G20, l'appello dei medici da 66 Paesi: cancellate il debito

Le loro voci raccolte dal magazine Oltremare dell'Aics. Solo liberandosi del peso del debito gli stati più poveri potranno destinare risorse alla lotta contro il Covid-19

G20, l'appello dei medici da 66 Paesi: cancellate il debito

L'appello arriva da oltre mille medici, infettivologi, immunologi, infermieri, virologi e rianimatori. In prima fila nelle corsie di ospedale in 66 Paesi, chiedono la cancellazione del debito per gli Stati più fragili del mondo. Prendendo atto dell'impegno del G20, con la sospensione fino a metà 2021 dei pagamenti ai creditori pubblici, ma invitando a fare di più: togliere una volta per tutte il fardello dalle loro spalle, garantendo uno stop anche ai trasferimenti verso banche d'affari, investitori o fondi speculativi. Società, queste, che detengono una quota decisiva del debito dei Paesi poveri.

Le richieste, si ricostruisce su Oltremare, il magazine dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), sono messe nero su bianco in una lettera pubblicata alla vigilia del summit organizzato il 21 e il 22 novembre dalla presidenza uscente saudita del G20. Nel testo si evidenzia che solo liberandosi del peso del debito i Paesi piu' poveri potranno destinare risorse alla lotta contro il Covid-19, investendo in sistemi di prevenzione, assistenza e cura per far fronte alla pandemia. Secondo Oxfam, ong promotrice dell'appello presente in circa 90 Stati e forte di una rete di circa 20 organizzazioni affiliate, "oggi molti governi spendono piu' per la restituzione del debito che per la sanita', mentre l'Iniziativa di sospensione del debito del G20 rinvia alla meta' del 2021 solo una frazione dei pagamenti e dei relativi interessi".

Come stiano le cose lo racconta Francis Mupeta, uno dei firmatari dell'appello, a capo del dipartimento Malattie infettive dell'University Teaching Hospital di Lusaka. Parla dopo il default dello Zambia, il primo Paese al mondo a ufficializzare una dichiarazione d'insolvenza dall'inizio della pandemia. "In dieci anni il debito dello Zambia e' triplicato, mangiandosi il bilancio e innescando tagli a catena della spesa sanitaria" denuncia Mupeta. "Il passivo da ripagare e' cresciuto dai circa tre miliardi e mezzo di dollari del 2011 agli 11 miliardi e 600 milioni di quest'anno: inevitabile che il governo non riesca a rispettare la tabella dei pagamenti".

Secondo stime del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, quest'anno Lusaka avrebbe dovuto versare solo per il servizio del debito un miliardo e 700 milioni. Troppo, come confermato dal default. A fine novembre il ministro delle Finanze Bwalya Ng'andu ha denunciato una responsabilita' di banche e fondi di investimento, che si sono rifiutati di sottoscrivere un impegno di "riservatezza" su clausole relative a debiti contratti da Lusaka con la Cina per circa tre miliardi di dollari. Il consorzio di creditori Zambia External Bondholder Committee ha pero' rovesciato l'accusa, riferendo di una mancanza di "trasparenza" che avrebbe reso impraticabili misure di sostegno straordinarie.

Secondo Mupeta, il risultato rischiano di pagarlo i cittadini. "Gia' negli ultimi anni lo Zambia si era allontanato dall'obiettivo fissato dalla Dichiarazione di Abuja, che impegna gli Stati africani a devolvere alla tutela della salute almeno il 15% dei loro bilanci" ricorda il medico. "Nel 2012 il nostro dato era di circa il 12%: oggi e' crollato al nove".

