Nulla sarà come prima. Il messaggio dei vescovi per la festa del lavoro

Nulla sarà come prima. Lo abbiamo già toccato con mano, ma ad aiutarci a riflettere sulle conseguenze del drammatico cambiamento in atto giunge anche il messaggio dei vescovi per la festa del primo maggio.

Nulla sarà come prima. Il messaggio dei vescovi per la festa del lavoro

Mentre ancora gli esperti ci ricordano che siamo nella “fase 1” dell’emergenza, è impossibile infatti non pensare al dopo. Gli analisti prevedono un calo del Pil nell’ordine del 10 per cento e forse più. Intere filiere che danno lavoro a milioni di persone (ristorazione, abbigliamento, turismo, cultura) sono drammaticamente ferme e lo resteranno a lungo.

Ci sarà meno lavoro, inutile girarci attorno. E quindi bisognerà ripensare profondamente sussidi e sostegni: non possiamo mantenere l’inaccettabile scarto fra lavoratori tutelati e non tutelati, tra dipendenti delle grandi aziende e dei picco - li negozi, del settore pubblico e di quello privato. Per non parlare dei lavoratori autonomi e dell’esercito di irregolari che sostengono l’economia ma sono invisibili o quasi al welfare.

C’è un altro problema a cui i vescovi guardano con particola - re attenzione, ed è la qualità del lavoro di domani. Una delle loro indicazioni, in particolare, chiama in causa ciascuno di noi: la responsabilità a cui siamo chiamati nelle scelte economiche, anche quelle più piccole.

Tutti infatti, almeno a parole, chiediamo un’economia più giusta, più sostenibile, più rispettosa dei diritti, dell’ambiente, dei tempi della vita. Ma se, come scrivono i vescovi, nel costruire un’economia diversa «è in gioco la fedeltà al progetto di Dio sull’umanità», allora non è solo un problema dei po - litici o delle multinazionali. Ognuno di noi ha la sua parte da fare. Come? Diventando, sottolineano ancora i vescovi, «risparmiatori e consumatori consapevoli». Penso al grande movimento della finanza etica, che si impegna a sostenere solo imprese e progetti responsabili. Penso anche, guardando il deserto delle nostre città, a quel tessuto preziosissimo di negozi che già prima soffrivano e che oggi affondano.

Avremo meno soldi in tasca, probabilmente. Ma sarà come li useremo, a fare la differenza.

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