Ucraina. Bertolotti (Start InSight): “Indebolire la Russia senza umiliarla”

Il 24 febbraio scorso la Russia invadeva l'Ucraina. Dopo 100 giorni di guerra sembra che l'obiettivo perseguito dagli Usa e dalla comunità internazionale, che sostengono l'Ucraina, sia quello di "indebolire la Russia senza umiliarla". Sul campo però la Russia mantiene un vantaggio tattico e punta alla conquista del Donbass. Ne abbiamo parlato con Claudio Bertolotti, esperto dell’Ispi e direttore di Start InSight

Ucraina. Bertolotti (Start InSight): “Indebolire la Russia senza umiliarla”

Dopo 100 giorni di guerra “la Russia mantiene un vantaggio tattico nonostante le perdite e le difficoltà incontrate. Putin sta avanzando territorialmente mentre la resistenza ucraina – che all’inizio del conflitto sembrava poter contrastare l’avanzata russa – ora sta cominciando a perdere slancio e capacità operativa, complice anche una spinta morale che sta venendo un po’ meno. A pagare, in questa fase, è stata la scelta russa di passare dal grande fronte iniziale, che occupava praticamente tutto il confine tra Ucraina e Russia e Ucraina e Bielorussia, a quello dell’Ucraina orientale, più ristretto ma altrettanto rilevante sotto il profilo strategico. Ciò ha permesso di creare una continuità territoriale fra le zone sotto controllo russo che vanno dalla Crimea fino alla regione orientale del Donbass, obiettivo probabilmente prossimo a cadere, dove si trovano le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk”. A fare il punto sulla guerra in corso tra Ucraina e Russia, a 100 giorni dallo scoppio (24 febbraio 2022), è Claudio Bertolotti, esperto dell’Ispi e direttore di Start InSight, (Strategic Analysts and Research Team – http://www.startinsight.eu). Per l’analista “un punto di svolta di questi primi tre mesi e poco più di guerra è stato passare, da parte di Putin, da una gestione politica del conflitto, voluto per far cadere – senza riuscirvi – il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ad una militare affidando le operazioni al generale Alexander Dvornikov, già capo delle forze armate russe in Siria (dal settembre 2015 a giugno 2016, ndr), che ha ridisegnato l’organizzazione di comando, il controllo e la capacità di manovra delle forze russe in Ucraina, spostandole verso il Donbass”.

La decisione di Usa e Regno Unito di fornire all’Ucraina il sistema Himars, lanciarazzi multiplo leggero, e i sistemi missilistici M270 a lungo raggio potrebbe cambiare l’inerzia della guerra?
Non credo che le forniture di armi da parte di Usa e Gran Bretagna possano cambiare le sorti della guerra, almeno non nei termini ufficiali.

Se si vuole dare all’Ucraina la possibilità di realizzare una vera contro-offensiva e non solo contrattacchi dai risultati alterni, Zelensky deve ricevere armi in quantità tali da essere risolutive sul campo di battaglia.

Invece questi aiuti vengono centellinati per dare all’Ucraina una capacità militare minima utile solo a rallentare o indebolire la Russia ma non sconfiggerla. Prolungare il conflitto, infatti, significa dissanguare le risorse materiali e umane russe. Si tratta di un approccio che non vuole umiliare la Russia dal punto di vista militare.

Quali sono le ragioni di questa scelta?
Washington, è bene sottolinearlo, è l’attore principale che sta gestendo la guerra in Ucraina. Gli Usa hanno deciso aiuti per 40 miliardi di dollari, una cifra enorme se rapportata al budget russo per la Difesa, che è di 65 miliardi di dollari l’anno. Quaranta miliardi potrebbero essere sufficienti per sconfiggere la Russia sul campo di battaglia. Il problema, come ho già detto, è che questa cifra non si trasforma immediatamente in armi anzi.

Lo scopo è indebolire la Russia e non dare all’Ucraina la possibilità di vincere la guerra.

Una scelta cinica, se vogliamo. Per gli Usa, infatti, la Russia non rappresenta un problema. Lo è invece la Cina, alleata della Russia e vero competitor per gli Stati Uniti. In un’ottica di confronto, una Russia debole priva la Cina di un alleato importante.

Se la strategia Usa è chiara, logorare la Russia, lo è meno quella dell’Europa che ancora una volta si è mossa in ordine sparso…
Questo è un problema. L’Ue, dopo una fase iniziale di grande coesione e coerenza con la sua tradizionale visione liberale, si è progressivamente defilata man mano che emergevano gli interessi particolari di ciascun Paese membro. Lo dimostra l’atteggiamento assunto in occasione dell’approvazione delle sanzioni contro la Russia, in particolare quelle sull’approvvigionamento energetico che riguardano da vicino alcuni Paesi. Il sesto pacchetto, da poco approvato, contiene sanzioni limitate e spostate avanti nel tempo, nel 2023. Sanzioni che, se non toccano le dinamiche del campo di battaglia, avranno però un peso enorme sull’economia russa a partire dal prossimo anno. Ad oggi la Russia possiede una capacità militare (mezzi, carburante e ricambi) per gestire la guerra per almeno altri 12 mesi.

