Ultimi istanti di Marmolada. Tra meno di vent'anni il ghiacciaio scomparirà

Vent’anni di vita o forse anche meno per il ghiacciao della Regina delle Dolomiti. I danni del cambiamento climatico sono irreversibili. Con dieci centimetri di calotta persi ogni giorno è obbligatorio pensare a un’altra montagna: politica, società, studiosi insieme per un’azione responsabile

Ultimi istanti di Marmolada. Tra meno di vent'anni il ghiacciaio scomparirà

«L a Marmolada come termometro di una malattia globale». È questo l’appellativo che gli studiosi danno al ghiacciaio più grande delle Dolomiti. E oggi, a causa di questa sua peculiarità, è in un coma irreversibile, destinato a scomparire nel giro di breve tempo. I dati scientifici, soprattutto di questi ultimi anni, sono inconfutabili e «drammatici», confermando di volta in volta l’infausto verdetto: il ghiacciaio continua a perdere superficie e volume. Gli studiosi hanno constatato che la calotta perde dai 7 ai 10 centimetri di spessore al giorno e negli ultimi cinque anni ha visto sparire 70 ettari della sua superficie (pari a 98 campi di calcio), passando da circa 170 del 2019 ai 98 nel 2023. Dall’inizio delle misurazioni scientifiche, nel 1888, è arretrato di 1.200 metri, con un innalzamento della quota della fronte di 3.500 metri. Gli esperti hanno quindi rilevato che il suo ritiro sta subendo una progressiva accelerazione, soprattutto negli anni più recenti. «I dati che abbiamo ottenuto anche attraverso uno studio storico (dalla fine del Diciannovesimo secolo), ci dicono che la superficie della Marmolada si è ridotta di più dell’80 per cento e, per quanto riguarda il volume, più del 94 per cento. Sono quantità molto importanti che rivelano quale sarà il destino del ghiacciaio. Possiamo prevedere la sua scomparsa nel giro di 20 anni, forse anche prima». Sono parole inequivocabili, difficili da accogliere a cuor leggero, quelle pronunciate dal prof. Aldino Bondesan dell’Università di Padova, responsabile per il Triveneto della Campagna glaciologica del Comitato glaciologico italiano, pronunciate a margine della due giorni di studio sull’iconico ghiacciaio. Sabato 7 e domenica 8 settembre sono risuonate più volte le parole ripetute dai numerosi esperti che hanno partecipato al dibattito, quasi come grido di aiuto proveniente dai seracchi e dai crepacci che oggi tagliano questo gigante ormai troppo fragile. Nel primo giorno era prevista la salita parziale del ghiacciaio con misurazioni della Campagna glaciologica partecipata; nel secondo l’evento Climbing for climate. Nella prima giornata – frutto della collaborazione tra il Comitato glaciologico italiano e il Museo di geografia dell’Università di Padova – numerosi studiosi e persone interessate hanno calpestato il ghiaccio per verificarne lo stato ed effettuare rilevazioni in loco. È dal 2019 che la Marmolada ospita il primo esempio in Italia di  Campagna glaciologica partecipata, un’iniziativa di sensibilizzazione sugli esiti della fusione glaciale, nata per fare in modo che i cittadini prendano parte alla ricerca scientifica glaciologica e in questo modo vengano sensibilizzati sullo stato del ghiacciaio.

