Rifugiati. E se fossero i cittadini a organizzare i corridoi umanitari (e l’accoglienza)?

Oxfam e Federazione Chiese Evangeliche chiedono di introdurre in Italia il modello della community sponsorship già sperimentato in paesi come il Canada. La proposta inserita in un emendamento alla legge di Bilancio: “Senza l’appoggio del M5S non passerà”. Ecco cosa prevede

Rifugiati. E se fossero i cittadini a organizzare i corridoi umanitari (e l’accoglienza)?

Una rete di comunità per promuovere l’arrivo sicuro dei rifugiati e organizzare la loro accoglienza in Italia. Si chiama "community sponsorship” il modello già sperimentato in Canada che potrebbe diventare realtà anche nel nostro paese. Lo prevede una proposta presentata da Oxfam in italia e dalla Federazione delle Chiese evangeliche. Il progetto ha l 'obiettivo di coinvolgere attivamente la società civile e le comunità ospitanti per supportare gli sforzi in termini di reinsediamento da parte del Governo e rendere disponibili un numero maggiore di ingressi sicuri per persone con bisogni di protezione. Per realizzarlo però serve un impegno della politica. Attualmente l’introduzione delle community sponsorship è previsto da un emendamento all’articolo 129 bis della legge di Bilancio, presentato da Tommaso Nannicini del Partito democratico. “Al fine di promuovere progetti pilota di accoglienza nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) sul modello di "community sponsorship", da definire d'intesa con il Ministero dell'Interno e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, destinati a persone bisognose di protezione internazionale giunte in Italia attraverso canali umanitari, si autorizza l'incremento ulteriore di 1 milione di euro della dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui all'art. 129.” si legge nel testo.

“Attualmente ci sono circa seimila emendamenti in Commissione Bilancio - spiega Paolo Pezzati di Oxfam -. Si prevede un taglio di circa il 90 per cento di quelli presentati, quelli che rimangono sono frutto di una negoziazione politica, Noi chiediamo che questo emendamento venga salvato e poi approvato. Per farlo però serve che il Movimento 5 Stelle si impegni insieme al Pd”. Se il Partito democratico, infatti, ha risposto alle due organizzazioni presentando l’emendamento, dai grillini non è arrivato ancora nessun riscontro, nonostante le numerose sollecitazioni. “Questo ci stupisce perché a parole si sono detti sempre favorevoli a incentivare forme di arrivo legali e sicure - aggiunge Pezzati - Lo ha detto il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente della Commissione Affari costituzionali, Giuseppe Brescia ma anche la viceministra Emanuela Del Re. Questo è uno strumento importante che permette di premiare la solidarietà dei singoli cittadini all’interno di un percorso ordinato, supportato dall'apporto professionale delle organizzazioni. Si tratta di ampliare il numero di arrivi sicuri delle persone che sono in bisogno di protezione internazionale. Lo intendiamo come integrativo all’ impegno di reinsediamento del governo. Inoltre, questo modello supera quello dei corridoi umanitari che oggi sono totalmente a carico della società civile, mentre noi proponiamo un modello misto, un mix pubblico privato”.

Come funzionano le community sponsorship 

Il modello della community sponsorship prevede di introdurre nel nostro ordinamento lo strumento della sponsorizzazione, con il coinvolgimento attivo delle comunità locali. In questo senso, da anni, paesi come il Canada fanno scuola: i programmi di community sponsorship per rifugiati sono stati attivati nel paese dal 1979, per rispondere alla situazione delle boat people vietnamite. Nel passato più recente, la crisi siriana ha spinto vari paesi a costruire l’architettura necessaria a sostenere simili programmi. Anche in altri paesi, come la Gran Bretagna, la Germania e l’Irlanda, le cui esperienze sono assai più recenti, si è comunque provveduto a sistematizzare il modello di community sponsorship, creando sistemi che siano accessibili, trasparenti e che definiscono ogni fase della procedura. 

