Fridays for Future. “Anche in pandemia il riscaldamento globale corre, non possiamo perdere tempo”

L’attivista Federica Gasbarro, l'unica italiana che ha partecipato insieme a Greta Thunberg allo Youth Summit dell'Onu, racconta perché non bisogna abbassare la guardia sulla questione ambientale. E come mantenere alta l’attenzione: “Abbiamo sfruttato il potere dei social: la crisi climatica va avanti, non conosce domeniche, non conosce vacanze di Natale o di Pasqua, emergenze sanitarie o lockdown”

Fridays for Future. “Anche in pandemia il riscaldamento globale corre, non possiamo perdere tempo”

“La crisi climatica va avanti, non conosce domeniche, non conosce stati, non conosce vacanze di Natale o di Pasqua, pandemie o lockdown. Il riscaldamento globale continua a correre, e noi non possiamo permetterci di perdere il passo”. Federica Gasbarro, attivista del movimento Fridays for Future, l'unica italiana che nel 2019 ha partecipato allo Youth Summit organizzato dall'Onu a New York, non ha dubbi: nonostante la pandemia, non bisogna abbassare la guardia sulla questione ambientale. Federica ha iniziato a fare attivismo dopo aver seguito alcuni seminari di approfondimento all’università, e dopo aver ascoltato i discorsi di Greta Thunberg: “Ho capito che la situazione era drammatica, e che non avrei avuto tempo di diventare scienziata per risolverla”, racconta. E allora è scesa in piazza. Oggi, dopo aver pubblicato due libri (“Diario di una striker. Io e Greta per il clima dalle piazze all'Onu” e “Covid-19 e cambiamento climatico”), la 26enne racconta come si fa a tenere insieme attivismo e pandemia: quali strumenti ha usato Fridays For Future per mantenere alta l'attenzione, nonostante i media fossero tutti concentrati sulla crisi legata al coronavirus? “Il movimento è riuscito a mantenere alta l’attenzione, nonostante i media fossero impegnati a parlare dell’emergenza Covid, semplicemente sfruttando il potere dei social network – spiega Gasbarro –. Abbiamo continuato a portare avanti gli scioperi nelle piazze digitali, a fare post e divulgazione, a creare dirette tramite Instagram: questo è l’unico modo per farci sentire, in attesa di tempi migliori”.

Perché è importante continuare a parlare dell'emergenza climatica, oltre che di quella sanitaria?
“Sono due crisi strettamente legate tra loro, perché l’una è in qualche modo stata causata dall’altra. Se l’uomo fosse stato al suo posto, se avesse rispettato gli equilibri dell’ambiente, le diverse forme di vita, gli animali selvaggi, probabilmente sarebbe stato più difficile venire in contatto con il coronavirus. Comunque, anche se oggi le cause della pandemia sono ancora da accertare, anche per altre epidemie abbiamo imparato che il problema è sempre stato l’uomo, che è andato a rompere degli equilibri ed è entrato in contatto con animali che hanno fatto da vettore e hanno permesso al virus di fare il salto di specie, la cosiddetta zoonosi. Se a questo aggiungiamo la globalizzazione, che fa sì che in qualche ora si può arrivare dall’altra parte del pianeta, ecco che la diffusione del coronavirus è avvenuta molto rapidamente”.

Durante il primo lockdown abbiamo assistito alla natura che si è ripresa i suoi spazi. Cosa abbiamo imparato da quella esperienza?
“La cosa che fa riflettere è che, in quel periodo, è stata registrata una forte diminuzione dell’inquinamento atmosferico e dei Pm10: può sembrare una buona notizia, ma non lo è del tutto. Da un lato, certo, questo ha dimostrato che la natura è ancora reattiva, dall’altro però questo miglioramento è stato frutto di coercizione, non è stata una scelta dell’uomo che ha detto ‘Ok, ho capito il problema, questa è la mia strategia per risolverlo’. Purtroppo, un cambiamento degli stili di vita di pochi mesi non influisce quasi per niente su un fenomeno così grande come il riscaldamento globale”.

Cos'è significato per te partecipare allo Youth Summit? Cosa ti ha insegnato quella esperienza?
“È stata una vittoria di noi giovani, una vittoria di un’intera generazione: grazie alle manifestazioni e all’attenzione che siamo riusciti a riscuotere, siamo stati invitati a parlare nel famoso palazzo di vetro, nel quale prima entravano solo ministri, scienziati, capi di stato. Per me, questo è stato sinonimo di responsabilità: io rappresentavo il mio stato e i giovani italiani, sentivo il peso sulle spalle. È stata un’importante occasione di confronto con i ragazzi degli altri paesi, soprattutto quelli più vulnerabili, che sono soggetti a effetti metereologici disastrosi legati al cambiamento climatico: abbiamo parlato di come questo sta avendo delle grandi ripercussioni su di loro e sulle loro vite. Sono uscita da quell’esperienza con una consapevolezza diversa, che mi ha fatto ripristinare le mie priorità e capire davvero quali sono le cose importanti nella vita”.

Dopo l'arrivo del Covid-19, quanto spazio è rimasto ai giovani che vogliono far sentire la propria voce?
“Non credo che lo spazio per i giovani sia diminuito, visto che la forza del movimento risiede nei social network, su internet. Avendo un grande séguito e non avendo intermediari tra noi e chi ci segue, se abbiamo voglia di mandare un messaggio riusciamo a farlo, con o senza la pandemia. Certamente lo spazio nei media tradizionali come la televisione o i giornali è diminuito, ma dopo aver risolto la crisi sanitaria, verrà da sé tornare a parlare di quella climatica, che resta la grande priorità della nostra epoca”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)