Nella seconda giornata c’è stata l’iniziativa Climbing for climate. Giunta alla sua sesta edizione, quest’anno è stata organizzata dalle università di Padova e Brescia, in collaborazione con le università della Rus (Rete delle università per lo sviluppo sostenibile) venete: la Ca’ Foscari e la Iuav di Venezia, e quella di Verona. Inoltre hanno sostenuto il progetto l’Università di Trento e il Club alpino italiano con le sezioni di Brescia e Padova. L’evento, nato sei anni fa su iniziativa dell’Università di Brescia, ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica locale, nazionale e internazionale sugli effetti dei cambiamenti climatici in atto, alla luce degli obiettivi dell’agenda 2030 dell’Onu. In particolare per ciò che concerne la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia della vita sulla terra con la protezione della biodiversità; la promozione del turismo sostenibile e dell’inclusione sociale ed economica di chi vive in aree periferiche; inoltre il supporto alle comunità sostenibili. Climbing for climate prevede annualmente un evento centrale (quest’anno in Marmolada) e iniziative in luoghi dove «gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili» organizzati dalle Università aderenti alla Rus (a partire da quest’anno questi eventi diffusi prendono il nome di “Action for climate”). L’edizione 2024 si è prefissata principalmente due obiettivi: far conoscere rapidità e drammaticità della fusione del ghiacciaio della Marmolada attraverso la raccolta e la diffusione di dati e studi aggiornati; il secondo, presentare il manifesto Un’altra Marmolada - Quando il ghiacciaio non ci sarà più. Per quanto riguarda il primo obiettivo, per il docente Bondesan, l’iniziativa ha efficacia nella misura in cui «si ha consapevolezza del fatto che il cambiamento climatico è un tema molto complesso che deve essere affrontato su diverse scale. C’è una scala globale e una locale. Il ghiacciaio della Marmolada ha una dimensione locale con rimandi a una globale. Infatti è oggi un simbolo visibile del rapido cambiamento climatico globale. È importante che ci sia una consapevolezza collettiva su questo aspetto, attraverso la conoscenza di ricerche e dati scientifici sul ghiacciaio stesso». Per quanto concerne il secondo obiettivo, il manifesto è stato condiviso e sottoscritto da tanti, segno «che i tempi sono maturi per nuove pratiche» sostiene Mauro Varotto del dipartimento di Scienze storiche geografiche e dell’antichità dell’Università di Padova. Le realtà, presenti all’evento Climbing for climate, che hanno sottoscritto il manifesto sono la Rete delle università per lo sviluppo sostenibile con gli atenei di Padova, Brescia, Verona, Trento, Ca’ Foscari e Iuav di Venezia. Inoltre il Cai con le sezioni di Padova e Brescia, Mountain Wilderness, Legambiente con la Carovana dei ghiacciai, Cipra Italia, il Comitato glaciologico italiano e l’Altra montagna. Il manifesto Un’altra Marmolada - Quando il ghiacciaio non ci sarà più vuole rappresentare «un’iniziativa concreta che faccia della Marmolada il simbolo di un’azione responsabile e coerente con la gravità del periodo climatico che stiamo vivendo», scrivono gli aderenti all’iniziativa. Il documento prende in considerazione tre direttrici di azione: quella politica, l’economica-turistica e quella scientifica-culturale.«L’una sorregge l’altra – spiega il prof. Varotto – Si richiamano a vicenda. Senza una rivoluzione culturale che passi dalla consapevolezza della drammaticità della situazione che stiamo vivendo, è difficile avviare iniziative economiche sostenibili. Poi queste ultime devono avere un supporto politico». Entrando nello specifico dello scritto il professore Unipd aggiunge: «La prima dimensione, quella politica, parla dell’importanza di una governance per la Marmolada: le istituzioni pubbliche devono lavorare insieme alla società civile per un progetto condiviso da tutti. Poi la dimensione economica-turistica con la necessità di ripensare il modello di fruizione della montagna e del ghiacciaio in particolare (passare dallo sci e da un turismo di massa a uno sostenibile). Infine la dimensione scientifica-culturale con le università aderenti alla Rus in prima linea, insieme a tutti quegli enti che hanno fatto nel tempo, della Marmolada, un luogo di sensibilizzazione, educazione e formazione».

I ghiacciai sono anche una preziosa riserva d’acqua
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Per il docente Aldino Bondesan «studiare i ghiacciai è fondamentale soprattutto per due ragioni: innanzitutto quelli alpini sono estremamente sensibili alle variazioni climatiche, sia in termini di temperatura che di accumulo nevoso. Questo li rende veri e propri termometri del clima. Alcuni ghiacciai reagiscono più velocemente ai cambiamenti climatici rispetto ad altri, e la Marmolada è tra quelli maggiormente vulnerabili. In secondo luogo, dal punto di vista idrologico, i ghiacciai rappresentano una riserva d’acqua vitale, soprattutto per le regioni montane. Sebbene le acque di fusione siano modeste, sono cruciali per alimentare i bacini idroelettrici e, combinate con la fusione tardiva della neve, garantiscono un flusso d’acqua costante durante l’estate, contribuendo all’approvvigionamento di fiumi e laghi».

