Ucraina. Mascia: “Gli strumenti per risolvere pacificamente un conflitto si chiamano diritto internazionale e organizzazioni internazionali”

Credere nel diritto internazionale, credere nelle organizzazioni internazionali, credere nelle pace. Secondo Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea all’Università di Padova, esiste una strada per evitare che il conflitto scatenato dalla Russia trasformi l’Ucraina nell’Iraq d’Europa. Purtroppo però, sostiene il docente padovano, non è la strada intrapresa dall’Unione europea. “L’invio di armi – spiega al settimanale La Voce dei Berici – non solo da parte dell’Italia ma dagli altri Paesi membri e dalla stessa Ue sancisce che l’Unione europea ha preso posizione, si è schierata con l’Ucraina e sta sostenendo la resistenza ucraina”

Ucraina. Mascia: “Gli strumenti per risolvere pacificamente un conflitto si chiamano diritto internazionale e organizzazioni internazionali”

Credere nel diritto internazionale, credere nelle organizzazioni internazionali, credere nelle pace. Secondo Marco Mascia, docente di Relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea all’Università di Padova, esiste una strada per evitare che il conflitto scatenato dalla Russia trasformi l’Ucraina nell’Iraq d’Europa. Purtroppo però, sostiene il docente padovano, non è la strada intrapresa dall’Unione europea.

Professore, come valuta l’invio di armi in Ucraina da parte dell’Europa e anche dell’Italia?

L’invio di armi non solo da parte dell’Italia ma dagli altri Paesi membri e dalla stessa Ue sancisce che l’Unione europea ha preso posizione, si è schierata con l’Ucraina e sta sostenendo la resistenza ucraina.

In questo modo l’Europa non può più essere un attore che media tra le parti in conflitto perché si è allineata con la strategia dell’amministrazione Biden.

Cosa dovrebbe fare, a suo avviso, l’Unione europea?
A mio modesto parere dovrebbe sostenere le iniziative negoziali che si stanno intraprendendo con tanta confusione e poi vorrei sentire chiedere con forza e convinzione il cessate il fuoco. Dall’Ue non lo stiamo sentendo, sta invece trasferendo sistemi d’arma e questa scelta non può dare ossigeno a iniziative negoziali.

Si poteva fare qualcosa di più?

La cosa che mi impressiona è che

l’Ue nasce come il più grande progetto di pace al mondo. Nessun processo politico di allargamento dell’Ue può avvenire a spese della vita e della pace.

Non si può pensare di allargare l’Ue facendo guerre. Questo processo di allargamento dell’Ue e della Nato è stata una delle cause che hanno portato all’attuale situazione tragica e drammatica.

La politica di allargamento della Nato a spese della Russia è stata criticata da numerosi analisti. Sembra però giustificare l’attacco russo: è così?

No, Putin non ha fatto bene, l’intervento della Russia è avvenuto in violazione del diritto internazionale, non ci sono dubbi su questo.

La situazione attuale è che c’è un Paese aggressore, la Russia, un Paese aggredito, l’Ucraina, e tutti gli altri Paesi che condannano l’aggressione. Ma è giusto anche riflettere su alcuni errori fatti dall’Ue, dagli Usa e dalla Nato.

Secondo lei l’Unione europea si è giocata definitivamente il ruolo di negoziatrice? Chi può assumere questo compito?
Secondo me sì, l’Ue non può svolgere questa funzione. Per rispondere alla domanda bisogna capire chi sono stati finora gli attori negoziali in campo. Nel 2014, per porre fine alla crisi in Donbass, si sono attivati due gruppi. Il primo chiamato “Quartetto di Normandia” composto da Russia, Ucraina, Francia e Germania. Il secondo gruppo era composto da Russia, Ucraina e Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. I colloqui diplomatici hanno portato agli accordi di Minsk, rimasti solo sulla carta. Quindi entrambi i gruppi hanno fallito.

L’unico attore, a mio avviso, che potrebbe entrare in campo essendone rimasto finora fuori sono le Nazioni Unite.

Cosa può fare l’Onu?
Sappiamo bene che il Consiglio di sicurezza è bloccato dal veto della Russia, ma l’Assemblea generale può sbloccare la situazione ed è intervenuta con la risoluzione del 3 marzo: si è trattato di un passo molto importante che legittima il Segretario generale ad entrare in campo come principale attore negoziale.

È fiducioso all’intervento dell’Onu?
La speranza non costa niente ed è l’ultima a morire.

È tutto sulle spalle del Segretario generale Antònio Guterres. Al momento però le condizioni per un intervento ancora non ci sono.

La volontà della Russia è quella di proseguire con l’invasione e quella dell’Ucraina di resistere.

Alcuni osservatori hanno segnalato il rischio, sul lungo periodo, che il conflitto si trasformi in una guerra asimmetrica, termine che viene attribuito alle lunghe guerre in Iraq e Afghanistan. È d’accordo?
È un possibile scenario e soprattutto è uno scenario voluto da Stati uniti e Unione europea. Perché quello che stiamo vedendo è il tentativo di indebolire sempre di più Putin con l’invio di armi e con le sanzioni. Ma tutto questo sta avvenendo sulla pelle degli ucraini.

Nell’era della Guerra fredda Stati Uniti e Unione sovietica combattevano le loro guerre nei Paesi in via di sviluppo. Oggi si combattono in Europa.

L’Ue avrebbe dovuto assumere un atteggiamento diverso dagli Usa: il continente europeo è sede del conflitto tra due grandi potenze. Non è ammissibile.

Zelenskyy ha ribadito la volontà dell’Ucraina di entrare nell’Ue. Cosa ne pensa?
Le avances dell’Ue e della Nato all’Ucraina sono una delle cause del conflitto. 

Dal mio punto di vista l’Ucraina è un Paese cuscinetto tra la Russia e l’Europa, dovrebbe essere dichiarato neutrale, smilitarizzato e la sua sicurezza dovrebbe essere garantita alla presenza sul terreno dell’Onu.

Un eventuale negoziato per l’ingresso nell’Ue avrebbe dovuto essere previsto nel partenariato strategico tra Europa e Russia del 2003. Se volevamo portare i Paesi dell’est nell’Ue dovevamo dialogare con Mosca. Questa attenzione diplomatica non c’è stata, anzi, è stata gettata benzina sul fuoco.

L’Ue ha però ritrovato una voce unica con questo conflitto: non lo considera un fatto positivo?
Trovare maggiore unità a partire da una guerra e non dalla pace mi crea qualche problema. Ma c’è un’altra questione. Pensiamo all’Afghanistan: dopo una guerra durata vent’anni gli Usa hanno negoziato con i talebani il ritorno al potere in un Paese devastato. Che senso ha questa guerra se tra un mese o tra un anno si dovrà comunque trovare un accordo? La guerra era evitabile, è stata una scelta ma non è la soluzione. Colloqui di pace inclusivi e in buona fede sono la soluzione.

Oggi gli strumenti per risolvere pacificamente un conflitto ci sono. Si chiamano diritto internazionale e organizzazioni internazionali.

La pace oggi è possibile perché ci sono gli strumenti per fare la pace.

(già pubblicato su “La Voce dei Berici”)

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Fonte: Sir