In tempi di pandemia i tagli fanno ancora piu' male. "L'approvvigionamento di attrezzature mediche e farmaci essenziali e' sempre piu' difficile a causa dell'inflazione e dell'aumento del costo delle importazioni" sottolinea Mupeta. "Molti dottori restano disoccupati nonostante di loro ci sia estremo bisogno, mentre le catene delle forniture vanno in tilt perche' mancano i fondi". Allo University Teaching Hospital, oltre 1.600 letti, la struttura piu' grande dello Zambia, in prima fila nella formazione dei professionisti di domani, sperano ancora che qualcosa possa cambiare. Questo mese, con l'ipotesi di un nuovo prestito da un miliardo e 300 milioni, a Lusaka e' attesa una missione del Fondo monetario. "Servirebbe un programma di ristrutturazione" ragiona Mupeta: "Il debito deve essere gestibile; solo cosi' l'assistenza medica puo' essere garantita".

Il problema, pero', non riguarda solo lo Zambia. Secondo Sara Albiani, policy advisor di Oxfam Italia, l'interruzione dei versamenti concordata dal G20 "scalfisce appena la superficie dei reali bisogni" e "i Paesi piu' poveri devono ancora pagare tre miliardi di dollari al mese per risanare il loro debito con i governi piu' ricchi, i fondi d'investimento e la Banca mondiale".

Per capire perche' il nodo dei creditori privati sia cosi' importante basta fare i conti. Solo 25 societa', fondi e banche parte dell'Africa Private Creditor Working Group detengono titoli e proprieta' nel continente per oltre 9mila miliardi di dollari. Una di queste, l'americana BlackRock, ha nel portafogli bond per un miliardo di dollari in Ghana, Kenya, Nigeria, Senegal e Zambia.

La stessa Iniziativa di sospensione del debito varata dal G20 e' controversa. Quarantatre' Paesi l'hanno sottoscritta ma altri hanno preferito declinare. Si e' comportato cosi' il Kenya, nel timore che un'adesione avrebbe determinato un abbassamento del proprio merito di credito con conseguenze nefaste sul lungo periodo. Secondo alcuni analisti, di fatto il mancato stop del pagamento del debito ai privati annulla i benefici dell'Iniziativa. "La sospensione decisa dal G20 e' in realta' un salvataggio di questo tipo di creditori" denuncia Dario Kenner, dirigente della Catholic Agency for Overseas Development (Cafod), membro britannico di Caritas Internationalis. La tesi e' che si tratti di una partita di giro: i soldi che nell'immediato non vanno ai governi ricchi finirebbero comunque nelle tasche delle loro banche e fondi d'investimento.

Problemi che atterrano ora sul tavolo della presidenza italiana del G20, al via il primo dicembre. Secondo Oxfam, i primi segnali arrivati dal governo di Roma sono incoraggianti, "anche per le aperture sul tema dell'annullamento del debito". Albiani sottolinea pero' che bisognera' "passare dalle parole ai fatti" anche sul dossier salute, destinato ad avere un ruolo cruciale: "Nel 2021 si terra' il Global Health Summit e al centro ci saranno sia il tema della capacita' di prepararsi e di far fronte alle pandemie, perche' si e' visto come con il Covid-19 i sistemi sanitari si siano fatti trovare impreparati, sia quello dell'accesso ai vaccini".

Sin dalle prime comunicazioni, ad esempio nel caso del farmaco messo a punto da Pfizer e Biontech, e' emersa la necessita' di sistemi di refrigerazione che consentano conservazione e distribuzione in sicurezza. "In Africa rischia di essere un aspetto critico da non sottovalutare" annota Albiani, parlando di sfide tecnologiche che si aggiungono a quelle finanziarie. Il contesto e' quello della crisi economica, con Paesi esportatori di "commodities" colpiti piu' di altri. Lo Zambia, per dire, sta facendo i conti con un calo del 21 per cento delle quotazioni del rame. Proprio mentre la mancanza di medici e infermieri si fa sentire di piu', calcolano ad Oxfam: "La cancellazione del debito per il 2020 consentirebbe di rendere disponibili tre anni di stipendio per assumere 24.500 medici in Ghana, 14mila infermieri in Malawi e altri 47.468 nella Repubblica democratica del Congo". (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)