La banca dati ripercorre la vita del ghiacciaio
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È stata realizzata da un gruppo interdisciplinare di studiosi provenienti da diverse istituzioni, tra cui l’Università di Padova e di Parma, l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale e Arpav, una banca dati digitale del ghiacciaio della Marmolada. La funzione principale di questa realtà è raccogliere e organizzare una vasta gamma di dati «georeferenziati» riguardanti l’evoluzione del ghiacciaio nel tempo e nello spazio. Comprende tra le altre cose, mappe geologiche e geomorfologiche, serie temporali meteo-climatiche, dati glaciologici e geofisici. Questa piattaforma permette di osservare, passo dopo passo, il ritiro del ghiacciaio dalla Piccola età glaciale (che va dalla metà del Trecento alla metà dell’Ottocento) fino al tragico crollo del 3 luglio 2022, con l’obiettivo di fornire informazioni utili per la ricerca e la divulgazione.

L’aumento delle temperature e la tragedia del 2022

Il 3 luglio 2022 una parte del ghiacciaio della Marmolada è collassata provocando la morte di 11 persone. «Quello che è emerso da studi successivi al fatto nefasto – spiega Aldino Bondesan – è che la causa che ha determinato il distacco è stato l’aumento della temperatura che ha provocato un riscaldamento delle rocce esposte, non più protette dalla coltre glaciale. Ciò ha comportato una fusione del permafrost basale procurando lo scollamento alla base del ghiacciaio e, con il contributo della pendenza e del carico idraulico, si è generato questo tipo di distacco. Comprendere questi meccanismi è fondamentale per prevenire futuri crolli».

Ghiacciai, quale domani? Il sacrificio non sia vano

«I dati di questi ultimi anni sono drammatici: l’area glaciale continua a perdere superficie e volume con un record di 13 ettari solo nell’ultimo anno tra il 2022 e il 2023. Anche nel 2024, nonostante le abbondanti nevicate primaverili, il ghiacciaio oggi è completamente scoperto e sotto i cento ettari di superficie. Con una perdita media di otto, nove ettari all’anno, in una decina d’anni potrebbe scomparire». Mauro Varotto fa parte del dipartimento di Scienze storiche geografiche e dell’antichità dell’Università di Padova e si occupa delle rilevazioni del ghiacciaio della Marmolada. L’Università di Padova e l’Università di Brescia hanno organizzato l’iniziativa Climbing for climate. Quali sono le sue finalità? «Innanzitutto sensibilizzare l’opinione pubblica, attraverso una zona specifica, sul fatto che i ghiacciai sono delle sentinelle importanti di allarmi sul cambiamento climatico. Ovviamente il nostro obiettivo non sta nel salvare il ghiacciaio stesso ma nell’adottare le giuste contromisure per una malattia che è globale. È necessario un cambiamento che deve avvenire nel quotidiano, nelle vite di tutti noi».

Perché in particolare il ghiacciaio della Marmolada è considerato una sentinella di questo cambiamento?
«I ghiacciai sono i più fedeli termometri dell’aumento delle temperature. La Marmolada lo è in particolar modo: per la sua posizione ed estensione, costituisce una sorta di termometro naturale, cioè reagisce più rapidamente e meglio a quelli che sono i cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature medie globali è ovviamente un dato inconfutabile; i ghiacciai ci dicono che le temperature medie sulle Alpi sono molto più elevate rispetto alla media globale». Con l’iniziativa Climbing for climate è stato sottoscritto da diverse realtà il manifesto Un’altra Marmolada - Quando il ghiacciaio non ci sarà più. Qual è l’intento? «Ci siamo resi conto che in Marmolada si continua a portare avanti un modello di sviluppo che è stato sicuramente pioniere di un successo economico, basato sugli sci e sul turismo di massa, che ne ha fatto un simbolo. Oggi questo gruppo montuoso è chiamato a essere di nuovo un simbolo, ma con un modello diverso di fruizione. Il manifesto vuole orientare a questo cambiamento di prospettiva». Ci può essere speranza per la Marmolada? «Per il suo ghiacciaio no, ma la speranza passa dal trovare nuove forme di mitigazione e adattamento ai cambiamenti in atto e soprattutto per capire e imparare dagli errori del passato».

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