Alla luce di quanto detto, l’Occidente dovrebbe continuare a sostenere Zelensky, con aiuti e armi, oppure provare a convincerlo a cedere parte il Donbass e la Crimea?
Posto che Putin non accetterà mai di fare un passo indietro, la domanda è: fin dove vuole spingersi la comunità internazionale? Fino a una guerra totale con un coinvolgimento della Nato? Un’ipotesi sempre aperta anche se lontana. Se si vuole sconfiggere la Russia serve armare l’Ucraina. Se si vuole indebolire la Russia nella prospettiva di una cessione territoriale da parte dell’Ucraina, allora occorre andare avanti nella strada intrapresa oggi. L’accordo negoziale è la conseguenza dei risultati sul campo di battaglia. E lo scenario a questo punto sarebbe uno soltanto: la Russia ottiene i territori che già controlla.

Sul piano della comunicazione e della propaganda si combatte una guerra parallela, chi la sta vincendo?
Zelensky ha conquistato menti e cuori della maggior parte delle opinioni pubbliche occidentali. L’Ucraina fino a un mese aveva monopolizzato la comunicazione di guerra. In questi ultimi tempi sembra, però, che abbia perso slancio, complice forse una sovra-esposizione delle ragioni ucraine e delle indubbie sofferenze patite. Lo stesso licenziamento, da parte del Parlamento ucraino, della commissaria per i diritti umani, Lyudmila Denisova, rea di “aver esagerato” le notizie su stupri, credo abbia provocato una sorta di scettiscismo crescente sulla bontà del racconto ucraino della guerra. Questo, però, non deve farci perdere di vista che l’Ucraina è un Paese invaso e la Russia il suo invasore. Ogni ragionamento deve partire da questo assunto.

In questi 100 giorni di guerra è maturato anche l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato: che peso avrà questa decisione nello scacchiere regionale?
Per Putin questo è un risultato inaspettato. Ha avviato una guerra – almeno dal punto di vista della propaganda – per limitare la presenza Nato alle proprie frontiere ottenendo, in risposta, un aumento esponenziale di chilometri di confine Nato. È naturale che un Paese che si mostra aggressivo e inaffidabile provochi timore nelle nazioni vicine mettendo a rischio 70 anni di consolidati equilibri geopolitici. Per la Nato integrare i due nuovi membri nell’alleanza sarà un processo abbastanza lungo non tanto a livello politico quanto militare. L’allargamento della Nato – da un punto di vista russo, invece – contribuirà a peggiorare la percezione di “fortezza sotto assedio”, tipica della strategia militare russa basata sulla convinzione di avere un nemico aggressivo ai propri confini. Per questo motivo la dottrina difensiva russa considera l’aggressione dell’Ucraina una difesa dell’interesse nazionale.

La diplomazia sembra essere sparita dai radar: se nelle prime settimane russi e ucraini hanno mostrato interesse nel processo negoziale, ora i contatti ufficiali si sono interrotti. L’ultima tornata di colloqui risale alla fine marzo, a Istanbul. C’è ancora spazio per una ripresa del dialogo?
Un tavolo di negoziato potrebbe aprirsi una volta che la Russia avrà raggiunto i suoi obiettivi minimi, la conquista del Donbass fino alla Crimea. A quel punto vedremo come l’Occidente e l’Onu sapranno gestire la negoziazione e con quale forza. Non sono ottimista. Credo, ma vorrei sbagliare, che l’Ucraina dovrà cedere parte del suo territorio.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha offerto a Putin e Zelensky di organizzare un incontro dei rappresentanti dei due Paesi. Non è paradossale che a mediare tra russi e ucraini possa essere quella Turchia che in Siria e in Libia “si scontra” con la Russia per l’egemonia nel Mediterraneo?
Credo si vada verso due tavoli negoziali: Ankara e Mosca da un lato e Ucraina e Russia con Erdogan mediatore, dall’altro. Il dialogo tra Ankara e Mosca dovrà dirimere alcuni dossier come Libia e Siria che vedono i due Paesi contrapposti ma convergenti sugli obiettivi da raggiungere. Sull’altro tavolo, quello tra Ucraina e Russia, pesa anche il no condizionato di Erdogan all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Si tratta di un gioco complesso in cui la Turchia avrà molto da chiedere alla Nato e all’Ue per poter dare il suo assenso. Non dimentichiamo che i primi aiuti militare arrivati in Ucraina sono stati i droni della Turchia. Erdogan è un attore che gioca su più tavoli. In ballo c’è la sua eredità politica.

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Fonte: Sir