Ceuta, arrivi record nell’enclave spagnola. “Una crisi diplomatica sulla pelle delle persone”
In 24 ore quasi ottomila persone hanno varcato la frontiera. Secondo gli analisti i flussi usati come ricatto nei confronti della Spagna: sul tavolo c’è la questione del Sahara occidentale e il budget per l’esternalizzazione della frontiera. Prestianni (Euromed Rights): “Violazione dei diritti”
Un flusso di persone senza precedenti: in 24 ore sono entrate nell’enclave spagnola di Ceuta tra le seimila e le ottomila persone provenienti dal Marocco. Il governo spagnolo da ieri ha schierato l’esercito e rimandato indietro quasi la metà delle persone. Il presidente Pedro Sanchez si è recato sul posto e ha assicurato che in breve sarà "ristabilito l’ordine”. Ma la situazione è grave: le persone che sono riuscite a varcare il confine, su piccole barche o a nuoto, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Mentre la Spagna sembra aver intenzione di mostrare i muscoli per disincentivare altri passaggi al confine.
Crisi diplomatica o crisi migratoria?
Nonostante le smentite ufficiali, all’origine della migrazione di questi giorni sembra esserci stato un allentamento dei controlli alle frontiere da parte della polizia marocchina. Secondo alcuni analisti si tratterebbe di una mossa nata come forma di ritorsione per la decisione della Spagna di accogliere sul suo territorio il leader del Fronte Polisario (movimento indipendentista del Sahara occidentale), Brahim Ghali, malato di Covid. Il ricovero in un ospedale spagnolo è stato considerato una vera e propria offesa. La questione della sovranità in quella parte del paese è al centro, da tempo, di una disputa. E, dopo il riconoscimento da parte dell’amministrazione Trump della sovranità spagnola sul Sahara occidentale il Marocco sta facendo sempre più pressione perché anche l’Unione europea arrivi alla stessa decisione. Alcuni esperti, però, sottolineano anche come sul tappeto ci sia tutta la questione legata ai fondi dei paesi europei verso i paesi di origine e transito dei migranti per la gestione esterna delle frontiere. E, dunque, come accaduto anche con la Turchia di Erdogan, l’allentamento dei controlli sarebbe solo un modo per alzare nuovamente la posta in gioco.
“In questi anni l’Unione europea e gli Stati membri hanno spesso messo in pratica una strategia di pressione nei confronti degli Stati terzi, alla cui base c’è sempre stata una logica di condizionalità positiva o negativa: minacciando il taglio degli aiuti allo sviluppo o la riduzione dei visti se non avessero fermato le partenze dei migranti. Oggi vediamo i paesi africani riprodurre questa stessa strategia ricattatoria- sottolinea Sara Prestianni, responsabile Immigrazione e Asilo di Euromed Rights-. Lo abbiamo visto la settimana scorsa con le tremila partenze dalle coste libiche, nei giorni in cui nel Summit tra capi di Stato africani ed europei si discuteva il ruolo dei paesi di origine e transito nel controllo delle frontiere”.
Anche il Marocco non è nuovo a questa strategia: l’aumento degli sbarchi alle Canarie sono parte di una volontà di pressione nei confronti della Spagna. “I motivi di negoziazione sono molteplici. Da una parte ci sono le tensioni tra Spagna e Marocco sul dossier che riguarda il Sahara occidentale, ma c’è anche un interesse di natura economica - aggiunge Prestianni -. Secondo un documento pubblicato da El Pais il Marocco vorrebbe avere un ruolo centrale nell'esternalizzazione dei confini, e per questo chiede un budget di 450 milioni all’anno per un totale di 3,5 miliardi in 7 anni. Non è neanche un caso che ieri, nel pieno della crisi, la Spagna abbia annunciato di aver approvato 30 milioni per il supporto alla gestione dei flussi migratori. Quello che preoccupa è che il corpo della negoziazione diventino i migranti: donne, uomini, bambini e minori sono sempre più ostaggio di queste trattative”.
Rimpatri immediati e violazione del diritto d’asilo
In queste ore la Spagna sta rispondendo alle pressioni con un dispiegamento di forze militari. Secondo le organizzazioni internazionali si stanno anche operando dei respingimenti sistematici, i cosiddetti devoluciones en caliente. Vere e proprie espulsioni “a caldo” a ridosso della frontiera già oggetto di condanna da parte della Corte europea per i diritti dell’Uomo. “Vengono rimandati indietro anche i minori, di fatto la Spagna sta violando il principio di non respingimento e due pronunciamenti della Cedu che ricordano come questa condotta sia illegittima - continua Prestianni -. Questa è una violazione del diritto internazionale, la Commissione europea ha rilasciato dichiarazioni su quanto sta avvenendo senza ricordare però che queste sono procedure illegali. Il ruolo della Commissione, invece, dovrebbe essere quello di farsi garante dei diritti - conclude -. L’unico modo per far sì che non si proceda sempre di più con la logica dei ricatti è aprire vie legali e sicure di accesso al territorio”.
Anche in Italia, diverse organizzazioni umanitarie stanno chiedendo che sia rispettato il diritto di chiedere asilo per i migranti che arrivano a Ceuta. “La vera emergenza da affrontare è quella in cui si trovano i migranti che cercano di arrivare in Europa. È evidente in queste ore che le politiche di esternalizzazione dell’Europa sono inadeguate e questa ennesima situazione dimostra quanto siano fallimentari - sottolinea padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli -. È ora di un cambio vero rispetto alla linea seguita dall’Europa negli ultimi vent’anni, dal Processo di Rabat nel 2006 un muro dopo l’altro, secondo una politica migratoria che non mette al centro la vita e i diritti delle persone, ma tutti i sistemi possibili per fare in modo che i migranti non arrivino in Europa”.