Beni confiscati. Comuni italiani “rimandati” sulla trasparenza dei dati

Presentato da Libera il primo rapporto sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali. Su oltre mille comuni monitorati, ben il 62% risulta inadempiente rispetto a quanto previsto per legge. “Servono dati pubblici e di qualità perché permettono di prenderci cura di un bene comune”

Beni confiscati. Comuni italiani “rimandati” sulla trasparenza dei dati

Comuni italiani “rimandati” sul livello di trasparenza sulla confisca dei beni alla mafia: su oltre mille comuni monitorati, destinatari di beni immobili confiscati, ben 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet e questo vuol dire che il 62% dei comuni è totalmente inadempiente. A presentare le pagelle è il primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali dal titolo “Rimandati” realizzato da Libera in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Il rapporto è il  primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione dell’anniversario dei venticinque anni dall’approvazione della Legge 109/96.
Il monitoraggio ha avuto inizio nel mese di maggio 2020 e si è chiuso a fine ottobre dello stesso anno e ha permesso di stilare una classifica delle realtà più o meno virtuose. Su 1.076 comuni monitorati ben 670 comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 62% del totale. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati.
A livello regionale tra le più “virtuose” coloro che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano elenco registriamo la Basilicata con il 67% dei comuni che pubblicano elenco, Marche con il 60%, Emilia Romagna e Liguria con il 50% dei comuni e Lazio che con il 49% si avvicina di molto. Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo Umbria dove solo il 14% dei comuni pubblicano elenco, Trentino Alto Adige (25%), Abruzzo (26%), Sardegna(27%) Toscana e Veneto (31%), Lombardia (32%) Campania (34%)”.

La ricerca ha inoltre evidenziato in maniera piuttosto evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. Solo il 14% dei comuni (56 in totale) presenta formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l'unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza. Ben 97 comuni, pari al 24% del totale presenta un Pdf immagine (frutto cioè di semplici scansioni) o totalmente chiuso che sono totalmente inservibile nella logica ricercabili open data.
Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 35% dei comuni non specifica tra destinazione istituzionale o sociale, il 17% non specifica ubicazione.
Inoltre il 46% dei comuni non presenta informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato. “Il report – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera - analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità di “buon governo” del territorio”.
Per Davide Pati, il rapporto “è un forte richiamo alla necessità di dare priorità all’azione culturale della trasparenza: chiediamo, infatti, che i beni confiscati diventino sempre di più strumenti di partecipazione democratica e di coesione territoriale. Le esperienze di informazione, formazione ed accompagnamento territoriale hanno reso evidente l'importanza di attivare percorsi di progettazione partecipata e di monitoraggio civico, attraverso il coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali”.
Agli enti locali, la richiesta da parte di Libera di “dati pubblici e di qualità perché siamo convinti che essi ci permettano di prenderci cura di un bene comune oltre la logica del mero accesso civico, in un clima positivo e costruttivo di cooperazione con le amministrazioni - spiega Libera in un comunicato -. Conosciamo bene del resto la complessità della materia e le difficoltà che gli enti locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza”.
Due le proposte di Libera per migliorare i livelli di trasparenza sui beni confiscati. “Proponiamo all'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata un documento di indirizzo da inviare a tutti gli enti destinatari di beni confiscati con un vademecum dettagliato sulle modalità di pubblicazione e sui contenuti degli elenchi da pubblicare, anche fornendo un modello comune in grado di uniformare sul piano nazionale la pubblicazione - spiega Libera -. Proponiamo inoltre che l’attuazione dei principi della trasparenza diventi pratica condivisa non solo per le amministrazioni comunali, ma anche e soprattutto per tutte le amministrazioni pubbliche che, a vario titolo, si intrecciano con la storia del bene”. Per Libera occorre garantire quindi un “maggiore coordinamento e scambio lungo tutta la filiera istituzionale del bene confiscato, che consenta poi una risoluzione veloce delle criticità e una trasparenza del dato”, mentre auspica che “le Politiche di coesione e i fondi ad esse correlati possano diventare sempre di più uno strumento di emancipazione e di sviluppo per le comunità”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)