Carcere, coronavirus e non solo. Bortolato: “Il virus ha scoperchiato una pentola già in ebollizione"

Il presidente del tribunale di Sorveglianza di Firenze sulle rivolte che stanno infiammando i penitenziari italiani: “Sono momenti drammatici, la questione carceraria sta esplodendo. Necessari provvedimenti straordinari”

Carcere, coronavirus e non solo. Bortolato: “Il virus ha scoperchiato una pentola già in ebollizione"

FIRENZE - “Sono momenti drammatici, la questione carceraria sta esplodendo. Alle rivolte non si dovrebbe mai arrivare, quando ci si arriva vuol dire che la situazione è già quasi fuori controllo. Ovviamente sono atti da condannare fermamente perché tra l’altro che cosa si ottiene? La distruzione di tutto e basta. Come è stato nel carcere di Modena”.

Marcello Bortolato, presidente del tribunale di Sorveglianza di Firenze, commenta per Redattore Sociale la situazione estremamente complessa che stanno vivendo in queste ore molti istituti di pena italiani. Il magistrato è nel suo ufficio “ma non so ancora se riuscirò a stare qui perché provengo da Venezia e c’è un’ordinanza della Regione Toscana che mi imporrebbe di stare in isolamento volontario per 14 giorni, anche se  svolgo un servizio essenziale e sono autorizzato, in base al decreto del presidente del Consiglio dei ministri, a esercitare le mie funzioni anche fuori dalle zone rosse”.
Mentre parliamo via whatsapp, nel suo distretto è in corso una delle tante rivolte che stanno infiammando i penitenziari, quella nel carcere di Prato.

Presidente cosa sta succedendo agli istituti di tutto il Paese?
“Il virus ha scoperchiato una pentola che era già in ebollizione. Perché il carcere era già a un punto di saturazione, anche in seguito al fallimento della riforma penitenziaria, con un disagio crescente. La paura del contagio e la sospensione seppure temporanea del regime trattamentale ordinario per tutti i detenuti, permessi premio e colloqui visivi, ha fatto da detonatore”.

Cosa si può fare nell’immediato per arginare la situazione e scongiurare problemi maggiori?
“Una situazione di tale emergenza impone l’adozione di provvedimenti straordinari anche in materia di esecuzione penale”.

Da più parti si chiede un’amnistia…
“No, una amnistia o un indulto sono impensabili anche perché non ci sarebbero i tempi tecnici per attuarli durante il periodo di emergenza del virus. Però si potrebbe adottare un provvedimento straordinario e temporaneo, limitato all’emergenza, con cui, per esempio, concedere una detenzione domiciliare a tutti i detenuti che abbiano un alloggio la cui idoneità dovrebbe essere accertata per le vie brevi da parte delle forze dell’ordine: vuol dire che semplicemente si accerta se il domicilio è effettivo e idoneo, senza valutazioni di merito sulla pericolosità. Quindi una detenzione domiciliare data per legge e d’ufficio, ovviamente dalla magistratura di sorveglianza, in deroga ai limiti e preclusioni ordinarie, a tutti coloro che abbiano un residuo di pena inferiore a due o tre anni, naturalmente escludendo i reati più gravi, quelli previsti ad es. dal primo comma dell’articolo 4 bis, e che abbia una durata temporanea di tipo sei mesi. Ecco, un provvedimento del genere potrebbe allentare la tensione carceraria perché avrebbe un effetto immediatamente deflativo, obbligando un certo numero di persone a stare a casa loro, a dormire nel proprio letto. Una soluzione che anche dal punto di vista sanitario in questo momento è la cosa più indicata: è indicata per tutti i cittadini liberi, tanto più per i detenuti”.

Oppure?
“Un’altra soluzione che potrebbe essere utilizzata riguarda l’introduzione di un’ipotesi speciale di differimento della pena: quindi agire sull’articolo 147 del codice penale dove si prevede la sospensione della pena e prevedere un’ipotesi straordinaria e collegata all’emergenza sanitaria di differimento della pena o di sospensione dell’esecuzione della pena carceraria in corso, sempre nelle forme della detenzione domiciliare. Semplicemente si tratta di sospendere l’esecuzione della pena, mandare a casa il detenuto che ha un domicilio, ovviamente idoneo, per il tempo strettamente necessario al superamento dell’emergenza. Dopodiché il detenuto rientra in carcere”.

“Io credo – conclude il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze - che però dal punto di vista politico sia importante tenere presente che il carcere è uno degli incubatori principali di disagio e di accrescimento del malessere anche sanitario. Un’emergenza sanitaria come quella che sta vivendo l’Italia, come si è visto, sta provocando conseguenze devastanti sotto il profilo carcerario ma il problema va risolto alla radice, ripensando l’intero sistema esecutivo perché ci sono troppi detenuti in spazi ristretti. In queste ore è urgente intanto allentare la tensione, servono molto sangue freddo e senso di responsabilità. Prima si devono sedare e reprimere le rivolte, ma poi occorre fare una grande opera di mediazione e di informazione sui detenuti spiegando loro che la sospensione del trattamento è solo temporanea, fatta anche nel loro interesse perché se i colloqui sono svolti via Skype o per telefono si evitano contatti e quindi contagi. Che si tratta comunque di una sospensione a tempo, dopodiché il regime ordinario riprenderà vigore. Spiegando anche che la magistratura di Sorveglianza farà il suo dovere e cercherà di dar corso a tutte le richieste con il massimo impegno. E’ un sacrificio che in queste settimane viene richiesto a tutti. Può e deve essere richiesto anche ai detenuti”.

Teresa Valiani

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)