Mettiamoci tutti alla scuola “pasquale” di padre Pino Puglisi. Gli auguri del direttore dell'ufficio scuola

La scuola non si tiri mai indietro e si tinga di colori di speranza. L'esempio pasquale di "3P", il beato padre Pino Puglisi.

Mettiamoci tutti alla scuola “pasquale” di padre Pino Puglisi. Gli auguri del direttore dell'ufficio scuola

Scrivo queste righe di auguri pasquali di ritorno dal convegno nazionale dei direttori della pastorale scolastica e insegnamento religione cattolica delle diocesi italiane, che si è svolto a Palermo con un titolo molto evocativo “Non c’era neanche la scuola media”: il riferimento risulta chiaro se si contestualizza l’evento a Brancaccio, il quartiere dove è nato e dove ha svolto il suo ministero sino al martirio “3P”, padre Pino Puglisi.

Il convegno più che arricchirci dal punto di vista delle conoscenze ci ha permesso di vivere un vero ritiro spirituale all’insegna della Pasqua, dal momento che tutta la vicenda di don Puglisi è racchiusa nel triduo pasquale, tra il cenacolo, il calvario e il sepolcro vuoto. La sua morte, avvenuta il giorno del suo 56° compleanno il 15 settembre 1993, suggellata da un sorriso di perdono offerto al suo assassino e da poche parole da costui riferite – «me l’aspettavo»– e tutto quello che ne è seguito sono la concretizzazione della frase di Gesù: «Se il chicco di frumento non cade nella terra e non muore rimane solo: se invece muore porta molto frutto».

Il centro “Padre nostro”, fondato da don Pino negli scantinati sottratti al potere mafioso, l’apertura della scuola media sette anni dopo il suo assassinio per volontà della gente che abita negli angoscianti condomini di quelle strade troppo strette e troppo caotiche, sono alcuni dei frutti più belli che quel seme pasquale ha prodotto. Il più bello tuttavia lo abbiamo colto quando abbiamo visitato proprio la scuola media e abbiamo incontrato gli alunni e i docenti: lì ho respirato l’aria del mattino di Pasqua, l’aria della redenzione e della libertà, dove ognuno sente di portare la responsabilità del proprio e dell’altrui riscatto. Quando quella scuola è stata aperta a Brancaccio c’era il 70 per cento di dispersione scolastica, oggi il 7. Anche tra chi frequentava la scuola elementare, i pochi che arrivavano alla fine della quinta sapevano a mala pena scrivere il proprio nome: oggi gli alunni di questa scuola partecipano a concorsi nazionali ed europei, ospitano altre scolaresche per raccontare non solo a parole ma con l’arte, la fotografia e la musica la loro esperienza di emancipazione dal potere oscuro della mafia che considera l’ignoranza l’arma più potente per dominare le giovani coscienze. A stento abbiamo potuto trattenere le lacrime quando abbiamo cantato con i ragazzi l’inno nazionale e con loro abbiamo condiviso un pensiero sulla testimonianza evangelica di don Pino, cui la scuola è dedicata: esperienza laica di vangelo vissuto, dove tutto indirettamente rimanda ai valori che la Croce e la Pasqua consegnano per sempre all’umanità.

Traduco tutto questo in un augurio: agli studenti, perché pensando ai loro compagni di Brancaccio che ogni giorno si conquistano la possibilità di andare a scuola comprendano la ricchezza del dono che hanno tra le mani; ai professori, perché maturino la stessa audacia che si legge negli sguardi dei loro colleghi consapevoli di essere parte del presente e del futuro dei loro allievi; agli insegnanti di religione, perché trovino nel loro “collega” 3P un esempio di “rompi-scatole” da imitare per liberare le coscienze; alle famiglie, perché scommettano sul futuro dei loro figli attraverso la loro crescita culturale e valoriale; agli uomini delle istituzioni: solo mettendo da parte la logica del potere per dare spazio al servire, a Brancaccio son passati dal dominio al consenso; alla scuola tutta, perché non abbia paura dell’altezza del suo compito e si riempia di frasi come queste: «Cosa posso fare io? Non far finta di niente»; «I nostri sogni e desideri cambiano il mondo» e si tinga di colori di speranza.

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