Chi ci salverà da noi stessi? I temi della settimana. Scuola, autolesionismo, social e adolescenti

Le nostre case sono diventate negli anni più comode e accoglienti, ma sempre più impregnate di solitudine e smarrimento.

Chi ci salverà da noi stessi? I temi della settimana. Scuola, autolesionismo, social e adolescenti

Scuola, autolesionismo, social e adolescenti: questi i temi delle ultime ultime settimane. Sullo sfondo, naturalmente, la palude emotiva innescata dall’immobilismo forzato.

Un grave fatto di cronaca, poi, ha scosso la coscienza collettiva, e cioè la morte accidentale della bambina di Palermo rimasta soffocata a soli dieci anni, mentre tentava di battere un record in una sfida su TikTok, il “blackout challenge”.

In un’intervista pubblicata dal settimanale L’Espresso, il prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù, ha posto in evidenza l’incremento preoccupante dei ricoveri di ragazzini dediti a pratiche di autolesionismo.

Si tagliano gli avambracci, le cosce, l’addome. Altri tentano il suicidio. Mi viene in mente una ragazzina di 12 anni che si è buttata dalla finestra che è il modo più usato tra i ragazzi tra i 12 e i 15 anni. Buttarsi dalla finestra o l’ingerimento di un numero congruo di farmaci, a volte si impiccano, eccezionalmente usano armi da fuoco come invece avviene frequentemente in altri paesi come, ad esempio, gli Stati Uniti”. Questo il racconto accorato dello specialista che aggiunge: “I genitori non hanno colpe, piuttosto responsabilità. Hanno il dovere di monitorare quello che fanno i ragazzi, chi frequentano. Vuol dire interessarsi alla loro vita, mantenendo un dialogo aperto. (…) I genitori non sono la causa, ma hanno la grande possibilità di ridurre il rischio, così come la scuola”.

Il prof. Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, direttore del Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, commentando la tragedia di Palermo, ha dichiarato al Corriere della Sera: “Non esistono ragazzi dipendenti da Tik Tok, esistono semmai ragazzi soli con una bassissima autostima di sé che, attraverso i social network e le sfide di Tik Tok, vogliono esibirsi, vogliono mettersi in mostra perché di fronte a un pubblico hanno bisogna di dimostrare che sono bravi, proprio per questione di autostima. (…) Quando i ragazzi soffrono di solitudine e di noia, allora cominciano a ricercare su internet le uniche relazioni possibili”.

Due voci eminenti, dunque, evidenziano le avarie di un sistema che chiede sempre con maggiore urgenza di essere “riparato”. Le nostre case sono diventate negli anni più comode e accoglienti, ma sempre più impregnate di solitudine e smarrimento. Mancano il dialogo e il contatto profondo tra i membri che compongono il nucleo familiare. Sempre di più affidiamo frustrazioni e ansie ai numerosi “distrattori” (tv, computer, smartphone, tablet), di cui amiamo circondarci, evitando il confronto con i nostri cari, e quindi le spigolosità delle relazioni affettive. Tendiamo a non dare spazio al reciproco riconoscimento emotivo. I sentimenti serpeggiano in casa, ma sembra che fatichino a trovare sfogo, oppure giungono al parossismo ed esplodono. Si parla sempre più spesso di “abuso emotivo”, soprattutto all’interno del nucleo familiare, e tra le diverse forme si rintracciano anche l’incuria e l’indifferenza. Le moderne forme di negligenza affettiva ed educativa sono meno evidenti rispetto al passato, perché l’abbandono oggi avviene nel comfort, tra le “cose” che ci circondano e che acquistiamo con l’illusione che possano consolarci e colmare quel nulla cosmico che tanto ci atterrisce.

Tendiamo poi a confondere l’obbedienza con l’educazione e le nozioni con gli insegnamenti. Le nostre indicazioni hanno la fisionomia della “norma” e le nostre spiegazioni sono stereotipate. I nostri figli sono intelligenti e hanno bisogno di cure altrettanto intelligenti.

La scuola, poi, fatica a riguadagnare terreno, ma non soltanto a causa della pandemia. Si tratta di un’assenza più remota, di un atteggiamento in parte rinunciatario che risale a prima di quest’era apocalittica.

Chi ci salverà da noi stessi?

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Fonte: Sir