“Cheese!”. Il caseificio “The Happy Cheese” è costruito a Emdibir, centro abitato che sorge nel cuore dell’Etiopia

Il progetto del caseificio in Etiopia è stato sostenuto finanziariamente in questi anni dai soci della Latteria di Lagundo e dalla comunità del paese del meranese.

“Cheese!”. Il caseificio “The Happy Cheese” è costruito a Emdibir, centro abitato che sorge nel cuore dell’Etiopia

Ci sono profumi che portiamo dentro, profumi che riconosciamo immediatamente e che ci fanno sfogliare l’album dei nostri ricordi più teneri e dolci. Il profumo del latte è uno di questi. L’aroma che si sprigiona dal bricco del latte quando, la mattina presto, attendiamo assonnati il cappuccino al bancone del bar, è capace di aprire una finestra di serenità anche nelle giornate più confuse e complicate. Quel profumo è capace di farci sprofondare per qualche istante in una soffice nuvola bianca, morbida e accogliente come l’abbraccio rassicurante di mamma, che la mattina ci aspettava in cucina con la tazza di latte caldo e biscotti. Il profumo del latte è il profumo della tenerezza della vita.

Stefan Haller ha fatto del profumo del latte la sua professione. A Lagundo, comune altoatesino di 5mila abitanti che sorge a pochi chilometri da Merano, è il responsabile della locale latteria, una cooperativa che conta 45 soci.

Quando Toni Pizzecco, presidente dell’associazione Medici dell’Alto Adige per il mondo, gli chiede di condividere la sua esperienza e la sua professionalità a 8mila chilometri di distanza dalle sue montagne, lui accetta immediatamente.

Sono trascorsi cinque anni da quel sì ed oggi quello che era un sogno è divenuto realtà.

“Desideriamo mostrarvi alcune immagini del nostro progetto in Etiopia”, si legge nel post pubblicato l’8 marzo sulla pagina Fb della Latteria Lagundo.

Le pareti carta da zucchero profilate di bianco, come infissi e grondaie e, all’interno, il bianco declinato in una sinfonia di sfumature fatta da muri e piastrelle, che si intreccia, come in un controcanto, con l’acciaio di lavandini e dei macchinari per la produzione del formaggio. A tessere l’armonia è il bianco del latte, che dai fusti viene versato in grandi contenitori dove il caglio lo trasformerà in formaggio. Quel formaggio a pasta filata che, porzionato su piatti bianchi, fa venire l’acquolina in bocca. Sembra di sentirlo, il profumo del latte e del formaggio, mentre sullo schermo scorrono le immagini del caseificio “The Happy Cheese” costruito a Emdibir, centro abitato che sorge nel cuore dell’Etiopia, a circa 200 chilometri a sud-ovest di Addis Abeba, nella regione Gurage (SNNPR).

Tutto nasce nel 2018. “L’associazione Medici dell’Alto Adige, porta avanti diversi progetti di cooperazione allo sviluppo in Etiopia – racconta Haller al Sir –. Ad Attat hanno contribuito al risanamento e ampliamento dell’ospedale, gestito dalla diocesi di Emdibir. Diverse volte all’anno i medici altoatesini visitano l’ospedale per trasmettere conoscenze mediche e seguire la formazione degli operatori sanitari. È proprio nell’ambito della collaborazione con la diocesi di Emdibir che è nato il progetto del caseificio”.

Alcuni anni fa l’associazione “Help for Life” ha donato dei macchinari per la produzione del formaggio, ma questi sono rimasti fermi in magazzino, avvolti nei loro imballaggi.

Di ritorno da uno dei suoi numerosi viaggi in Etiopia, Toni Pizzecco contatta Robert Zampieri, responsabile della latteria Mila di Bolzano e gli chiede chi può aiutare l’associazione a creare un caseificio a Emdibir. Zampieri pensa subito ad Haller, che dà subito la sua disponibilità. “La prima volta che sono arrivato a Emdibir sono rimasto colpito dalle persone – ricorda Haller – hanno veramente poco, ma sono felici, hanno la gioia dipinta sul volto”.

