Un’età che è un valore. Essere una società che sa dare ascolto e valore ai propri anziani

Gli anziani sono sempre di più e sempre più carichi di anni ed è per questo che non possiamo permetterci di relegarli ai margini della società.

È necessario che l’azione pastorale della Chiesa stimoli tutti a scoprire e a valorizzare i compiti degli anziani nella comunità civile ed ecclesiale e in particolare nella famiglia.

Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 27, 22 novembre 1981

Un’età che è un valore. Essere una società che sa dare ascolto e valore ai propri anziani

“[…] la vecchiaia è un dono e i nonni sono l’anello di congiunzione tra le generazioni, per trasmettere ai giovani esperienza di vita e di fede. I nonni, tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di custodire le radici e di trasmettere. Per questo, ho deciso di istituire la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, che si terrà in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della ricorrenza dei Santi Gioacchino e Anna, i “nonni” di Gesù. È importante che i nonni incontrino i nipoti e che i nipoti si incontrino con i nonni […]”. Sono parole di papa Francesco all’Angelus di domenica 31 gennaio 2021 e sono parole che sarebbero piaciute molto a Giovanni Paolo II il quale ha sempre riconosciuto un ruolo molto importante agli anziani e ha saputo interpretare la sua stessa vecchiaia in modo eccezionale.

La pagina di Familiaris Consortio dedicata alla terza età è lucida e illuminante e invita a considerare gli anziani prima di tutto come una risorsa piuttosto che un peso. Il riferimento a quelle culture in cui il ruolo dell’anziano è ancora pienamente valorizzato aiuta a comprendere come il mondo occidentale su questo punto, nel suo evolversi, rischi continuamente di emarginare la popolazione anziana rendendola più sola e più indifesa. La stessa cultura contadina di non molti decenni fa legava fra loro le generazioni in modo più stretto e nonni e nipoti potevano godere di una convivenza che ora è sempre più rara. Le abitazioni monofamigliari, i ritmi e le distanze da coprire durante le giornate fra casa e lavoro, la tendenza ad affidare gli anziani ai servizi esterni alla famiglia – le Rsa in questo periodo così al centro dell’attenzione – è evidente che in questa tendenza c’è una deriva che non tiene conto della reale situazione che stiamo vivendo. Nessuna generazione come la nostra ha avuto una aspettativa di vita così elevata: gli anziani sono sempre di più e sempre più carichi di anni ed è per questo che non possiamo permetterci di relegarli ai margini della società.

La comunità cristiana è anche su questo fronte interpellata a suscitare un cambio di mentalità, a spronare anche le istituzioni perché la prospettiva sia quella di dare centralità agli anziani attingendo al loro bagaglio di vita, alla poliedricità delle loro esperienze. Bisogna aprire canali di dialogo in cui l’ascolto dei figli e dei nipoti sia un ascolto responsabilizzante. Da un anziano si può imparare un lavoro, da una nonna si può imparare a pregare, da chi è avanti negli anni si può assumere uno stile di vita, un comportamento virtuoso. E poi non basta che i più giovani possano sentire dei bei racconti, è necessario che interpellino i loro vecchi, che facciano domande sui perché delle loro azioni. È bene che si abbia il coraggio anche di raccontare le fatiche, le stanchezze, gli stessi errori, perché è da quelli che si può imparare; anche da una sconfitta si può trarre un esempio. Solo così le narrazioni saranno valoriali, metteranno in gioco lo spirito che ha animato i passi del passato, le ragioni della mente e del cuore, in una parola: la verità di una storia.

Abbiamo bisogno di questa comunicazione fra le generazioni perché si tratta di un patrimonio di insegnamenti che non si imparano sui banchi di scuola, ma passandosi il testimone fra grandi e piccoli. Una società che sa dare ascolto e valore ai propri anziani sarà anche una società che si preoccuperà di non lasciarli soli. Purtroppo il tempo di pandemia che stiamo vivendo non solo ha mietuto vittime soprattutto fra chi aveva superato una certa età, ma, anche per chi è scampato alla malattia, col suo carico di anni, si sono creati profondi vuoti, mancanza di calore umano, di assistenza, anche solo una presenza. C’è molto da investire e non lasciare inevasa ogni possibilità per creare legami, occasioni di vicinanza, anche di tempo “liberato” dagli impegni consueti, un tempo in cui la compagnia fra giovani, piccoli e anziani si faccia spazio davvero ricreativo e di edificazione reciproca.

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Fonte: Sir