brescianini, che avanza subito una premessa: “Attraverso la serie di note ‘Materiali per la ripartenza’, questo ufficio ha messo a disposizione delle scuole e delle diverse istituzioni interessate documenti e riflessioni che speriamo possano risultare utili al complesso impegno a cui tutti siamo chiamati: l’avvio del nuovo anno scolastico 2020/21 in condizioni di pandemia eppure, per quanto possibile, in presenza”.

“Una delle nostre priorità è riconoscere e affrontare il disagio psicologico degli studenti – spiega Brescianini –. Sin da giugno, l’attenzione dei dirigenti scolastici è stata focalizzata, oltre che sugli aspetti ‘tecnici’ inerenti la fase della ripartenza in sicurezza – quindi l’ambito generale dell’analisi, della prevenzione e della gestione del rischio di contagio – anche sui ‘rischi indiretti’, non connessi al contagio in sé, ma alle conseguenze delle misure di protezione adottate per contenerlo, in modo particolare quelli derivati dalla lunga sospensione dell’attività didattica in presenza e dal periodo di isolamento ‘in casa’ che ha interessato l’intera popolazione. In altri termini, abbiamo voluto sottolineare come la paura, la preoccupazione, le incertezze e i fattori di stress costanti nella popolazione durante l’epidemia di Covid-19 possano portare a conseguenze a lungo termine all’interno delle comunità, delle famiglie e degli individui vulnerabili, determinando ‘rischi psicosociali’ con inevitabili ripercussioni sul fare scuola. Come Ufficio Scolastico Regionale abbiamo riflettuto sui possibili effetti del disagio sugli studenti. Numerose ricerche e riflessioni stanno facendo emergere conseguenze tutt’altro che positive”.

Seppure provvisoria e incompleta, è già possibile redigere una lista: comparsa o acutizzazione di problematiche comportamentali (irritabilità, problemi con il sonno, risvegli notturni, paura del buio); segni di regressione a comportamenti di età inferiore (enuresi notturne, ansia da separazione, richiesta di dormire con i genitori); negli adolescenti, maggiore “chiusura” in se stessi e senso di solitudine, compensato da ancora più tempo trascorso sui social o al telefono; aumento del senso di tristezza, di ansia, di collera apparentemente immotivata; aumento dei disturbi alimentari, di quelli ossessivo-compulsivi e fobici; aumento degli hikikomori; aumento della voracità, anche senza arrivare ai problemi alimentari veri e propri. “Ciascuna di queste condizioni soggettive è correlata alle condizioni oggettive in cui lo studente si è trovato a vivere – spiega Brescianini –. C’è chi è stato costretto in pochi metri quadri, magari con famiglie numerose, senza giardino, né balcone; diversi ragazzi non hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni a distanza per problemi di varia natura; c’è la situazione particolare di chi vive in famiglie in cui il lavoro degli adulti scompare o di chi ha vissuto con adulti che dovevano andare a lavorare negli ospedali. E poi ci sono le malattia dei cari, e anche i lutti”.

Come sottolinea la Dirigente, nel caso di alunni con disabilità sono stati rilevati rischi indiretti ulteriori: regressione dei comportamenti e delle capacità; aumento di comportamenti disfunzionali, come stereotipie, auto ed eteroaggressività, impulsività, intolleranza al “no” e alla disciplina, violenze dentro e fuori le mura domestiche; diminuzione delle capacità comunicative e linguistiche; perdita delle routine giornaliere e diminuzione dei livelli di autonomia; difficoltà nel recuperare comportamenti sociali per il lungo isolamento e per le nuove modalità secondo cui essi dovranno svolgersi; difficoltà di “uscire dalla tana” e incontrare persone. “Per alcuni il rispetto delle regole sociali più stringenti è faticoso, così come è impegnativo assumere nuove routine. Ci possono poi essere ansia e depressione, oltre che un impoverimento, della famiglia e delle risorse sociali, che può rendere impossibile garantire al figlio con disabilità i livelli di assistenza assunti direttamente, non in carico del servizio pubblico”. Da parte sua, la scuola, “deve tenere a mente che sarà necessario conoscere di nuovo ciascun singolo alunno, per ciò che ha vissuto e per come lo ha vissuto. E questo sia da un punto di vista degli apprendimenti formali, sia da un punto di vista personale, emozionale, esperienziale. Ancora: la ‘paura per il futuro’ a causa della pandemia rischia di diventare un sentimento diffuso e deleterio. Ri-donare un orizzonte significativo ai giovani è un compito sociale, ma la scuola può fare molto per costruire la fiducia di ciascun allievo nelle proprie capacità e possibilità. Non c’è scuola senza speranza, slancio verso il domani, fiducia nell’impegno personale e di comunità, reciprocità e senso dell’esistenza”.