“Obiettivo del progetto era quello di creare qualcosa insieme alla gente di Emdibir, perché saranno loro a portare avanti, in futuro, il caseificio. Per fare questo è fondamentale camminare con loro, accompagnarli seguendo i loro tempi. Un’attenzione particolare è rivolta alle donne, che spesso non riescono ad andare a scuola e che, in mancanza di una formazione, non riescono a trovare lavoro”.

La diocesi di Emdibir possiede 24 ettari di terreno, sui quali – con il contributo di Caritas Australia – ha costruito una grande stalla. Sono stati piantati diversi tipi di foraggio (mais, erba, erba medica e canna da zucchero). Attualmente nell’azienda, che offre lavoro a 20 persone, ci sono 60 mucche e due tori. Le mucche da latte sono 44, 16 i giovani bovini e 20 i vitelli. Ogni giorno vengono prodotti 280-300 litri di latte. Desiderio della diocesi – guidata dal cappuccino mons. Musie Ghebreghiorghis – non era solo quello di vendere il latte, la ricotta, lo yogurt e il burro che da esso vengono ricavati, ma anche avviare una produzione di formaggio locale, per promuovere l’autonomia economica della zona.

Haller ha sposato il progetto, ideando il caseificio fin dalle fondamenta e seguendone la costruzione anche negli anni difficili della pandemia. “Nel 2021, appena è stato possibile tornare a volare, sono partito per l’Etiopia – racconta Haller – è stato un viaggio particolare: eravamo in dieci su un aereo che poteva portare fino a 450 persone”.

Una volta completato l’edificio, nell’aprile dello scorso anno sono state installati i macchinari e, sotto la guida e la supervisione di Haller, sono state prodotte le prime forme di formaggio a pasta filata. A novembre dello scorso anno l’inaugurazione ufficiale.

Il casaro altoatesino ha seguito la formazione di Aklile Kerode (che compare nelle foto su Fb), Livio Dawit e di Abera Woynishet, che sono i tre collaboratori della nuova struttura.

“Il caseificio sta iniziando a muovere i primi passi – spiega Haller – al momento abbiamo iniziato con del formaggio a pasta filata. In un giorno se ne arrivano a produrre circa 30 chili. Attualmente, però, i ragazzi non fanno il formaggio tutti i giorni. È fondamentale lasciare loro il tempo di affinare la tecnica e prendere sicurezza in procedure che per loro sono nuove”. Haller si reca due volte all’anno in Etiopia. “Sono rientrato in Italia da un paio di settimane e scenderò di nuovo in autunno – prosegue –. In questi mesi seguo i ragazzi a distanza. Cerco di ritagliarmi del tempo la mattina, così da essere disponibile a guidarli e consigliarli attraverso whatsapp”.

Il progetto del caseificio è stato sostenuto finanziariamente in questi anni dai soci della Latteria di Lagundo e dalla comunità del paese del meranese. “Come cooperativa – spiega Haller – abbiamo a cuore questo progetto, perché ci permette di sostenere concretamente la crescita di una comunità”. Dal momento che a Emdibir la corrente salta di frequente, è stato necessario realizzare anche un impianto ad energia solare che alimentasse l’aria condizionata che garantisce temperatura costante sia nella sala di stagionatura che in quella di stoccaggio del formaggio. A coprire le spese (15mila euro, con trasporto e installazione) sono stati i soci dell’associazione pescatori di Lagundo.

Sullo schermo scorrono le immagini del caseificio postate su Fb. Stefan e Aklile mostrano soddisfatti due forme di formaggio. “Cheese”. Sorridono all’obiettivo. E già sembra di sentirsi abbracciare dal profumo del latte.

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Fonte: Sir