Dieci parole chiave per il futuro post-Covid

Da “Indignarsi” a “Letizia”: il decalogo del sociologo Enrico Finzi nel suo intervento al convegno delle Reti della Carità. Il contribuito del cardinale Zuppi: “La consapevolezza di essere tutti sulla stessa barca è ancora poco radicata”. Romano Prodi: “Ci vogliono Stati e organizzazioni internazionali che governino, che garantiscano la libertà dei cittadini”

Dieci parole chiave per il futuro post-Covid

“Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale, la partita è sui valori”. Enrico Finzi, sociologo, interviene, con dieci parole chiave per progettare il futuro, durante il convegno annuale delle Reti della Carità, network nazionale di una ventina di realtà e associazioni per l’inclusione sociale. Un vero e proprio “programma di riforma morale ed etica” per affrontare non solo questi mesi di pandemia ma anche la ricostruzione post-Covid19. E la prima parola di questo decalogo è “Indignarsi”: non dobbiamo perdere la capacità di “indignarsi di fronte alla concentrazione dei poteri, alla povertà e alle neobarbarie”, precisa Finzi.

Seguono tre parole che potrebbero cambiare il rapporto tra gli uomini: “Universalità”, “Umanarsi” e "Inaltrarsi”. Con la parola “Universalità” Finzi invita a “tornare a sentirci parte dell'intera umanità”, mentre con “umanarsi” ci avverte che “bisogna farci umani e non è così scontato vista l'inclinazione degli uomini a distruggere”. “Inaltrarsi” esprime infine la necessità che si impari a “inoltrarci negli altri e farsi prossimi”.

Quinta parola chiave: “coforia”, ossia “portare insieme il peso di vivere che per le persone fragili è un peso immenso e l'unico modo per sopportarlo è condividerlo”. Non può mancare poi la “Speranza”: “da quando sono venuti meno i grandi sistemi ideologici -spiega Finzi- in cui c'era uno sviluppo, una promessa di un fine alto si è venuto perdendo il senso dell'esistenza e quindi c'è stata una caduta delle motivazioni che portano ad essere e agire”. Strettamente legata alla precedente, “Motivazione”: “è la variante laica della fede, che produce fiducia”.

Occorre ritornare poi a “Progettare”: ossia “avere un atteggiamento proattivo nei confronti dell'esistenza”. Segue “Ritessere”: “sono diffusissimi i fenomeni di delusione in parte basate sulle sconfitte, ma queste sconfitte dovrebbero essere accompagnate dalla capacità di ritessere. Cadere e rialzarsi. Il bene va costruito e ricostruito ogni volta”. Ultima parola chiave: “Letizia”: “la beatitudine è uno degli obiettivi del vivere e la gente tende a vivere con letizia, gioia e lievità”.

Durante il convegno di Reti della Carità è intervenuto anche l'arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. “La pandemia ha messo in risalto le fragilità. Paghiamo l'avere accettato la politicizzazione di tanti temi umanitari, che ha quindi abbassato il livello del dibattito. Pensate al problema dei profughi e degli stranieri: è come se giocassimo in difesa, ma il grido della mamma che ha perso il suo bambino nel mare credo che ci debba far indignare”. Per costruire un futuro diverso il Cardinale ricorda che è “necessario rischiare”: “Il futuro è anche rischio, nella vita non esiste il vincere facile soprattutto quando le sfide sono grandi”. Inoltre, “la consapevolezza di essere tutti sulla stessa barca è ancora poco radicata anche se durante questa pandemia ci sono tante dimostrazioni di solidarietà, come i giovani che si sono messi a fare la spesa per gli anziani che non potevano uscire”.

Sulla stessa lunghezza d'onda del cardinale, anche Romano Prodi, economista ed ex presidente del Consiglio italiano ed ex presidente dalla Commissione Europea. “La pandemia ha distrutto la tela. Magari non era una gran tela, ma l'ha comunque distrutta. Ho visto tanta solidarietà, ma anche tanta paura o indifferenza. E ritessere la tela è il compito principale della politica, ossia ridisegnare il futuro”. Secondo Prodi uno dei temi cruciali è quello del lavoro. “C'è un aumento della disparità. E ci vogliono Stati e organizzazioni internazionali che governino, che garantiscano la libertà dei cittadini -aggiunge-. Altrimenti vinceranno i grandi centri di potere e le multinazionali che gestiscono le reti”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)