La disinformazione corre in Rete. Continua a preoccupare la persistente disputa tra “favorevoli” e “contrari” all’uso dei vaccini

La preoccupazione maggiore è che le notizie infondate e fuorvianti possano contribuire a diffondere tra la gente comportamenti scorretti.

La disinformazione corre in Rete. Continua a preoccupare la persistente disputa tra “favorevoli” e “contrari” all’uso dei vaccini

Tra i tanti e diversificati tasselli del mosaico che rappresenta il progresso umano – quello “autentico”, che ha come proprio riferimento il bene integrale delle persone – figura senz’altro la scoperta incessante di nuove conoscenze scientifiche. Tra queste, poi, crediamo meriti una menzione speciale la ricerca orientata alla cura della salute umana, in tutte le sue declinazioni. Parliamo di un settore che, per le sue evidenti ricadute sul benessere personale e comune, non ammette di certo “schieramenti” o “fazioni” che tifano pro o contro le sue acquisizioni oggettive. Ogni giudizio su fatti scientifici nuovi – come insegna il metodo sperimentale – deve infatti essere elaborato unicamente alla luce dei dati oggettivi disponibili, al riparo da ogni emotività o, peggio, strumentalizzazioni ideologiche.

Ecco perché, ad esempio, continua a preoccupare la persistente disputa – lontana dall’obiettività dei dati attuali – tra “favorevoli” e “contrari” all’uso dei vaccini. Una preoccupazione che tende poi ad aumentare di fronte ai risultati di un recente studio (pubblicato su “Nature”), realizzato da Neil Johnson e colleghi, della George Washington University (Usa), secondo cui sta crescendo l’influsso delle informazioni e dei gruppi di opinione che si trovano su Internet (in particolare sui social media) nell’orientare le posizioni su un tema così delicato.
Per comprendere più a fondo quanto sta accadendo, Johnson e il suo gruppo hanno tracciato una mappa completa delle interazioni su Facebook tra persone a favore, contrarie o neutrali alle vaccinazioni, evidenziando come di fatto si possono influenzare a vicenda, oltre a metter in luce come queste comunità online rappresentino un terreno fertile per la crescita e lo sviluppo della sfiducia nelle competenze di medici e scienziati. Purtroppo, sulla base del modello previsionale adottato, i ricercatori prevedono che la posizione no-vax potrebbe addirittura diventare prevalente sui social network nel giro di un decennio.

Con la loro ricerca, Johnson e colleghi si sono inseriti in un ricco filone di studi che cerca di analizzare come si propaga in rete la disinformazione su temi particolarmente importanti (es. il riscaldamento climatico o, in tempi più recenti, la pandemia del nuovo coronavirus). La preoccupazione maggiore, naturalmente, è che le notizie infondate e fuorvianti possano contribuire a diffondere tra la gente comportamenti scorretti, aggravando il contagio a livello globale.
In concreto, lo studio ha coinvolto complessivamente circa 100 milioni di persone, tutte collegate a pagine di Facebook che dibattono il tema delle vaccinazioni su diverse posizioni, formando diversi “cluster” interconnessi in paesi e lingue diverse. L’analisi dei dati ha mostrato come la posizione dei “no-vax”, pur numericamente minoritaria, occupi tuttavia una posizione centrale all’interno della mappa. Ciò sta a significare che è quella che mantiene il più alto numero di connessioni con le altre pagine. Peraltro, i cluster “no-vax” sono risultati fortemente intrecciati a cluster che sono su posizioni neutrali, cioè che fanno riferimento a pagine focalizzate sul tema della vaccinazione o su un argomento associato, pur senza prendere una posizione chiara a favore o contro. Al contrario, i cluster a favore della vaccinazione si collocano nelle regioni periferiche della mappa, essendo meno interconnessi con gli altri.
Sulla scorta di tali evidenze, gli studiosi hanno potuto verificare come i cluster anti-vaccinazioni possano raggiungere quelli neutrali più facilmente, trovandosi così potenzialmente in vantaggio per reclutare persone che in precedenza non avevano un’opinione precisa sul tema. Perciò aumenta il timore che, con il tempo, i “no-vax” possano fare proseliti molto più dei “pro-vax”.

Il modello teorico adottato da Johnson e colleghi, inoltre, è riuscito a riprodurre in modo abbastanza preciso la curva di diffusione delle opinioni contrarie ai vaccini che si è verificata nel 2019, in concomitanza con un’epidemia di morbillo. A ragione, quindi, cresce la preoccupazione in questo momento di pandemia, dal momento che le campagne di disinformazione online su covid-19 hanno già preso di mira la messa a punto di un eventuale vaccino, anche se – purtroppo per tutti noi – non esiste ancora!

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Fonte: Sir