Ai Golden Globe tra Covid e polemiche incoronati “Il potere del cane” e “West Side Story”. Nulla da fare per Sorrentino

Più che una celebrazione in grande stille, quest’anno la notte dei Golden Globe è stata ridotta a una mera divulgazione tra social e comunicati stampa. Nessuna diretta Tv, e tante polemiche legate soprattutto alla mancanza di attenzione ai temi dell’inclusione e della diversità. Il saldo finale della serata ha dato comunque molte conferme e qualche sorpresa

Ai Golden Globe tra Covid e polemiche incoronati “Il potere del cane” e “West Side Story”. Nulla da fare per Sorrentino

Un’edizione a porte chiuse e di respiro corto, che verrà ricordata non tanto per la tempesta da Covid-19 quanto per le polemiche divampate a Hollywood. Parliamo dei Golden Globe edizione 79, i prestigiosi riconoscimenti per cinema e serie Tv assegnati dalla stampa estera accreditata all’Hollywood Foreign Press Association. I Golden Globe, posizionati a inizio anno nuovo, sono da sempre l’apripista per le stagioni dei premi del settore, anticamera soprattutto degli Oscar. Più che una celebrazione in grande stille, quest’anno la notte dei Golden Globe è stata ridotta a una mera divulgazione tra social e comunicati stampa. Nessuna diretta Tv, e tante polemiche legate soprattutto alla mancanza di attenzione ai temi dell’inclusione e della diversità. Il saldo finale della serata ha dato comunque molte conferme e qualche sorpresa. Sul podio “Il potere del cane (“The Power of the Dog”, Netflix) dell’australiana Jane Campion, già Leone d’argento a Venezia78, e “West Side Story”, rilettura firmata Steven Spielberg del celebre musical anni ’60. Sul fronte Tv, “Succession” (Hbo) sbaraglia tutti.

Hollywood rilegge se stessa tra nostalgia e “sovversione”. Un dato chiaro dei Golden Globe 2022 è lo sguardo nostalgico di Hollywood verso il proprio passato. È quanto si comprende in primis dalla vittoria di Steven Spielberg nella categoria miglior commedia-musical con “West Side Story”, nuovo adattamento dopo la versione firmata da Robert Wise nel 1961. Il film si aggiudica anche le statuette per la miglior attrice Rachel Zegler, al suo debutto, e anche per la non protagonista Ariana DeBose. Miglior attore maschile, sempre per la categoria commedia, è Andrew Garfield per “Tick, Tick… Boom!” diretto dal geniale Lin-Manuel Miranda (autore inoltre delle musiche di “Encanto” della Disney). Anche qui, un meritato trionfo per un film che si gioca sulla rilettura del passato, trattandosi del biopic del compositore Jonathan Larson, autore del noto musical “Rent”.
Categoria dramma, con “Il potere del cane” la regista Jane Campion mette a segno delle vittorie di peso: miglior film, regia e attore non protagonista, Kodi Smit-McPhee. La vittoria indica anche qui un ritorno alle origini di Hollywood, ma in chiave “sovversiva”: la Campion, infatti, rilegge come regista donna il genere cult del western mettendone però a nudo il machismo tipico, la ruvidezza delle figure maschili, attraverso il ritratto noir di un cowboy solitario avvitato tra frustrazioni e rimpianti, incapace di accettare la propria omosessualità. Il protagonista del “Potere del cane” è Benedict Cumberbatch, davvero straordinario – la sua performance riesce a dare senso a un film, a dire il vero, non del tutto riuscito –, che non trova però consensi nei giurati; il Golden Globe per il miglior interprete va (e comunque meritatamente!) al veterano Will Smith per “Una famiglia vincente. King Richard”, intenso e coinvolgente ritratto di Richard Williams, papà-allenatore delle campionesse del tennis Venus e Serena.
Incoronata miglior attrice drammatica è ancora una volta Nicole Kidman – a contendersi con lei il riconoscimento erano le ugualmente poderose Jessica Chastain, Olivia Colman, Lady Gaga e Kristen Stewart – per “Being the Ricardos” diretto da Aaron Sorkin, biopic su Lucille Ball, una delle pioniere della commedia tra cinema e Tv anni 40’-’50. Di nuovo, uno sguardo tra le pieghe della Hollywood classica.

L’Italia fuori dal podio. Nonostante ci fossero buone possibilità, l’Italia purtroppo non ha conquistato alcun riconoscimento ai Golden Globe. A far sperare erano due registi: anzitutto Paolo Sorrentino con il suo splendido “È stata la mano di Dio” (Leone d’argento – Gran premio della giuria a Venezia78) in corsa per il miglior film internazionale, premio che però è stato tributato al giapponese “Drive my car” di Ryūsuke Hamaguchi (già miglior sceneggiatura al 74° Festival di Cannes).
In gara, poi, c’era anche Enrico Casarosa con il suo cartoon “Luca” (Disney) ambientato in Liguria, un riuscito omaggio al “Bel Paese” e alle sua tradizione-cultura. Il miglior film animato è invece “Encanto”, opera targata sempre Disney che mette a tema il valore della famiglia in un colorato racconto di cornice latinoamericana.
Dato per super favorito con sette candidature, “Belfast” di Kenneth Branagh conquista solo la sceneggiatura, firmata dallo stesso Branagh; la notte degli Oscar potrebbe però riportare in pista l’opera, un inteso sguardo in bianco e nero sulla comunità nordirlandese del 1969, tra tensioni sociali e religiose. Trionfa come miglior canzone (e per fortuna!) “No Time to Die” di Billie Eilish, che impreziosisce il capitolo finale della saga di James Bond – 007 con Daniel Craig. La miglior colonna sonora è quella di Hans Zimmer per il film “Dune” diretto da Denis Villeneuve, altro titolo forte passato abbastanza sottotraccia.

Serie Tv, vince “Succession” e la formidabile Kate Winslet. La cerimonia dei Golden Globe è un punto di riferimento anche per i premi legati alla televisione lineare e alle piattaforme, anticipando Bafta ed Emmy Awards. Grande trionfatore dell’edizione 2022 si conferma la terza stagione di “Succession” targata Hbo, che ottiene il titolo di miglior serie drammatica, come pure attore protagonista Jeremy Strong e attrice non protagonista Sarah Snook (nella serie sono i fratelli “coltelli” Kenadall e Shiv Roy). Il feroce dramma shakespeariano su una faida familiare nel cuore dell’America upper class ideato da Jesse Armstrong sbaraglia facilmente gli avversari a cominciare da “Squid Game” (Netflix) e “The Morning Show 2” (AppleTv+).
Per la categoria miserie, lascia sinceramente non poco perplessi la scelta di premiare “La ferrovia sotterranea” (“The Underground Railroad”, Prime video), davanti alla pluripremiata “Omicidio a Easttown” (“Mare of Easttown”, Hbo). Il riconoscimento sembra una mossa nel segno del politicamente corretto per placare le tensioni con la comunità afroamericana e la frattura legata alle discriminazioni razziali. “Omicidio a Easttown” trova però il suo riscatto con il premio alla miglior attrice per Kate Winslet (diversamente, sarebbe stato da rivoluzione!). La Winslet cesella, come al solito, un ruolo di rara intensità e bravura.
Ancora, miglior attrice per serie drammatica è Michaela Jaé Rodriguez in “Pose” (Netflix). Infine, nella categoria commedia vince la serie “Hacks” come pure l’attore comico Jason Sudeikis per “Ted Lasso 2” (AppleTv+). Attore non protagonista è O Yeong-su per “Squid Game” (è l’anziano Oh Il-nam, noto con il numero “001”).

Golden Globe, la sfida per la salvezza è aperta. Assegnati dal 1944 per il cinema, e dalla metà degli anni ’50 per la Tv, i Golden Globe si trovano in un momento di grande crisi, chiamati a ripensare i propri criteri e la composizione degli associati ritenuti entrambi poco inclusivi. Un vero e proprio terremoto a Hollywood, dove star di primo piano e potenti agenzie hanno protestato sonoramente, riconsegnando in alcuni casi al mittente anche le statuette vinte in passato. Se un cambiamento dunque è atteso, pena il tracollo di una storica istituzione per il settore, c’è da dire però che servirebbe anche una riflessione più ampia e articolata davanti a questa febbre da “politicamente corretto”, che sta piano piano minando, se non anestetizzando, la libertà creativa tutta. Di questo passo non avrà più senso l’espressione “che vinca il migliore”, ma si dovrà ogni volta fare i conti, per non turbare nessuno, con una spartizione dei premi per quote e non per merito. E questo indica un riscatto in termini di “libertà” o “inclusione”? Non credo.

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Fonte: Sir