Carceri, Cartabia: mai più casi di violenza, il Covid un detonatore

La ministra in Aula al Senato, nella sua relazione sull'amministrazione della giustizia. "Alcune strutture indegne, Sollicciano indecorosa". Il primo problema è il sovraffollamento (114%), "condizione esasperante"

Carceri, Cartabia: mai più casi di violenza, il Covid un detonatore

"Quanto al carcere la pandemia ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo. Questi anni sono stati durissimi. Le tensioni, le paure, le incertezze, l'isolamento che tutti abbiamo sperimentato erano e sono amplificati dentro le mura del carcere. Per tutti: per chi lavora in carcere e per chi in carcere sconta la sua pena.". Lo dice la ministra Marta Cartabia, in Aula al Senato, nella sua relazione sull'amministrazione della giustizia.

"Se vogliamo farci carico fino in fondo dei mali del carcere - osserva la guardasigilli - in primo luogo perché non si ripetano mai più episodi di violenza, ma più ampiamente perché la pena possa davvero conseguire la sua finalità, come prevista dalla Costituzione, occorre concepire e realizzare una strategia che operi su più livelli: gli improcrastinabili investimenti sulle strutture penitenziarie, un'accelerazione delle assunzioni del personale, una più ricca offerta formativa per il personale in servizio e la diffusione dell'uso delle tecnologie, tanto per le esigenze della sicurezza, quanto per quelle del 'trattamento' dei detenuti".

“Alcune strutture indegne, Sollicciano indecorosa”

Roma - "Occorre fare molto anche per le strutture edilizie. Alcune non sono degne del nostro Paese e della nostra storia". Lo dice la ministra Marta Cartabia, citando un caso in particolare. "Venerdì scorso - racconta - sono stata al carcere di Sollicciano a Firenze e ho potuto vedere di persona le condizioni indecorose di questo, come di altri istituti, nonostante la manutenzione straordinaria in atto. Indecoroso e avvilente per tutti. E non a caso, sono tantissimi gli episodi di autolesionismo, mentre questo 2022 registra già drammaticamente cinque suicidi. Vivere in un ambiente degradato di sicuro non aiuta i detenuti nel delicato percorso di risocializzazione e di certo rende più gravoso il già impegnativo lavoro di chi ogni mattina varca i cancelli del carcere per svolgere il suo lavoro".

La guardasigilli continua: "Il tema degli spazi richiede anzitutto interventi finalizzati a garantire le essenziali condizioni di decoro e igiene, ma implica anche un ripensamento dei luoghi, in modo che essi non siano solo 'contenitori stipati di uomini', ma ambienti densi di proposte. Attività, cultura, e soprattutto lavoro. Solo così si assolve appieno al valore costituzionale della pena, che non può essere un tempo solo di attesa (del fine pena), ma di ricostruzione. E in questa prospettiva - mi piace ricordare - si sono mossi i lavori della Commissione sull'architettura penitenziaria che al mio arrivo al Ministero stava terminando il suo compito, con fecondi suggerimenti. In quest'ottica, nell'ambito dei fondi complementari al PNRR, è stata prevista la realizzazione di otto nuovi padiglioni. Si tratta di ampliamenti di istituti già esistenti, che riguardano tanto i posti disponibili - le camere - quanto gli spazi trattamentali: questo è un aspetto su cui abbiamo corretto precedenti progetti. Nuove carceri, nuovi spazi, non può significare solo nuovi posti letto. Oltre alle risorse del PNRR, per il triennio 2021-2023, abbiamo anche previsto circa 381 milioni per le indispensabili ristrutturazioni e l'ampliamento degli spazi".

“Sovraffollamento al 114%, condizione esasperante”

Per le carceri "il primo e più grave tra tutti i problemi continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114% - dice la ministra. - È una condizione che esaspera i rapporti tra detenuti e rende assi più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari, a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni. Sovraffollamento significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero".

"Con l'attuazione della legge delega in materia penale - sottolinea la guardasigilli - si svilupperanno le forme di esecuzione della pena diverse, alternative al carcere, soprattutto in riferimento alle pene detentive brevi. E questo darà sollievo anche alle troppo congestionate strutture penitenziarie. Già oggi sono più numerosi coloro che scontano la pena - in vario modo - fuori da un carcere: oltre 69mila a fronte di circa 54mila detenuti. Queste 69.140 persone per l'esattezza al 31 dicembre 2021 sono in carico agli uffici della esecuzione penale esterna, UEPE; aggiungendo i procedimenti tuttora pendenti, diventano oltre 93mila i fascicoli in corso presso questi uffici, con una media di procedimenti per funzionario pari a 105 Si compone infatti di solo 1.211 unità il personale per l'esecuzione penale esterna per adulti

È evidente la necessità - conclude la ministra - di potenziare questo settore e le forze politiche hanno avuto la sensibilità di sottolinearlo in un ordine del giorno, approvato a margine della legge di bilancio, impegnando il Governo ad incrementare il personale dedicato all'esecuzione penale esterna". (Rs-DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)