Quelli che si perdono per strada. Il recente studio di “Save the children” mette in luce i dati sulla povertà educativa in Italia

Il dato complessivo degli abbandoni è in miglioramento, ma siamo ancora ben lontani dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla Ue.

Quelli che si perdono per strada. Il recente studio di “Save the children” mette in luce i dati sulla povertà educativa in Italia

Se si potesse fare dell’ironia verrebbe da domandarsi: dov’è la notizia? Questo di fronte all’ennesimo rapporto – ci riferiamo al recente studio di “Save the children” – che mette in luce i dati sulla povertà educativa in Italia e segnala che “Le disuguaglianze territoriali nel nostro paese si configurano come un fil rouge in negativo”.

Purtroppo, però, non è il caso di essere ironici, perché ci troviamo di fronte a una vera e propria tragedia. Nemmeno un’emergenza, perché non si tratta di un fatto appena scoperto, di un’evidenza apparsa all’improvviso. La povertà educativa, le diseguaglianze territoriali, le diversità di offerta formativa sono una costante della scuola nel nostro Paese.

Il risultato? Anzitutto quello sulla dispersione scolastica “implicita” (che vuol dire trovarsi sì con un diploma, ma senza le competenze minime necessarie) che tocca a livello medio nazionale il 9,7% alla fine delle scuole superiori ma deve scontare forti disparità geografiche. Annota Save the Children: “Nonostante una consistente riduzione avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia, con un -4,3%, e in Calabria con -3,8%, nelle regioni meridionali infatti, permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna”.

Un bel guaio, che si somma ai dati della dispersione esplicita, cioè quella di chi la scuola la abbandona del tutto. E’ ancora l’associazione che da anni si impegna sul campo in difesa dei più piccoli a segnalare: “L’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va ben oltre la media nazionale, raggiugendo il 12,7%, con picchi in Sicilia, 21,1% e Puglia, 17,6%, e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania, 16,4% e Calabria, 14%”. Inoltre, “prendendo in esame la percentuale dei Neet, che in Italia è del 23,1%, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano: 3 giovani Neet ogni 2 giovani occupati”.

Se ci si vuole consolare si può pensare che il dato complessivo degli abbandoni è in miglioramento, ma siamo ancora ben lontani dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla Ue.

E’ interessante l’attenzione del rapporto di Save the Children alla relazione tra qualità dell’offerta formativa in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti. Ad esempio, si rileva che avere la mensa o il tempo pieno, la palestra e/o l’agibilità delle strutture scolastiche (già, l’agibilità… quante scuola sono ancora in difetto) porta a risultati migliori per gli studenti.

Il rapporto sottolinea le disparità territoriali, ma guarda anche avanti e l’associazione Save the Children rilancia, proprio a partire dai risultati della sua indagine: al prossimo governo chiede più investimenti per la scuola e fissa il punto del 5% del Pil (è la media europea) come obiettivo da raggiungere per gli stanziamenti a favore dell’istruzione. Vorrebbe dire – spiega l’associazione – rendere disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020.

Alla vigilia di nuove elezioni la richiesta non dovrebbe passare inosservata.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir