La santità tra i pannolini
La santità passa attraverso tutto ciò che è specifico della vita familiare: le relazioni e la comunione, l’amore ricevuto e donato, la fecondità e l’educazione dei figli, la cura degli anziani...

Santità sembra parola di altri tempi, esperienza di qualche persona separata dal mondo che può permettersi di dedicarsi alla vita interiore o che incarna qualche carisma particolare.
Per tanti secoli santi sono diventati papi e vescovi, martiri e fondatori di Ordini, anche qualche laico e perfino qualche persona sposata. Come non ricordare Aquila e Priscilla, i coniugi Zelia e Luigi Martin, genitori di santa Teresina, i beati Beltrame Quattrocchi, solo per richiamare periodi diversi della storia della Chiesa.
Molti uomini e donne sposati sono diventati santi soprattutto perché, spesso dopo la morte del coniuge, hanno dedicato tutta la loro vita a Dio o al servizio degli ultimi.
C’è stato bisogno di altro per aprire le porte della loro canonizzazione e, andando a ritroso, scoprire che c’era una santità anche prima, quando vivevano la vocazione matrimoniale.
Ma non possiamo negare che secondo un certo immaginario la santità appaia difficilmente compatibile con la quotidianità confusa di una famiglia, le inevitabili tensioni legate alla relazione e all’educazione dei figli, i problemi economici e di lavoro e, non possiamo negarlo, anche con la vita sessuale propria dei coniugi.
Come dire che la santità è un lusso che pochi sposi possono permettersi e se ieri era difficile per tanti pregiudizi o per una certa visione un po’ angelica della santità, oggi lo sembra per altri motivi legati soprattutto alla complessità della vita.
Papa Francesco dedica l’ultimo capitolo di Amoris laetitia alla spiritualità coniugale e afferma:
«Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione nella vita ordinaria e di crescita mistica, un mezzo per l’unione intima con Dio» (AL 316).
Lo scorso anno il Papa è tornato sul tema della santità con l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate dove ha parlato dei santi “della porta accanto” (n. 7) non per abbassare l’asticella di una parola così importante, ma per allargare l’orizzonte. D’altra parte il Concilio Vaticano II l’aveva detto con forza: «Tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste» (LG 11).
In Gaudete et exsultate il Papa, citando il Catechismo, scrive: «La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita alla sua» (n. 21).
L’immagine è molto semplice: Gesù e la vita cristiana in noi possono rimanere piccoli perché non ce ne prendiamo cura oppure possono crescere in statura esattamente come noi cresciamo e diventiamo adulti. E questo vale anche per coloro che si sono sposati nel Signore e hanno ricevuto il dono dello Spirito per potersi amare da cristiani e quell’amore può crescere, affinarsi, diventare sempre più forte e intenso.
Anche per gli sposi dobbiamo ripetere con Paolo: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4,3). E ancora: «Comportatevi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto»; «Fatevi imitatori di Dio» (Ef 5,1).
Come non ricordare le parole di Paolo: «Voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei per renderla santa»? L’amore di due persone, la vita di una coppia è il luogo della reciproca santificazione. Sposarsi nel Signore è anche assumersi una responsabilità verso il proprio partner, quella di accompagnarlo e sostenerlo nel suo cammino di santità.
La santità è chiesta anche agli sposi non solo in quanto persone, ma in quanto coppia.
L’altro diventa la mia strada privilegiata per incontrare Dio. Questo a partire da un preciso fondamento: il sacramento del battesimo e quello del matrimonio. Sul primo si fonda l’appartenenza a Cristo e la chiamata del Signore; il matrimonio riprende quella chiamata e la specifica, le dà un colore particolare. La strada della vita cristiana diventa quella del matrimonio e della famiglia. Qual è l’elemento centrale che specifica questa strada? È l’amore coniugale.
Scrive il Papa nella Familiaris Consortio: «Per questo la famiglia riceve da Dio la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione all’amore di Dio per l’umanità e di Cristo per la Chiesa» (n.17). Tutto il resto viene dopo. Possiamo tradurre così: la coppia è chiamata a crescere nell’amore in modo che questo amore sia sempre più rivelazione e testimonianza dell’amore di Dio.
Ricordo sempre con simpatia il mio unico incontro con Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I.
Era ancora Patriarca di Venezia e venne per dare un saluto a un convegno dove partecipavo anch’io. Cominciò ricordando i vari santuari mariani presenti nel nostro Veneto e poi disse: «Mi piacerebbe che ci fosse anche il santuario della Madonna delle scope, delle scodelle, dei pannolini…».
Voleva dirci che la santità non passa solo attraverso gesti o esperienze straordinari, ma si realizza nella vita ordinaria.
La santità è un cammino che non si fonda sulla resistenza delle nostre gambe, ma sulla disponibilità a lasciarci prendere per mano da Gesù e seguirlo.
La santità è un dono possibile se noi vogliamo aprire le porte al Signore che bussa per entrare e condividere la vita di una famiglia. La santità passa attraverso ciò che è specifico della vita sponsale e familiare: le relazioni e la comunione, l’amore ricevuto e donato, la fecondità e l’educazione dei figli, la cura degli anziani, l’ospitalità e l’attenzione ai poveri, la preghiera e la liturgia domestica, la misericordia e il perdono, la grazia di ripartire sempre, il coraggio di essere fedeli nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.