La lettera. "La parrocchia continua a essere la mia casa"

Sono sicuramente in ritardo, ma alcune mie difficoltà fisiche mi hanno impedito di scrivere prima alla Difesa del popolo sull’argomento “Perché sei rimasto in parrocchia”, che aveva molto sollecitato una mia risposta.

La lettera. "La parrocchia continua a essere la mia casa"

Abito da 55 anni nel quartiere Sacra Famiglia in città: quest’anno compirò 85 anni e da sempre ho frequentato questa parrocchia. In lei c’è tutta la mia vita di donna, di mamma, di moglie, di catechista, di lettrice, di ministro straordinario della Comunione, di aiuto per i centri di ascolto e per lectio in altre parrocchie, di presenza alle consulte dei movimenti ecclesiali... Non dico queste cose per apparire brava, ma per confermare quanto una parrocchia, guidata bene, con intelligenza e amore, possa veramente fare crescere nella fede una persona. Fino all’età di 16 anni, per il lavoro di mio padre, ho cambiato città e scuole per sei anni. Quando mio padre è morto, ho desiderato con tutta me stessa di trovare un posto dove poter relazionarmi con le persone, avere amicizie, poter studiare quello che più mi interessava. Questo è avvenuto quando mi sono fermata a Padova e, con il mio matrimonio, alla Sacra Famiglia. Qui sono stata accolta a braccia aperte, da un parroco che ha capito subito cosa potevo fare e che, soprattutto, mi ha insegnato che quello che facevo era un servizio a Gesù, alla Chiesa e ai sacerdoti. Così ho iniziato un cammino spirituale e teologico che mi ha aperto molte strade. La parrocchia è diventata la mia seconda famiglia, dove i miei figli andavano a scuola, a catechismo e hanno ricevuto i sacramenti, dove poi si sono sposati e dove poi abbiamo salutato alla sua morte mio marito. Ora sono sola, cammino con la sedia a rotelle, ma la mia anima e la mia mente mi aiutano ancora a seguire quella strada che mi è stata insegnata in parrocchia, dove, quando posso andare, sento che resta la mia casa, quella casa che mi seguirà sempre fino alla casa del Cielo. Grazie per il vostro ascolto e, ancora di più, per lo sviluppo molto positivo della Difesa del popolo e di questa ultima iniziativa.

AnnaMaria Giorio
Padova

Carissima AnnaMaria,
innanzitutto grazie per averci scritto e aver voluto condividere con la comunità dei lettori la sua testimonianza di vita e di fede e le sue profonde e sincere riflessioni. Per chiunque legga La Difesa o semplicemente la sfogli su carta, in digitale o nel sito – o la incroci grazie agli algoritmi dei social network – la sua lettera è un grande dono. Lo è perché permette di comprendere il significato di sentirsi parte e di costruire la comunità con lo sguardo dei tempi lunghi, che abbracciano un’intera vita, e permette di dare la giusta dimensione a eventuali passaggi più complessi e faticosi. E poi lo è perché contiene un concentrato dell’essenza di una comunità che non ci parla solo di un passato che non tornerà, ma ci fornisce criteri per un futuro da progettare, anche grazie al Sinodo. La parola chiave, almeno secondo il mio sentire, è relazioni. Quella “nostalgia” di stabilità e di incontri che lei ha vissuto in giovinezza per gli spostamenti della sua famiglia d’origine è la stessa condizione che molti sperimentano ora, a tutte le età, per le dinamiche sociali ed economiche in atto e per lo strascico della pandemia. Le comunità cristiane, sempre più, annunceranno se sapranno offrire occasioni d’incontro, di scambio, di crescita, lì l’Annuncio troverà un alveo particolarmente fertile.

Luca Bortoli

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