Stando alla proposta di Oxfam e Federazione Chiese evangeliche sono eleggibili nel quadro della community sponsorship persone “in need of protection” che ricadono sotto il mandato dell’Unhcr.  Si tratta, dunque di persone, segnalate da Unhcr o/e identificati da organizzazioni qualificate con le quali il Governo ha un protocollo dedicato nell’ambito delle vie complementari di ingresso implementate a livello nazionale. Ad approvare l’ingresso è il Governo, tramite le proprie rappresentanze diplomatiche nei paesi di partenza, che effettueranno le verifiche di sicurezza e rilasceranno il visto umanitario, autorizzando l’ingresso dei beneficiari. 

La novità però è che i soggetti sponsor possono essere diversi: cittadini privati, organizzati in gruppi di minimo 5 persone oppure organizzazioni no profit, come associazioni, fondazioni, cooperative, istituzioni religiose. Ma anche università, aziende, sindacati e associazioni di categoria. Per diventare “sponsor”, questi soggetti devono necessariamente accreditarsi presso organizzazioni intermediarie  dette Ois ( Organizzazioni Intermediarie per la Sponsorship) e saranno tenuti a seguire un percorso di formazione e accompagnamento. Le Ois fungeranno da intermediari tra gli sponsor e il Governo e saranno accreditate presso un apposito albo del ministero dell’ Interno o, in alternativa del Servizio Centrale Sai. Ovviamente chi si presenta come Per operare come sponsor non può avere procedimenti per uno dei reati relativi all'immigrazione clandestina, sfruttamento lavorativi, bancarotta (se privato o dei membri del CdA se organizzazioni). Deve, inoltre, dimostrare un’adeguata capacità finanziaria tramite l’apertura di un conto corrente dedicato con un deposito minimo di 10mila euro. Le responsabilità dello sponsor avrà una durata di 12 mesi, prorogabili per ulteriori 6 mesi. Durante questo periodo, lo sponsor dovrà: provvedere alla ricerca dell’alloggio, alle spese di vitto e alloggio; supportare l’integrazione del beneficiario fornendo sostegno socio-emotivo e di comunità; facilitare l’accesso ad una serie di servizi “base” (pratiche burocratiche, orientamento ai servizi, iscrizione scolastica); offrire opportunità di apprendimento della lingua del paese ospitante e assicurare il referral a servizi specializzati (supporto legale, supporto psicologico, percorsi di orientamento al lavoro, percorsi di skilling e reskilling..). I costi del viaggio e dell’orientamento pre-partenza saranno a carico dello Stato. Le attività pre-partenza potranno essere implementate, sulla base di un protocollo d'intesa ad hoc, da Oim o da altre organizzazioni internazionali qualificate.

Le persone sponsorizzate attraverso il canale di community sponsorship avranno pieno accesso al sistema educativo pubblico di istruzione e formazione, ai servizi pubblici per l’impiego, ai servizi pubblici per apprendimento lingua italiana L2, alle prestazioni a sostegno del reddito, avranno diritto all’iscrizione gratuita al Servizio sanitario nazionale. Dopo il periodo di sponsorship, in caso di mancato raggiungimento di un pieno livello di autonomia, i beneficiari potranno accedere al sistema di accoglienza SAI. Rispetto allo status legale delle persone accolte nel quadro della community sponsorship si seguiranno due vie. Il primo modello è quello dei resettlement: le persone sponsorizzate saranno immediatamente considerate titolari di protezione internazionale, ricevendo un permesso di soggiorno per asilo. In questo caso, non sarà necessaria alcuna audizione presso le Commissioni territoriali. In alternativa, come già avviene per i Corridoi Umanitari, una volta sul territorio italiano, le persone sponsorizzate presenteranno domanda di protezione internazionale e verranno auditi presso le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status.

Quello delle community sponsorship è uno strumento che può anche depolarizzare la discussione sull’accoglienza - conclude Pezzati -. La comunità che si fa elemento di accoglienza smonta i luoghi comuni sull’accoglienza. E’ l’applicazione del ‘portateli a casa tua’ ma con il supporto dello Stato, che in questo caso non fa un passo indietro ma di lato. Mentre la comunità locale diventa viatico anche di integrazione reale sui territori”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)