Anche sulla rete vale più il video di tante parole

Spezzoni di interventi televisivi o comizi, dirette per dialogare con i proprio followers, o filmati per dimostrare di essere tra la gente, presenti nei territori. La comunicazione politica pre e post voto ha avuto un denominatore comune tra i vari candidati: l'utilizzo dei video social. Dai numeri inarrivabili di Salvini a un format innovativo ideato da Renzi.

Anche sulla rete vale più il video di tante parole

Un video per ribadire il suo impegno nel “difendere” i confini italiani, in contrasto con chi crede nei porti aperti.
Il 22 agosto Matteo Salvini è tornato con una lunga diretta Facebook di oltre 21 minuti, un’arringa con smartphone in mano, dialogando con i suoi sostenitori, dispensando parole di sostegno ai genovesi dopo il crollo del Ponte Morandi e ribadendo la sua posizione sulla nave Diciotti attraccata al porto di Catania.
Poi, un intermezzo familiare, un imprevisto ma che tanto piace ai suoi “seguaci”: all’improvviso arriva la figlia, una coccola prima di lasciarla andare a vedere i cartoni animati. Così Salvini, ai loro occhi, mostra di non essere cambiato dopo la nomina di ministro dell’Interno, di restare in contatto con la gente e di essere ancora un buon papà.

La comunicazione politica ai tempi dei social network vive anche di questo e viene premiata se ci si espone attraverso i video, vero piedistallo anche durante l’ultima campagna elettorale
I maggiori leader, infatti, hanno fatto un ampio utilizzo di questo formato sulle proprie pagine personali: come riporta l’agenzia di comunicazione Quorum, nella sola giornata del 2 marzo – ultimo giorno di propaganda prima del silenzio – Matteo Salvini ha pubblicato 14 video per oltre tre ore in totale.

Se scorriamo la cronologia è inarrivabile. Il leader della Lega con 321 filmati nei due mesi precedenti fa il vuoto alle sue spalle: nulla a che vedere con i 52 filmati condivisi da Matteo Renzi, i 66 di Silvio Berlusconi e i 196 di Luigi Di Maio.

Numeri distanti tra loro che seguono strade strategiche differenti, tra un Salvini più a ruota libera e un Renzi più istituzionale e impostato, come nella diretta di 20 minuti dove prova a smontare la storia sull’Air Force, l’aereo di Stato, lanciata dal Movimento 5 Stelle a sua volta con un video che ha raggiunto i 10 milioni di visualizzazioni. Ma come valutare l’efficacia?

«La comunicazione è un abito cucito su misura nei confronti del candidato – spiega Giovanni Diamanti, socio cofondatore di Quorum – e di conseguenza non c’è un modo corretto o un modo sbagliato. Se Renzi si affidasse alla strategia comunicativa di Salvini non avrebbe la stessa efficacia e viceversa. Io tendenzialmente, però, non sopravvaluto il ruolo dei social media perché gli italiani si formano ancora maggiormente tramite la televisione e altri strumenti, per cui il consenso online non si traduce automaticamente in voti. Certo la rete chiede una comunicazione particolare e un linguaggio coerente con il profilo e i valori che esprime il candidato. Salvini è coerente ed è efficace, Renzi è in parte coerente con la sua figura, ma la sua figura è un problema oggi».

È il potere persuasivo del video. Significa essere presenti, essere sul pezzo.
Sono sempre di più nelle homepage, bastano tre secondi di filmato per essere conteggiati nei numeri delle visualizzazioni a differenza dei 30 secondi di YouTube, esistono i video a 360 gradi, le dirette, le “stories”e l’impostazione dell’autoplay che fa ripartire la clip appena termina.
Tutti fattori che hanno contribuito al successo di questo formato, a cui si aggiunge la dipendenza di un popolo che ha ormai nel cellulare un prolungamento artificiale delle braccia. Secondo un report di Facebook, gli utenti preferiscono guardare i video ben cinque volte di più rispetto a contenuti statici e ai piani alti dell’azienda l’hanno capito. Più di YouTube, altro social nato per il caricamento e la diffusione di filmati: video brevi, non più lunghi di dieci minuti, e spalmati nel corso della settimana.

A una condizione: bisogna saper differenziare la comunicazione
«I social premiano chi sa variare molto la tipologia di contenuti che si utilizzano, quindi il testo, il video, le foto – prosegue Giovanni Diamanti – Facebook preme di più per i linguaggi diretti, premia l’interazione con i proprio utenti anche se per rispondere ai commenti bisogna avere grande costanza. Bisogna essere in sintonia. E per questo si richiede un modo di organizzarsi diversamente, con gruppi chiusi in modo da strutturare la propria base e riuscire ad avere una comunità tale da supportare un candidato o un partito. Aiuta molto, ma hanno un grande limite: quando sono troppo radicalizzati rischiamo di sfociare nello squadrismo online».

Spezzoni televisivi o di comizi, video messaggi creati appositamente o anche dei format interessanti, come “Matteo risponde” pensato dall’ex presidente del Consiglio per dare voce alle domanda dell’elettorato online.
Appuntamenti fissi per dare continuità o per dimostrare un forte attaccamento al territorio come “Il rally per l’Italia”, i ventimila chilometri fatti da Luigi Di Maio e dal suo entourage in giro per l’Italia, accompagnati da dirette web.
L’apice, per il Movimento 5 Stelle rimane, però, la presentazione della squadra dei ministri, una trasmissione live seguita da oltre un milione e mezzo di utenti.

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