Quando pensiamo al mistero del Verbo fatto carne è del tutto naturale aprirci all’ascolto della sua parola, fino a cercare di comprendere il senso profondo dei suoi gesti che amplificano quello delle parole.
Questo certamente non solo è vero, ma rappresenta la sfida quotidiana di ogni discepolo chiamato ad ascoltare per poter poi mettere in pratica.
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Nella ricorrenza della Festa liturgica di sant’Antonio (13 giugno) rinnoviamo la nostra gratitudine a quanti sostengono la rivista Il Santo dei miracoli e le Opere di carità sorte nel suo nome, sollecitando a mantener vivo l’impegno.
Ero stato diverse volte a Lourdes. Molte cose mi avevano colpito: i tanti malati e i volontari che li assistevano, il clima di raccoglimento, il sentirsi in famiglia in mezzo a migliaia di pellegrini di molte nazionalità, la sapiente regia delle processioni e delle Messe, e altro ancora.
Quando per la prima volta sono giunto a Fatima mi aspettavo qualcosa di simile. La grande diversità di Fatima mi colse di sorpresa. Tutto più semplice, spontaneo, “popolare”. Persino l’immagine della Madonna, così piccina e così avvicinabile! E la “povera” Via Crucis tra i cespugli e i sassi affioranti, che pure dona momenti di preghiera molto intensa.
Uscendo per strada lo sguardo è catturato da mille messaggi, inattesi. Mentre i passi si muovono verso destinazioni già programmate, c’è un mondo più grande, non totalmente contenibile, che parla linguaggi che non tutti sanno udire, ancorché ascoltare.
Quante sono le cose, le parole, i riferimenti che possono essere raccolti e decodificati? Quando la ricchezza e la complessità degli accadimenti e delle relazioni, che incrociano i nostri passi quotidiani, divengono eloquenti?
Sono davvero colpita da un testo di William Shakespeare che ho letto su un giornale. L’anno scorso la British Library ha caricato sul sito “Discovering Literature: Shakespeare” la versione digitalizzata di oltre trecento documenti dedicati al grande drammaturgo inglese e tra questi anche un’opera teatrale, di cui esiste un’unica copia, intitolata “Sir Thomas More” dedicata a San Tommaso Moro, il martire che lottò per la verità e l’unità.
L’invidia si nasconde come un tarlo dentro quel mobile prezioso che è l’amore coniugale e dentro ogni relazione. È difficile accorgersene, se non per quella tristezza che tutto avvolge.
Il libro dei Numeri non è tra i più conosciuti dell’Antico Testamento, eppure ogni anno, il primo giorno dell’anno, la prima lettura è presa da questo libro! Anche quest’anno il primo brano della Bibbia che abbiamo ascoltato è Numeri 6,22-27.
Sono parole passate alla storia come “la benedizione di Aronne”; qualcuno le ricorda anche come “la benedizione di san Francesco”, perché il Santo di Assisi le aveva fatte proprie e usate per benedire i suoi fratelli.
Con grande sapienza l’anno liturgico ha dei tempi di maggiore intensità rispetto ad altri, come in un cammino dove a volte andiamo spediti, altre lenti, altre ancora con momenti di sosta.
Due milioni di italiani sono analfabeti totali, 13 milioni sono semianalfabeti (cioè sanno fare solo la firma, ma non capiscono ciò che leggono) e altri 13 milioni sono analfabeti di riporto (cioè hanno perso un uso fluido della scrittura e della lettura). In totale, quindi, 28 milioni di italiani su 52 milioni sono sotto la soglia della sufficienza dell’alfabetizzazione. È un dato allarmante, questo che emerge da una ricerca coordinata dal linguista Tullio De Mauro, docente emerito all’Università di Napoli, che ci dice anche che il 12 per cento della popolazione (quasi 6 milioni di persone) non ha un titolo di studio.
Povertà educativa e povertà materiale rappresentano un binomio che mette i minori a rischio di disagio sociale e mina la stabilità e il futuro dei Paesi. La voce di Malala, premio Nobel per la Pace.
In ebraico per indicare il verbo contemplare si usa un termine che vuol dire anche scovare: chi contempla non vede solamente, scova la realtà profonda delle cose, desidera andare oltre...
Sant’Antonio, attento osservatore della natura, prende l’esempio dal volo delle gru e lo applica alla vita dell’uomo invitandolo a “dare il cambio nella fatica”, perché senza riposo non si resiste a lungo.
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