Ius scholae, pedagogisti favorevoli alla riforma: “Vantaggio di cittadinanza per i minori e la stessa società”

Parere favorevole alla proposta di riforma della legge 91/92 da parte del gruppo Intercultura della Società Italiana di Pedagogia (Siped), che riunisce i docenti delle università italiane. Santerini: “Così si contrasta anche l’abbandono scolastico”. Ambrosini: “Grecia ha fatto la riforma durante la crisi, da noi tema mai prioritario invece è fondamentale”

Ius scholae, pedagogisti favorevoli alla riforma: “Vantaggio di cittadinanza per i minori e la stessa società”

La scuola che forma i ragazzi e li prepara attraverso lo studio della lingua, della storia, delle arti, sia il motore della riforma della legge 91/92 per l’acquisizione della cittadinanza. Lo chiede il gruppo Intercultura della Società Italiana di Pedagogia (Siped), che riunisce i docenti di Pedagogia delle università italiane. Sollecitati dal relatore della proposta di legge sullo ius scholae, Giuseppe Brescia (M5S), gli esperti si sono riuniti ieri e hanno preso posizione favorevole.

La proposta dello ius scholae, approvata nel suo testo base dalla Commissione Affari Costituzionali a marzo e, al momento, ferma (sono in discussione gli emendamenti) prevede che possa chiedere la cittadinanza  italiana chi – con entrambi i genitori regolarmente residenti nel paese – frequenti regolarmente, per almeno cinque anni, un ciclo presso gli istituti del sistema d’istruzione. 

“Non si può legiferare solo sulla base di interessi particolari, la mia posizione da pedagogista e da persona che in parlamento ha partecipato a uno dei tentativi di riforma nella 17esima legislatura è che la 91/92 è una legge nata vecchia. Oggi lo ius scholae è un tentativo di riforma con obiettivi più limitati rispetto al passato ma che rappresenta comunque un passo avanti. Mi sento di sostenerla - sottolinea Milena Santerini, docente di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano e una delle coordinatrici del Gruppo Intercultura della Siped -. L’acquisto della cittadinanza è un momento importante dell’indispensabile integrazione dei minori con background migratorio nella nostra società, ed è frequentando la scuola che possono esercitare le competenze dei cittadini. Come mostrano tutte le ricerche e le esperienze a livello psicopedagogico, esiste un vero e proprio 'vantaggio di cittadinanza' per i minori e per la società che li accoglie”.

Durante l’incontro il gruppo di lavoro ha ricordato che diversi studi affrontano il tema: una ricerca olandese del 2021 prova come gli studenti che acquisiscono la cittadinanza hanno una probabilità significativamente maggiore di seguire traiettorie di successo. Al contrario, non avere la cittadinanza è associato a un rischio maggiore di abbandono scolastico. “Nel complesso – dice Santerini – la cittadinanza risulta essere associata positivamente a una serie di risultati, dall'iscrizione alla scuola dell’Infanzia, al tempo trascorso a scuola, all’orientamento a proseguire gli studi di istruzione superiore e accademici. Al contrario non averla aumenta il rischio di abbandono scolastico”. 

Maurizio Ambrosini, sociologo dell’università statale di Milano, ricorda che già diversi paesi europei hanno abbandonato l’orientamento dello ius sanguinis: “In Spagna basta un anno, la Germania lo concede ai figli di residenti legali da 8 anni, la Francia ha il doppio ius soli - spiega - Il caso greco è tra i più interessanti perché ha introdotto la riforma della cittadinanza durante il periodo di crisi economica dando una grande lezione politica sulla possibilità di fare riforme coraggiose anche e soprattutto nei momenti di difficoltà. Da noi il tema, invece, non è mai prioritario. Ma oggi è più che mai necessaria una riforma anche se limitata”. 

I pedagogisti sottolineano poi come lo ius scholae riconosca il lavoro degli insegnanti: “La cittadinanza non è solo uno status ma è condivisione, partecipazione alla vita di un paese, adesione morale ai diritti e doveri previsti dalla Costituzione. Solo in questo modo la democrazia da formale diviene sostanziale, cioè quando la cittadinanza viene esercitata in modo attivo. È questo il grande ruolo della scuola” aggiunge Santerini. Gli esperti criticano poi il tentativo presente in alcuni emendamenti di sostituire la sola frequenza con il superamento del ciclo. “Dobbiamo opporci a tentativi che riducano ancora di più la portata della riforma - conclude Santerini - se chiediamo la promozione è come se volessimo solo che i bambini siano bravi e la cittadinanza diventerebbe una specie di premio”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)