La deriva della relazione educativa. Alcune riflessioni dopo due episodi scolastici piuttosto gravi

Due facce di una stessa medaglia che gettano una luce sinistra e inquietante non soltanto sull’ambiente scolastico, ma sull’intero sistema educativo.

La deriva della relazione educativa. Alcune riflessioni dopo due episodi scolastici piuttosto gravi

Due episodi scolastici piuttosto gravi si sono verificati nelle scorse settimane nelle classi prime di due diversi istituti tecnici, uno situato a Rovigo e l’altro a Pontedera, in provincia di Pisa.

Come riportato dalle fonti di informazione, nel primo caso gli studenti hanno sparato per ben due volte con una pistola ad aria compressa mirando e colpendo il volto di un’insegnante che alla cattedra stava svolgendo le sue mansioni; nel secondo caso un professore ha risposto agli sbeffeggiamenti di uno studente perdendo completamente le staffe e sferrandogli un pugno in pieno stomaco.

Si tratta di due facce di una stessa medaglia che purtroppo gettano una luce sinistra e inquietante non soltanto sull’ambiente scolastico, ma sull’intero sistema educativo del nostro tempo. Le immagini, prontamente riprese dagli smartphone degli studenti e subito divenute virali, rappresentano probabilmente la punta di un iceberg. Qualcuno non ha perso l’occasione per soffiare sul fuoco e affermare che le scuole sono diventate una sorta di Far West, dove allievi e insegnanti invece di allearsi in un cammino formativo comune, si trovano ai lati opposti delle barricate e si contrappongono, in casi estremi come questi, persino fisicamente.

Ma cosa sta succedendo davvero?

La deriva della relazione educativa è specchio fedele del nostro tempo e quello che ne consegue è il risultato di un grave cortocircuito intergenerazionale. Nei tempi passati, anche quando il dialogo pedagogico era assente si poteva far leva sull’efficacia dei ruoli: il professore si imponeva sull’allievo in virtù della sua posizione gerarchica, analogamente lo stesso meccanismo si ripeteva all’interno dei nuclei familiari dove i figli erano in subalternità nei confronti dei genitori. Oggi questa impostazione è completamente saltata, non regge più di fronte a una società dissacrante, rivoluzionaria e revisionista. I ruoli sono stati demoliti prima di tutto all’interno dei nuclei familiari e, conseguentemente, anche nei luoghi istituzionali. Per essere “evolutiva” e “progressista”, questa operazione di “smantellamento”, avrebbe però dovuto compiersi parallelamente a un processo di “costruzione” di nuove strutture educative e tendere al consolidamento dei parametri valoriali di riferimento per non sfociare in una caotica anarchia, nonché in un pericoloso rimpallo di responsabilità.

In questo quadro, dove adulti e minori sono disorientati rispetto al proprio ruolo e ai propri compiti, dove l’orizzonte appare privo di auctoritas, per dirlo alla maniera degli antichi, e dove langue l’ethos che dovrebbe fare da sfondo al nostro agire, si arriva a toccare l’abisso all’interno delle aule, magari anche fra le mura domestiche, dove ciò che accade però resta meno facilmente accessibile alle riprese goliardiche degli smartphone.

Il primo perno a essere saltato è il dialogo scuola-famiglia. Molti insegnanti escono con le ossa rotte dal confronto con i genitori, che spesso prende la forma del diverbio o si “arricchisce” di lettere accusatorie, di diffide, persino di ricorsi e controricorsi.

Intervengono poi i mezzi di comunicazione a dire la propria, le scuole si chiudono in un silenzio autolesionistico e ciò che emerge è la visione di uno “sfascio”, purtroppo spesso troppo generalizzato. Parallelamente gli adulti appaiono fragili e confusi e così perdono credibilità e appeal: nel frattempo le distanze intergenerazionali si fanno incolmabili.

Non si riesce a trovare equilibrio tra il piglio accusatorio e la difesa a oltranza. Per timore delle critiche e dei ricorsi, non di rado la scuola cede e diventa buonista e dimentica che l’indulgenza può essere una opportunità soltanto quando non perde di vista il percorso finalizzato al successo formativo e alla maturazione del discente. Se abusata, diviene invece una pericolosa china che conduce al lassismo e al disfattismo.

Tra scuola, famiglia e studenti si equivocano dunque le richieste e si perdono le posizioni. Così in una rapida escalation, si arriva alla Babele quando la determinazione a educare viene meno e cede il passo al senso del reciproco abbandono.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir