La lunga marcia verso l’inserimento lavorativo. Maggiore è il livello di istruzione raggiunto, maggiore sarà la possibilità di inserimento

Solo per raggiungere il suo primo lavoro regolare (un contratto superiore a sei mesi secondo i parametri di Eurostat) un italiano, concluso i suoi cicli formativi, impiega in media 2 anni e 4 mesi.

La lunga marcia verso l’inserimento lavorativo. Maggiore è il livello di istruzione raggiunto, maggiore sarà la possibilità di inserimento

È molto il tempo necessario ai giovani per avviare i primi passi nel mondo del lavoro. La transizione dal periodo di vita trascorso principalmente tra i banchi di scuola o sui libri universitari a quello impegnato nelle attività economiche è anche un tempo delicato. Sbagliare percorso, trovare strade sbarrate, immergersi in esperienze improduttive o prive di una prospettiva di sviluppo professionale sono rischi probabili che tra l’altro rischiano di rimandare la persona al punto di partenza.

Senza considerare, poi, che solo per raggiungere il suo primo lavoro regolare (un contratto superiore a sei mesi secondo i parametri di Eurostat) un italiano, concluso i suoi cicli formativi, impiega in media 2 anni e 4 mesi. È il periodo più ampio tra i paesi europei.
Sarà ancora più ampio il tempo in cui un giovane italiano arriverà a una relativa stabilità lavorativa. Secondo un calcolo proposto dall’economista Francesco Pastore, e gli statistici Claudio Quintano e Antonella Rocca in un articolo, intitolato “Quant’è lunga la transizione dalla scuola al lavoro” e pubblicato su Lavoce.info, il confronto tra un italiano e un inglese è impietoso. Conseguita la laurea il primo raggiungerà l’obiettivo intorno ai 32-33 anni, nel frattempo il secondo avrà già acquisito un’esperienza lavorativa di dieci anni. Dentro questa differenza c’è l’incertezza della precarietà che vive un giovane in cerca di un lavoro dignitoso. La difficoltà diventa ha anche un effetto scoraggiamento: molti finiscono per chiedersi, perché studiare tanto se poi devo rimanere in un limbo fatto di stage, di semisommerso, di esperienze usa e getta, se poi sarò costretto o costretta a rimandare i miei progetti di vita, di coppia, di genitorialità.

Eppure bisognerebbe tenere presente che maggiore è il livello di istruzione raggiunto, maggiore sarà la possibilità di inserimento: tornando ai dati Eurostat, infatti, i laureati impiegano 11 mesi (meno di un anno), mentre quanti hanno un basso livello di istruzione possono arrivare alla prima esperienza lavorativa anche dopo 58 mesi (quasi cinque anni). Molto spesso quanti hanno un titolo di studi inferiore finiscono nel novero dei Neet, quelli che non studiano, non lavorano e non sono in apprendistato. L’istruzione favorisce quindi l’inserimento lavorativo, non l’ostacola.

Ci sono alcune iniziative – alcune proposte anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – che potrebbero ridurre questi tempi di incertezza: rendere efficaci le esperienze di alternanza scuola-lavoro, promuovere stage e tirocini durante il periodo universitario sicuramente avvicinerebbero il mondo della formazione al mondo della produzione favorirebbero l’inserimento e l’acquisizione di competenze. D’altro lato, però, occorrerebbe iniziare a ragionare su un sistema di tutele e garanzie che impediscano lo sfruttamento dei giovani, che molto spesso – per loro debolezza – finiscono per barattare i loro diritti con una povera esperienza lavorativa.

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Fonte: Sir