Una delle leve per scardinare questo circuito, secondo Brascianini, è l’educazione fisica: “Vogliamo ripartire con ‘movimento e relazione’, essenza dell’educazione fisica. Sì, perché l’educazione fisica è un ottimo ‘mezzo di contrasto’ ai rischi psicosociali. Come ogni disciplina ha finalità specifiche e finalità educative trasversali: la motricità facilita l’apprendimento di corretti stili di vita e del rispetto delle regole; migliora le condizioni psicosociali, così rilevanti in questa fase; conduce alla proattività; ricuce il tessuto relazionale interpersonale e aiuta a riaffermare l’immagine di sé, l’autostima, la motivazione, la ripresa delle interazioni sociali. L’educazione fisica, dunque, può svolgere una rilevante funzione di contrasto degli effetti ‘psicosociali’ conseguenti al lockdown. Oltre a ciò, sottolineo l’importanza dell’insegnamento in una ‘scuola aperta’: una scuola che non solo ‘riapre’, ma che pure si apre alle realtà del territorio valorizzando il patrimonio del terzo settore, del privato sociale, degli spazi di comunità come i centri sportivi, le sale civiche, le biblioteche, gli oratori e i parchi”.

Quali sono, allora, le possibili forme di supporto per le scuole? “L’attenzione alla salute e il supporto psicologico per il personale scolastico e per gli studenti rappresenta una misura di prevenzione precauzionale indispensabile per una corretta gestione dell’anno scolastico. Sulla base di una convenzione tra Ministero dell’istruzione e il Consiglio nazionale Ordine degli psicologi, si promuove un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta a eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in ‘presenza’, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta. Noi, per esempio, suggeriamo il rafforzamento degli spazi di condivisione e di alleanza tra scuola e famiglia, anche a distanza. Ancora, il ricorso ad azioni di supporto psicologico in grado di gestire sportelli di ascolto e di coadiuvare le attività del personale scolastico nella applicazione di metodologie didattiche innovative, in presenza e a distanza, e nella gestione degli alunni con disabilità e di quelli con dsa o con disturbi evolutivi specifici o altri bisogni educativi speciali, per i quali non sono previsti insegnanti specializzati di sostegno. Non dimentichiamo, poi, la possibilità per le scuole di attivare al loro interno, nell’ambito della loro autonomia, sportelli di ascolto dedicati agli studenti, anche ricorrendo a collaborazioni con associazioni/Ordine o contratti di prestazione d’opera con professionisti”.

In chiusura, Brescianini ricorda il ruolo dei Centri territoriali di supporto (Cts), istituiti dagli Uffici scolastici regionali in accordo con il Miur, “che realizzano una rete territoriale permanente che nasce con il compito di raccogliere e diffondere le conoscenze – buone pratiche, corsi di formazione – e le risorse tecnologiche per promuovere l’inclusione didattica e il successo formativo degli alunni che presentano bisogni educativi speciali”. Docenti, famiglie e studenti possono richiedere ai Centri territoriali di supporto consulenze per l’individuazione delle soluzioni più adeguate al singolo alunno, sia per quanto riguarda gli ausili, sia in merito alle strategie didattiche più efficaci.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)