Welfare umano. Bentivogli: “Serve un pensiero riformista e rivedere le priorità di spesa”

Così Marco Bentivogli, sindacalista e cofondatore di "Base Italia” intervenuto nei giorni scorsi al convegno “Welfare umano” organizzato dalla Comunità di Capodarco di Fermo. “Servono architetti del nuovo lavoro per riprogettare i suoi spazi e compiere il miracolo di tener insieme la dimensione dell’efficienza e quella della cura”

Welfare umano. Bentivogli: “Serve un pensiero riformista e rivedere le priorità di spesa”

“Per costruire un welfare più umano bisogna costruire un pensiero riformista specifico su questi temi e trasferire alla politica un po’ più di collegamento con la realtà e contemporaneamente un grande coraggio di ripensamento delle priorità di spesa”. È questo l’invito rivolto al mondo della politica da Marco Bentivogli, sindacalista e cofondatore di "Base Italia” intervenuto nei giorni scorsi al convegno “Welfare umano” organizzato dalla Comunità di Capodarco di Fermo. Un tema, quello del welfare, tornato alla ribalta in questi anni a causa della pandemia assieme al tema del lavoro che per Bentivogli oggi è il “crocevia” delle tre grandi transizioni: quella ambientale, quella digitale e anche demografica. E il lavoro sociale “non è esente da queste grandi transizioni”, ma può diventare un “lievito per tutto il resto del lavoro”. Oggi, ha spiegato Bentivogli, anche le aziende profit “si accorgono che è sempre più importante inserire la dimensione della cura nel lavoro. Se è vero che il lavoro che cresce è quello a maggior ingaggio cognitivo, la custodia della comunità, la sua crescita e la sua vitalità sono un elemento anche di profitto”.  Attenti però a non abusare di termini come coesione, resilienza e solidarietà, ha aggiunto Bentivogli, senza che queste parole abbiano ricadute reali sulle persone. “Se non ripartiamo da una dimensione di lavoro dignitoso, queste parole che dovrebbero essere cardini di una strategia diventano semplici evocazioni e auspici simbolici. Un paese cambia se su queste parole edifica lo stato, il vivere comune, non se sono solo evocazioni per buoni discorsi”. E il contesto che stiamo vivendo e che abbiamo vissuto negli ultimi anni è un buon banco di prova, ha sottolineato Bentivogli. “Alla fine del 2020 in questo paese avevamo messo in campo degli strumenti che solo 15 anni fa non avrebbero lasciato persone a terra: il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione gratuita per le imprese e un po’ di ristori per le attività - ha aggiunto -. Alla fine del 2020 le persone che non sono state assolutamente tutelate da questo argine arrivava ad un milione di persone. Dal punto di vista simbolico si è trattato di un argine gigantesco, ma nella realtà non ha frenato la perdita di lavoro a causa di tutto quello che è accaduto per la pandemia”.  Cosa dice questo dato? “Che la rete delle tutele sociali, dal punto di vista delle trasformazioni del lavoro, è sempre più fragile - ha spiegato Bentivogli -. Un problema molto grande perché si rischia di non comprendere come si stanno muovendo le cose e costruire delle reti con delle maglie talmente larghe che danno garanzie soltanto a chi le ha già. Una partita che pensavamo di non dover fare nella ricostruzione del welfare è innanzitutto l’emersione degli invisibili, che sono fuori dalla rappresentanza”.  Per questo oggi è “necessario riattivare un elemento di spinta rispetto alla politica”, ha aggiunto Bentivogli. “Facciamo una grande riflessione sul lavoro, sulla capacità di portare la cura nella dimensione del lavoro più in generale. Oggi c’è questo fenomeno nuovo che tutti negavano: le dimissioni volontarie. Troppo spesso anche in luoghi di lavoro dove la dimensione umana dovrebbe essere accolta e promossa, questa cosa manca e ci si sta accorgendo anche nelle aziende profit che accanto alla dimensione dell’efficienza bisogna mettere la dimensione della cura”. Per Bentivogli, oggi “servono architetti del nuovo lavoro per riprogettare i suoi spazi perché riescano a compiere il miracolo che tiene insieme la dimensione dell’efficienza e quella della cura. In molti casi di dimissioni volontarie, infatti, molti hanno lasciato lavori di buona qualità e ben retribuiti per lavori con retribuzioni inferiori ma dove la dimensione della cura, della crescita, dell’integrazione erano più sentiti come elementi vitali”.  Eppure, le politiche pensate finora in risposta alla pandemia non sembrano essere state sufficientemente attente a questo lato “umano”. “Il Pnrr è piuttosto deludente - ha affermato Bentivogli -: è 80 sulle cose, 20 sulle persone, quando in realtà le persone dovrebbero essere l’attenzione prevalente di qualsiasi intervento di politica pubblica. Le loro competenze, le dimensioni di cura. Man mano che si ritira questo terribile periodo di pandemia, si scopre una ferita aperta per il nostro paese e non abbiamo tutte queste forze per intercettare e accompagnare”. Secondo Bentivogli, è tempo di “riorganizzare la speranza”, ha aggiunto. “La solidarietà non deve far solo bene al cuore, ma fa bene anche al sistema economico - ha concluso -. Quando c’è coesione vera, quando c’è solidarietà, inclusione e integrazione, quando c’è una buona qualità di redistribuzione della ricchezza, quando c’è una rete che non lascia indietro troppo facilmente le persone è più forte anche l’economia ed è più forte anche il lavoro”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)