Assegno unico per i figli. “Non lasci indietro nessuno”

Dopo lo slittamento della misura a regime al 2022, ancora poco chiare le intenzioni del governo sull’assegno unico e sui provvedimenti che riguarderanno il 2021. Il commento di Massimo Baldini, docente di Scienza delle Finanze all’università di Modena e Reggio Emilia: “Con 6 miliardi in più sarebbe sbagliato avere una riforma in cui qualcuno perde”

Assegno unico per i figli. “Non lasci indietro nessuno”

Meglio un assegno unico fatto bene e semplice - anche se può richiedere un po’ più di tempo per andare a regime - di uno strumento che lasci indietro qualcuno. E le risorse per dare di più a tutti ci sono, così come la possibilità di recuperarne altre. Per Massimo Baldini, docente di Scienza delle Finanze all’università di Modena e Reggio Emilia, con lo slittamento al 1° gennaio 2022 dell’assegno unico per i figli c’è più margine di intervento per mettere a punto la misura, tuttavia non mancano le incognite. “Dopo l’approvazione della legge delega non mi pare che dal governo siano arrivate indicazioni su come la misura possa essere disegnata - ha detto Baldini a Redattore Sociale -. Attualmente, per quanto riguarda la misura a regime, abbiamo solo i principi della delega, mentre per quanto riguarda la misura transitoria (cioè quella che partirebbe dal 1 luglio, ndr) non si sa proprio niente. È tutto da vedere”.  Il punto di partenza sono i principi stabiliti dalla legge delega. Le uniche notizie certe al momento. Un assegno per tutti i figli fino ai 18 anni, poi dai 19 ai 21 compresi per chi è impegnato in percorsi di formazione o in attività lavorative limitate. “I margini di manovra e di scelta del governo sono molto ampi - spiega Baldini -, ma bisogna cercare di ridurre al minimo il numero dei perdenti: la misura dovrebbe riflettere in qualche modo quello che c’è adesso”. Ed è proprio questo il nodo a cui si intrecciano le principali preoccupazioni di famiglie e associazioni. “È difficilissimo sostituire sei o sette misure con una sola sperando di non scontentare nessuno - aggiunge Baldini -, soprattutto se la riforma viene realizzata in poco tempo. I trasferimenti attuali sono frutto di decenni di sovrapposizioni e di trattamenti di casi specifici. Bisogna intervenire di fino, guardando i casi singoli”. Per Baldini, occorre procedere in modo graduale. “Non ce lo ordina nessuno di rivoluzionare tutto e introdurre il nuovo strumento dal 1 gennaio 2022. Si può fare per passi. Il primo anno si potrebbe estendere l’assegno al nucleo famigliare a tutti e vedere cosa succede. Sono fiducioso che si possa fare la riforma senza far perdere nessuno. Visto che ci sono 6 miliardi in più sarebbe proprio sbagliato avere una riforma in cui qualcuno perde, nonostante l’aumento della spesa totale”.  Tutte le ipotesi e le stime sui cosiddetti “perdenti”, ovvero quelli che non sarebbero agevolati dalla nuova misura e che avrebbero addirittura un contributo ridotto rispetto ad oggi, tuttavia sono da prendere con le pinze. In realtà, spiega Baldini, “non sappiamo cosa il governo abbia intenzione di fare e stiamo ragionando su schemi molto generici”. Quel che è certo è che le risorse non mancano. “Se tutto va bene ci sono circa 21 miliardi, di cui 14-15 provenienti dall’abolizione delle misure esistenti e altre nuove, ma ci possono essere altri modi per trovare risorse - spiega Baldini -. Una potrebbe essere l’introduzione del contributo a carico degli autonomi, così come avviene per i dipendenti. Se viene esteso anche a loro è giusto che contribuiscano e da qui si potrebbe ricavare un miliardo o anche di più. Poi c’è l’interazione tra il nuovo assegno e il reddito di cittadinanza”. Anche in questo caso, però, le incognite sono tante. Se si scegliessero le modalità adottate in Germania o in Svezia, dove il corrispettivo del nostro Reddito di cittadinanza tiene conto anche di altri trasferimenti monetari, le risorse recuperate potrebbero essere significative, spiega Baldini. Tuttavia, questa soluzione “può essere accettabile solo se pensiamo che le famiglie numerose ricevano una cifra adeguata in termini di Rdc - aggiunge -. Molti, infatti, dicono che tale cifra è bassa per via della scala di equivalenza molto piatta. Per cui la strada praticabile potrebbe essere quella intermedia, dove la famiglia che riceve l’assegno perde solo un pezzettino del reddito di cittadinanza, quello attribuibile al singolo figlio. Certo, si parla di famiglie povere, ma ci deve essere una compatibilità col funzionamento del mercato del lavoro, con i livelli salariali esistenti, soprattutto nelle zone più povere del paese. Se si facesse così qualche centinaio di milioni si troverebbero da usare per aumentare l’assegno unico”. Intanto, il mese di luglio è sempre più vicino e sulle intenzioni del governo per gli ultimi sei mesi dell’anno non ci sono ancora certezze. “Servirebbe semplicità perché le famiglie italiane sono stremate dai vari bonus - spiega Baldini -. Probabilmente si farà un nuovo bonus temporaneo. Se si dovesse fare, speriamo che sia almeno un’anticipazione del nuovo istituto. La soluzione che più semplicemente viene in mente è un trasferimento uniforme per tutti i figli, fatto anche senza la prova dei mezzi, che sarebbe l’anticipazione dell’universalità della misura. L’alternativa potrebbe essere quella di dare qualcosa a chi non riceve l’assegno, come gli autonomi”. Nel frattempo, però, cresce l’attesa per l’assegno unico. “Non c’è niente di male impiegano un paio di anni per farlo - conclude Baldini -, purché sia fatto bene e con semplicità”.(ga)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)