Il matrimonio non è finito. Ma è cambiato, e provoca anche la Chiesa

Nel 2018 i matrimoni sono tornati a crescere, 4.500 in più dell’anno precedente. In dieci anni le convivenze sono quadruplicate: un primo passo, che comunque dice di una voglia di “fare coppia” se non ancora famiglia.

Il matrimonio non è finito. Ma è cambiato, e provoca anche la Chiesa

Se il matrimonio tiene, insomma, è pur vero che la fotografia che ci ha offerto nei giorni scorsi l’Istat mostra con chiarezza quanto sia profondamente cambiato rispetto a pochi decenni fa.

Proviamo a guardarlo mezzo pieno, il bicchiere. Nel 2018 i matrimoni sono tornati a crescere, 4.500 in più dell’anno precedente. In dieci anni le convivenze sono quadruplicate: un primo passo, che comunque dice di una voglia di “fare coppia” se non ancora famiglia.

Poi, certo, c’è l’altra faccia della medaglia: sposi sempre più “maturi” e che sempre più spesso si recano in municipio invece che in chiesa, anche perché magari sono ai secondi o ai terzi fiori d’arancio. Al nord ormai due matrimoni su tre sono celebrati con il solo rito civile, e seppure di pochissimo nel 2018 i matrimoni religiosi sono diventati per la prima volta minoranza in Italia, ponendo un forte interrogativo alla Chiesa.

Se il matrimonio tiene, insomma, è pur vero che la fotografia che ci ha offerto nei giorni scorsi l’Istat mostra plasticamente quanto sia cambiato rispetto a pochi decenni fa. E se cambiano i matrimoni, anche la Chiesa è provocata a ripensare le proprie prassi, lo stile, i percorsi, gli stimoli con cui si affianca alle coppie: quelle che chiedono il matrimonio religioso ma anche quelle che scelgono di risposarsi civilmente dopo un divorzio o di convivere, e che tuttavia conservano nel cuore il desiderio di non sentirsi abbandonate.

È una sfida grande, che papa Francesco ha posto di fronte a tutti con Amoris laetitia e che anche in questi giorni ha visto due vescovi del Triveneto proporre nuovi percorsi di accompagnamento. Lo stesso sta facendo la nostra Diocesi con la Nota pastorale consegnata a tutti i preti lo scorso giugno.

Ridurre tutto all’accesso ai sacramenti sarebbe un errore. In gioco c’è innanzitutto la nostra capacità di farci compagni di viaggio di tante persone che portano spesso grandi ferite nel cuore, ma che scelgono comunque di ripartire scommettendo ancora sulla bellezza del “fare famiglia”. Il cammino è all’inizio e avrà bisogno di tanti passaggi, anche perché chiede la capacità di guardare a ciascuna singola situazione, senza cadere in inutili generalizzazioni. Ma i dati ci dicono che sull’amore tra un uomo e una donna è ancora possibile investire. E vale certamente la pena continuare a farlo.

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