La parola. Policentrismo. Un centro, molti centri. Scrive Francesca Benciolini

La parola di questa settimana è policentrismo. Un anno di pandemia aiuta a comprendere che il centro di ogni città è laddove scorre la vita. Non ci sono periferie, ma luoghi da valorizzare pensando al futuro

La parola. Policentrismo. Un centro, molti centri. Scrive Francesca Benciolini

Cos’è il decentramento? Cosa significa attuarlo, nel concreto? Sono queste le domande emerse nel recentissimo incontro di 24 sindaci libici con i rappresentanti di alcuni Comuni italiani, tra cui Padova, grazie al progetto Anci “Municipi senza frontiere”.

Il decentramento è un tema ricorrente nel confronto con i sindaci di quei Paesi che solo di recente hanno previsto la possibilità che i Comuni si occupino di materie e servizi dello Stato, per rendere l’amministrazione dello Stato più vicina alle esigenze della comunità locale. Rispondere a queste domande significa quindi raccontare iter amministrativi, disponibilità di budget, supporto di leggi e normative che regolano l’azione dei Comuni, ma sollecita anche una più profonda riflessione sul senso ultimo di questa “vicinanza” dell’ente locale alla comunità di un territorio.

Al di là dei dibattiti specialistici, delle leggi e dei percorsi che ciascun Paese sta compiendo e al di là del fatto che decentrare è il contrario di accentrare credo che la visione che questa parola potrebbe indicare sia quella del policentrismo: decentrare significa che il Paese che governi non si limita alla sua capitale, che la città che amministri non è solo il suo municipio, né la sua zona monumentale. Credere nel policentrismo significa credere che ogni luogo è centrale: lo è per chi lo abita, per chi vi lavora, per chi lo attraversa, è centrale semplicemente perché è il luogo della quotidianità e della esistenza di tante persone e solo per questo fatto merita di essere considerato, ascoltato, valorizzato. Decentrare non significa allora semplicemente spostare le funzioni dal centro alla periferia, ma credere che non esistano periferie perché ogni territorio e comunità sono al centro.

In quest’anno in cui la pandemia ha completamente stravolto le nostre abitudini, in cui per mesi non abbiamo superato i confini comunali o viaggiato oltre la regione, in cui il nostro lavoro si è in parte svolto all’interno delle nostre case, in cui per giorni non siamo usciti se non per il minimo indispensabile e a volte nemmeno per quello, che il luogo in cui viviamo sia centrale è diventato un fatto evidente. Ci siamo accorti che avere un po’ di verde sotto casa, dei negozi di prossimità, dei vicini gentili, un volontario che porta la spesa fa la qualità della vita.

Ecco allora che la pandemia ha portato in primo piano ciò che già si stava affacciando nella visione di alcuni urbanisti e amministratori: il centro è là dove le persone vivono. Nel gennaio del 2020, prima che il Covid trasformasse le nostre vite e abitudini, la sindaca di Parigi aveva preannunciato che avrebbe puntato su una città in cui luoghi di lavoro, vita, servizi e acquisti fossero raggiungibili nell’arco di 15 minuti per diminuire il traffico e aumentare la vivibilità della capitale.

La prossimità al centro, dunque, per un migliore benessere di tutti e tutte. La città policentrica come possibilità di vivere meglio. E, su scala nazionale e globale, ogni luogo centrale perché nessuno sia lasciato indietro e perché la storia, la cultura e la vita di ogni comunità trovino valore.

Ma se il territorio di uno Stato o di una città è composto da tanti centri e il decentramento degli uffici e delle funzioni aiuta a dare valore ai territori e alle comunità che li vivono, credo sia importante ricordare che in questa prospettiva fondamentale è il riconoscimento reciproco di ciascun centro nei confronti degli altri. Il dialogo non è solo in senso verticale, ma anche orizzontale perché un altro elemento di cui siamo sempre più consapevoli è che da soli non ce la facciamo. Un anno di pandemia ha messo bene in chiaro il concetto e l’appello di papa Francesco a sentirci «tutti nella stessa barca» ha sottolineato la necessità di tenerci in collegamento, che vuol dire ascoltarsi a vicenda, confrontarsi, cercare comuni soluzioni nella convinzione che la forza stia nella rete.

Una visione policentrica della realtà impone, infine, di saper riconoscere il dinamismo di ogni territorio e di ogni comunità: le cose cambiano e nel tempo si trasformano e saper cogliere questo cambiamento è fondamentale per continuare a dare valore ai luoghi, immaginandone insieme il presente e il futuro per amministrarli a partire dalla partecipazione di chi li vive oggi.

E nell’oggi di ogni territorio, vicino o lontano, stanno anche coloro che quel territorio attraversano magari in cerca di una casa o un futuro migliore, ricordandoci che una visione policentrica non può che portarci a guardare oltre il nostro naso, ci impone di metterci nei panni dell’altro, di capire il suo passato perché il suo futuro si intreccia in modo importante con il nostro. Allora la prossimità al centro ci ricorda quel farsi prossimo che, per chi è credente, è il cuore della fede.

Francesca Benciolini

Assessora a Padova dal 2017

Francesca Benciolini è stata eletta alle ultime amministrative nella lista Lorenzoni sindaco. Tra le deleghe da assessora ci sono quelle alle risorse umane, al decentramento, alla pace e ai diritti umani.

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