Afghanistan. San Giorgio delle Pertiche è casa per una famiglia di profughi

La prima parola imparata? Grazie. Prima degli afghani, sono stati accolti giovani provenienti dall’Africa

Afghanistan. San Giorgio delle Pertiche è casa per una famiglia di profughi

L’appartamento del cappellano in una parrocchia in cui il cappellano non c’è più. I tragici fatti che in Afghanistan travolgono la vita delle persone. Come direbbe papa Francesco, tutto è connesso. E lo è a maggior ragione in questo villaggio globale, un mondo sempre più piccolo e interconnesso eppure piagato da steccati e fili spinati di ogni sorta.

Così nella parrocchia di San Giorgio delle Pertiche, dove già l’accoglienza era di casa, ha trovato dimora una famiglia afghana in pericolo sotto il redivivo regime dei talebani. Il padre, infatti, lavorava come tuttofare nel consolato italiano.

La coppia di sposi, 45 anni lui e 38 lei, e i quattro figli – una ragazza di 14 anni, un ragazzino di 12, un bambino di cinque e una piccolina di tre anni – sono arrivati in Italia in agosto, dopo essere stati due giorni in fila, accalcati all’aeroporto di Kabul, in attesa che i soldati dessero un’occhiata a quel badge, scritto in afghano e in inglese, nel quale una bandiera tricolore e l’attestato di servizio per lo Stato italiano offriva, nella massa di disperati, un barlume di fiducia per il futuro di questa famiglia. A San Giorgio delle Pertiche la famiglia è giunta invece a inizio settembre.

«Sono ancora un po’ disorientati – ammette il parroco di San Giorgio delle Pertiche, don Lorenzo Biasion – ma sono persone molto dignitose e cordiali. Il problema più importante adesso è la lingua, dato che non sanno bene nemmeno l’inglese. Ho visto però i bambini esercitarsi a scrivere il nome dei giorni della settimana. Pensando ai miei studi di thailandese, quand’ero lì in missione, ho riconosciuto la loro bravura e i loro sforzi. Eppure, c’è una parola che hanno già imparato bene e che ripetono spesso, e questa parola è grazie». Ora però l’intera comunità è coinvolta, a vario titolo, per il loro inserimento: «I bambini più piccoli entreranno nella scuola materna, e sicuramente saranno i primi a parlare la lingua. I più grandi inizieranno dei percorsi per la lingua italiana e poi troveranno spazio nelle scuole del comune. È già stato fatto un incontro con alcuni membri del consiglio pastorale, con la Caritas, il gruppo missionario, i catechisti, gli animatori, il consiglio per gli affari economici. Un giovane afghano già da anni a Padova li ha aiutati per le pratiche burocratiche, in più c’è l’aiuto della cooperativa che cura l’accoglienza».

Annuncio

Don Lorenzo Biasion è stato missionario ad gentes in Thailandia. Oggi sono le gentes del mondo a raggiungerlo nella sua parrocchia di San Giorgio delle Pertiche. «Anche questo è nuovo annuncio – spiega – il Vangelo che sembrava “standardizzato” diventa esperienza personale, comunitaria, dove si attinge sempre ai valori di Gesù: accoglienza, fraternità, uguaglianza. È una fase della vita della Chiesa molto bella».

Bella, e dignitosa: «In questa nuova accoglienza vedo tanta dignità. La famiglia di afghani ci ringrazia sempre, ma noi abbiamo solo messo a disposizione uno spazio che non era utilizzato. Mi sento di incoraggiare altre comunità a fare altrettanto: non è difficile, e la collaborazione con le cooperative sociali garantisce assistenza e inserimento alle famiglie, anche lavorativo. Abbiamo tanti spazi chiusi da mettere a frutto e tante occasioni per incontrare persone che con le loro storie possono metterci a contatto con la verità, senza che questa sia strumentalizzata da chissà quali visioni di parte».

La comunità

L’appartamento del cappellano, a San Giorgio delle Pertiche, era rimasto vuoto a lungo. Poi, qualche anno fa, il consiglio pastorale si è preso del tempo per discernere sul da farsi. «Ci abbiamo messo due anni – racconta il parroco, don Lorenzo Biasion – ma poi abbiamo deciso all’unanimità. Dopo aver riflettuto sulle esortazioni di papa Francesco e del vescovo Claudio sull’accoglienza, abbiamo scelto di dedicare questo appartamento all’accoglienza dei rifugiati». Il percorso, mediato da Caritas Padova, ha individuato la possibilità di un accordo con una cooperativa sociale: «In questo modo – spiega don Biasion – si figura un contratto di affitto con la cooperativa per l’appartamento, tutte le incombenze burocratiche vengono così affidate alla cooperativa, a cui spetta la gestione degli spazi e dell’accoglienza».

Per cinque anni la parrocchia ha accolto una serie di giovani provenienti da diversi Paesi africani che, riprende don Biasion, «non hanno mai creato problemi. Ogni mattina prendevano la bici e andavano a lavorare, e quando c’erano feste in parrocchia sono sempre venuti. Qualche volta hanno portato la loro testimonianza ai nostri giovani». L’esperienza si è chiusa ad aprile, dato che tutti ormai – grazie a posti di lavoro a tempo indeterminato e a permessi di soggiorno – erano in grado di camminare con le loro gambe. La parrocchia ha avuto giusto il tempo di ristrutturare l’appartamento prima che scoppiasse la crisi afghana: «Stavamo pensando a una nuova destinazione quando ci è stato proposto di dare una sistemazione serena a una famiglia. Abbiamo accettato subito, forti della nostra esperienza».

Un atto pienamente pastorale: «La missione della comunità cristiana consiste nel dare segni luminosi di speranza profetica. Certo, non possiamo risolvere tutti i problemi dell’Afghanistan, ma accogliere anche solo una famiglia ci fa riscoprire la fraternità universale, che supera le barriere di colore della pelle, di lingua e persino di religione».

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