La violenza si sconfigge imparando a denunciare

La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne che si celebra questa domenica invita a riflettere sulle ragioni culturali e sociali di un fenomeno che continua ad aumentare.

La violenza si sconfigge imparando a denunciare

Una donna su tre al mondo ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Quasi sempre si tratta di violenza domestica, che proviene cioè dal marito, dal compagno, dal fidanzato. I dati forniti dall'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, trovano conferma in quelli nazionali dell’Istat, secondo i quali il 35 per cento delle donne in Italia ha subito una qualche forma di violenza, che può essere anche di tipo psicologico o finanziario, nella forma della negazione del fabbisogno quotidiano alla vittima disoccupata.

In Italia, ancora, lo scorso anno sono state uccise 113 donne (di cui 13 in Veneto), in pratica una ogni tre giorni, lasciando 2000 orfani tra i 5 e i 14 anni. In Veneto si registra un aumento del 15 per cento dei casi, secondo il report Rilevazione strutture regionali. Sul territorio, oltre ai servizi strutturati della Regione, molte sono le antenne che raccolgono i segnali di allarme che giungono dal mondo femminile. Il solo consultorio familiare padovano del Cif, il Centro italiano femminile, per esempio, ha preso in carico 54 utenti tra l’1 maggio 2017 e l’1 novembre 2018 all’interno del progetto finanziato dalla Fondazione Cariparo.

Perché tutta questa violenza e sopraffazione? Perché la violenza contro le donne, nonostante i programmi di prevenzione del Ministero, come anche delle diverse associazioni e dei Centri Antiviolenza, anziché diminuire aumenta? Il vero problema è convincere le donne a denunciare le violenze subite. Spesso esse antepongono la vergogna, o la paura, soprattutto legata a possibili ritorsioni da parte dell’autore della violenza, anche perché nel nostro sistema giudiziario sono presenti dei vuoti normativi che non proteggano fino in fondo la vittima. Altre volte invece la paura è legata al problema economico: «Come farò ad andare avanti se lui finisce in carcere? Come manterrò i miei figli?». Altre volte ancora invece si tratta di un problema culturale, che affonda le sue radici nella rappresentazione di genere: «Gli uomini son fatti così, hanno bisogno di sfogarsi.. Lo faceva anche mio nonno...».

È quest’ultimo il problema più grave a mio modo di vedere: occorre operare una trasformazione dei rapporti tra uomo e donna. Non è vero che l’uomo è autorizzato a essere violento: nessuno lo è. Uomini e donne dovrebbero lavorare insieme alla costruzione di una convivenza sociale più giusta e che tuteli i diritti di chi ha meno strumenti, fisici od economici, per affermarsi, come le donne, i bambini, o qualsiasi altra categoria sociale.

È per questo che all’interno del consultorio Cif di Padova accogliamo sia le vittime che gli autori della violenza. È solo tramite il lavoro congiunto su entrambi – quando possibile – che si può attuare una reale prevenzione e cura del “fenomeno violenza”, che coinvolge quasi sempre l’intera famiglia. Molto spesso infatti anche i membri della famiglia allargata sono a conoscenza della situazione e tacciono. Perché? La violenza sulle donne e sui bambini, spettatori ammutoliti dei drammi, è sempre sbagliata e non ammette alcun tipo di giustificazione.

L’invito è soprattutto alle donne che subiscono, ma anche alle persone che sono loro vicine, di uscire dalla spirale del silenzio e di farsi aiutare. Molti sono i centri presenti sul territorio, molte le associazioni che accolgono le vittime, ma anche i bambini, i familiari, e gli autori che vogliono uscire dalla spirale della violenza e curare le ferite che essa lascia nella psiche di ciascuno.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir