Aliou, dal Senegal a Bologna con la passione del pallone

Dopo tre mesi di stop Aliou Balde, 20 anni, ha ripreso gli allenamenti della squadra di Sport Hub, progetto nato per promuovere l’inclusione dei migranti attraverso il calcio. “Sono venuto in Italia per studiare: oggi lavoro come cuoco e studio per la patente. Il mio sogno? Diventare calciatore e giocare nell’Inter”

Aliou, dal Senegal a Bologna con la passione del pallone

“Il calcio è sempre stata la mia passione: ho iniziato a tifare per l’Inter quando ero ancora in Senegal, il mio mito era Samuel Eto'o. Sognavo di venire in Italia e diventare anche io un calciatore”. Aliou Balde, 20 anni, si accende quando parla di pallone. È il centrocampista centrale della squadra di Sport Hub, il progetto nato a Bologna per promuovere l’inclusione dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo, attraverso lo sport e l’attività fisica. Durante la quarantena gli allenamenti sono stati interrotti e Aliou è tornato in campo insieme ai suoi compagni solo l’8 giugno, quando la squadra ha ripreso le attività. 

“In Senegal abitavo nella campagna vicino a Kolda, una piccola città nella regione della Casamance – racconta Aliou –. La scuola distava 10 km da casa e non avevo neanche una bicicletta per arrivarci. I miei genitori sono contadini, coltivano arachidi, riso e patate: è un lavoro duro, non abbiamo nessun macchinario e facciamo tutto a mano. Io volevo una vita diversa, così sono partito”. Per arrivare in Italia Aliou ha viaggiato più di un anno. Ha attraversato il Mali, il Niger e il deserto, per poi salpare dalla Libia e sbarcare finalmente a Lampedusa la sera del 20 marzo del 2017. “Era un lunedì, me lo ricordo”, dice ridendo.

Aliou oggi vive con altri cinque ragazzi in un appartamento gestito dalla cooperativa sociale Cidas, all’interno del progetto Siproimi (ex Sprar). Il primo anno è andato a scuola per prendere la licenza media, poi ha iniziato le superiori, ma ha dovuto smettere di studiare e si è messo a lavorare per riuscire a rinnovare il permesso di soggiorno. “Ho fatto un corso alberghiero e adesso ho un contratto di apprendistato come cuoco – continua – Faccio la sfoglia per le tagliatelle e i tortellini senza glutine, per i celiaci. E poi sto studiando per prendere la patente”.

Ma la sua vera passione resta il calcio: già in Senegal aveva una squadra e partecipava al torneo regionale giovanile, e ora da due anni fa parte della squadra di Sport Hub. “Ci alleniamo due volte alla settimana, più la partita – racconta –. Il calcio mi ha permesso di farmi nuovi amici: ad esempio, quando abbiamo giocato contro la squadra di Castel San Pietro ho incontrato Douda, con cui parliamo lo stesso dialetto. Abbiamo legato subito. Per colpa del Covid però non ho giocato per tre mesi: per mantenermi allenato saltavo la corda o correvo intorno al palazzo. Mi sono mancati molto i miei compagni”. 

L’8 giugno poi sono ripresi gli allenamenti, non senza difficoltà. “Non è stato facile ripartire: ogni volta dobbiamo fare il tracciamento delle presenze, disinfettare i palloni e tutti i materiali, e non possiamo utilizzare gli spogliatoi – spiega Roberto Terra, responsabile del progetto Sport Hub e allenatore della squadra –. Ancora non ci può essere contatto fisico, quindi niente partitelle: ne approfittiamo per fare esercizi di tecnica e di potenziamento, come la corsa intorno al campo”.

Il progetto Sport Hub è cominciato nell’autunno del 2018 e oggi coinvolge 43 ragazzi, di cui 22 fanno parte della squadra di calcio: tra loro ci sono tre italiani, mentre gli altri vengono dal Senegal, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Somalia, Ghana, Guinea Conakry e Kosovo. “L’idea è proprio quella di creare uno spazio di conoscenza e scambio tra culture diverse, attraverso lo sport”, spiega Terra. Durante l’anno la squadra partecipa al torneo Uisp di calcio a 7, oltre a tornei come i Mondiali antirazzisti e la Welcome Cup regionale. Oltre al calcio, i ragazzi hanno la possibilità di sperimentarsi anche in altre discipline: il rugby, la box, il basket, il judo, la pallavolo e la palestra. A seconda del loro interesse, vengono indirizzati verso squadre o palestre convenzionate.

Lo sport è un mezzo per incontrare nuove persone e stringere legami, ma anche per conoscere meglio la città e imparare a gestire eventuali conflitti – conclude Terra, che è anche responsabile delle politiche di intercultura Uisp regionale – . Mentre giocano, i ragazzi sono costretti a parlare italiano, per confrontarsi con l’arbitro e con l’allenatore ma anche tra di loro, perché c’è chi parla inglese e chi il francese: così migliorano anche la lingua. Oggi abbiamo ripreso ad allenarci con intensità: piano piano arrivano i primi risultati, anche se ancora possiamo migliorare tanto. La squadra è molto unita e non ci perdiamo d’animo neanche quando perdiamo, e questa è la vittoria più grande”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)