Mitigare la crisi del lavoro. La ripresa immediata non darà a tutti le garanzie di tornare al lavoro di prima

In questo passaggio le persone più deboli, specialmente quelle con un’istruzione minore saranno le più esposte ai rischi di marginalizzazione.

Mitigare la crisi del lavoro. La ripresa immediata non darà a tutti le garanzie di tornare al lavoro di prima

Whirpool, Embraco, GKN, Gianetti: comunicano la loro chiusura e il loro trasferimento. Sono coinvolte comunità del Nord, del Centro e del Sud Italia. Si susseguono le manifestazioni dei lavoratori e dei loro sindacati. Il Governo apre delle trattative per cercare alternative, ma i segnali non sono incoraggianti. In alcuni casi ci sono scelte strategiche, in altri meno chiare politiche aziendali. Sicuramente sono indicatori che alcune aziende smettono di investire o almeno ridurranno gli investimenti in Italia.

Finora il blocco dei licenziamenti introdotto durante i tempi più duri della pandemia ha arginato la crescita della disoccupazione. Ma cosa succederà a quei circa 1 milione e mezzo di cassaintegrati, quando si tornerà alla normalità? Una domanda simile la pone il XXV Rapporto sull’economia globale e l’Italia del Centro Einaudi. La ripresa immediata non darà a tutti le garanzie di tornare al lavoro di prima. Osservano dal rapporto che quel milione e mezzo di occupati a rischio è solo una parte. Potrebbero essere molte di più le persone prive delle competenze adeguate a inserirsi nel nuovo mondo produttivo.

Le trasformazioni del mondo della produzione sono accompagnate da conseguenze importanti. Purtroppo saranno alcuni lavoratori a subire il contraccolpo. Il nostro sistema è attrezzato per sostenerli e orientarli in un tempo di passaggio?

La transizione al modello ecologico, l’innovazione digitale sono temi chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano sostenuto da New Generation EU. La crisi ambientale e le trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie impongono di cambiare modelli di produzione, oltre che i nostri stili di vita.

Nel nuovo mondo si troveranno altre aziende pronte a investire e ad alimentare la domanda di lavoro, ma i lavori non saranno gli stessi. Questo significa che non è automatico il passaggio occupazione – disoccupazione – nuova occupazione. Perché si perderanno alcuni tipi di lavoro e se ne aumenteranno altri, probabilmente molto diversi.

In questo passaggio le persone più deboli, specialmente quelle con un’istruzione minore saranno le più esposte ai rischi di marginalizzazione. Dovrebbe essere importante, allora, rivedere gli ammortizzatori sociali e riformulare misure di sostegno al reddito che siano eque. Durante la pandemia abbiamo imparato che ci sono lavoratori più protetti e altri meno, ad esempio. Inoltre servirebbero progetti formativi per dare modo ai lavoratori di aggiornare le loro competenze, di acquisirne altre, per costruirsi un mestiere e una professionalità da investire e non dei compiti da assolvere. Infine saranno essenziali azioni di orientamento per guidare verso i nuovi spazi occupazionali che si apriranno.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)