Decreto Sicurezza. "Noi non vogliamo starci"

Il decreto Sicurezza ora al vaglio della Camera desta preoccupazione nelle Acli e in altre numerose organizzazioni nazionali per un provvedimento che rischia di innalzare l'irregolarità. Lo Sprar viene "sacrificato" a favore dell'accoglienza straordinaria attuata con i Cas. Strutture di qualità oggettivamente inferiori.

Decreto Sicurezza. "Noi non vogliamo starci"

Nelle scorse settimane il Senato ha approvato il decreto legislativo sulla sicurezza, attualmente in discussione alla Camera, un provvedimento che provocherà un aumento di irregolarità nel nostro Paese. Non vogliamo sembrare buonisti né superficiali; non sosteniamo che l’Italia debba accogliere l’intera Africa, crediamo tuttavia che il problema dell’immigrazione vada affrontato dal Governo con toni pacati, razionali e non certo con un continuo e provocatorio atteggiamento di sfida contro l’Europa.

Nelle settimane scorse le Acli, assieme ad altre importanti organizzazioni nazionali, hanno aderito al "Tavolo asilo" costituito per denunciare i limiti del decreto e per avviare sul territorio un lavoro di "diversa" informazione e sensibilizzazione ragionata sul tema dell’immigrazione. 
In sintesi, i componenti del tavolo hanno espresso una serie di forti preoccupazioni per il passaggio dal permesso di soggiorno per motivi umanitari a un ristretto numero di permessi per "casi speciali", che, non essendo rinnovabili, non potranno essere convertibili in permessi per lavoro. Questo finirà per produrre una moltitudine di irregolarità e lavoro nero. Non solo. Il sistema pubblico di accoglienza (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, detto Sprar) viene sacrificato a favore dell’accoglienza straordinaria, attuata attraverso i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, che notoriamente presentano standard di qualità oggettivamente inferiori.

Inoltre, appare di estrema gravità lasciare che i bambini che arrivano in Italia con la propria famiglia rimangano senza una presa in carico immediata e una accoglienza dedicata; si esprimono poi motivate preoccupazioni per le lungaggini delle procedure previste per l’acquisizione della cittadinanza (ben 48 mesi) da parte di persone residenti in Italia già da molti anni.

Un decreto dai contenuti veramente preoccupanti, che ha finito per contrattualizzare “la disumanità”. Noi continueremo a sostenere che, per il bene del Paese e per la sicurezza di tutti, non conviene aumentare l’irregolarità, ma rafforzare i percorsi di integrazione. Sappiamo quanto sia difficile e arduo nel contesto attuale far passare ragionamenti di questo genere, con una maggioranza di opinione pubblica simpatizzante e compiacente verso posizioni, gesti e linguaggi contro gli stranieri, considerati la causa di tutti i mali. Soffia un forte vento di intolleranza e di ostilità, ma noi non ci rassegniamo a questo stato di cose, né oggi né in futuro.

Ci sono tanti cittadini disposti a fare da argine al drammatico dilagare di questi comportamenti disumani. Sappiamo anche che le opinioni della gente non sono date una volta per sempre; molti italiani ieri la pensavano diversamente da oggi su questi temi. In troppi hanno modificato le loro idee e posizioni sotto una martellante comunicazione politica che ha usato le paure come argomento principale. Ma queste posizioni possono cambiare ancora, magari in direzione del tutto opposta a quella attuale. Questo potrà avvenire se i vari soggetti politici e sociali che sono attestati su posizioni di civiltà e di umanità saranno in grado di promuovere argomentazioni e proposte convincenti, ragionevoli e sostenibili.

Noi ci proviamo, magari anche assieme a quanti ci credono e vorranno starci.

Gianni Cremonese
presidente Acli Padova

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