Giovani, siate intraprendenti. Ma la società dia loro spazio

Dopo il Sinodo. Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto giovani del Toniolo, riflette sullo scenario che attende le nuove generazioni

Giovani, siate intraprendenti. Ma la società dia loro spazio

«Forse il compito più alto» per una comunità educativa è far sentire i giovani «non solo accolti, ma anche aiutati a scoprire, nel passaggio cruciale tra fase infantile e adolescenziale, il valore della propria grandezza riscontrando ciò che di positivo il proprio “essere e fare” produce “con e per’ gli altri”». Ne è convinto Alessandro Rosina, direttore del dipartimento di Scienze statistiche all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, coordinatore scientifico del Rapporto giovani promosso dall’Istituto Toniolo, che ha partecipato al Sinodo sui giovani appena conclusosi in qualità di esperto collaboratore del segretario speciale.

Professore, dal Sinodo è emersa da parte dei giovani una forte domanda di accompagnamento.
«Esiste una domanda insoddisfatta di istituzioni e persone in grado di accompagnare in modo affidabile le nuove generazioni nel progettare la propria vita e nel discernere mettendo in atto scelte di valore. Un accompagnamento che non riguarda solo i percorsi individuali, ma anche le scelte collettive che contribuiscono a cambiare e migliorare la realtà circostante. Come ha messo in evidenza il Sinodo, più e ancor prima che aiutare il giovane a prendere una decisione, l’accompagnatore deve aiutarlo a mettersi in ascolto e a prepararsi a lasciare le sicurezze del passato. Aiutarlo a costruire la nave e il sistema di orientamento, ma senza determinarne la rotta. Solo così il giovane potrà davvero prendere “la” decisione esercitando la sua libertà per qualcosa di più grande».

Qual è il ruolo delle generazioni adulte?
«Aiutare i giovani a riconoscere fragilità da contenere e potenzialità da sviluppare. Il “nuovo” va incoraggiato ad emergere, acquistare consapevolezza di ciò che può diventare, affinarsi per trarre il meglio di sé».

Spesso però i giovani si trovano davanti a ostacoli difficili da superare: resistenze o posizioni acquisite e consolidate da chi è venuto prima di loro.
«Occorre che l’esistente non diventi “resistente” e le posizioni consolidate non diventino barricate dietro le quali difendersi. Solo così è possibile lasciare spazio ad energie e intelligenze nuove in grado di promuovere il cambiamento e raggiungere traguardi a volte impensabili. Ogni generazione ha un proprio valore che va riconosciuto e messo in condizioni di dar frutto rispetto alle sfide del proprio tempo».

Dal punto di vista formativo, c’è bisogno di nuove modalità e strategie di insegnamento?
«Occorre acquisire una formazione solida in partenza e un atteggiamento positivo e intraprendente nel costruire il proprio percorso professionale; mantenendo elevate le abilità che possono indebolirsi nel tempo e valorizzando le esperienze sviluppate. Se però non crescono le opportunità lavorative per i giovani si rischia di scadere in una competizione al ribasso, con nuove generazioni che si trovano a temere la concorrenza di anziani, immigrati e robot».

Lo scenario odierno è caratterizzato da un diffuso clima sociale di incertezza e sfiducia.
«Eppure è importante che i giovani si mettano in gioco. Mi viene in mente la parabola evangelica dei talenti: mi pare che suggerisca che se ti viene offerta una opportunità non puoi lasciarla scappare, devi coglierla. Tanto più se te ne viene data una sola, è una colpa sprecarla. Il talento è come la chiave di una porta: se lo usi per aprirla anche altri potranno poi entrare e da quella stanza aprire altre porte».

Quale lezione per la società?
«Un duplice insegnamento. Per i giovani quello di aumentare le occasioni di mettersi in gioco ed esporsi attivamente a esperienze positive, mentre genitori e educatori sono chiamati a pretendere che le colgano al meglio contribuendo ad un processo di moltiplicazione di opportunità e valore per tutti. Poi, l’importanza di un sistema che non lascia indietro nessuno, incoraggiando chi ha sprecato il proprio talento a mettersi all’opera con fiducia nella certezza che più dai, per quanto poco inizialmente, più ti sarà dato e più riuscirai ad ottenere».

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