Come la letteratura ha trattato il tema della salvezza a partire dalla Resurrezione di Cristo

La Resurrezione di Cristo non è solo festa, spensieratezza, abbandono: è stata preparata dall’accettazione della morte e del dolore.

Come la letteratura ha trattato il tema della salvezza a partire dalla Resurrezione di Cristo

Di superbe imbandigioni,
scorra amico all’umil tetto,
faccia il desco poveretto
più ridente oggi apparir”.

Un Manzoni da poco tornato alla fede – si era sposato secondo il rito cattolico con Enrichetta Blondel nel 1810 – celebra nel primo degli Inni sacri la Resurrezione di Cristo. Lo fa ponendosi il concreto problema dei poveri che avevano purtroppo ben poco da gioire quando la miseria più nera li costringeva alla fame. Il Lombardo invita in questo Inno i ricchi a lasciare per un attimo le tavole colme di ogni ghiottoneria per recarsi nei tuguri e rendere con i loro doni davvero degna la festività pasquale alla povera gente. La Resurrezione di Cristo non è solo festa, spensieratezza, abbandono: è stata preparata dall’accettazione della morte e del dolore e dalla condivisione con gli uomini, fino in fondo, di questo destino. Il cammino penitenziale è perciò molto di più di mortificazione e digiuno, o, a sentire alcuni, superstizioso autolesionismo: è l’immersione nella speranza – già nel cuore della notte – che si stia preparando la luce del mattino. Qui è vivo l’esempio di Dante che nel Purgatorio immerge il dolore della morte e della colpa in una atmosfera di speranza incombente, di ritorno alla Casa dalla quale siamo partiti. Qualcosa di simile ad un’attesa struggente, come quando ci apprestiamo a rivedere il volto delle persone che amiamo ma ne siamo ancora distanti. Questa dolcissima atmosfera – altro che visione masochistica e negativa dell’esistenza – è presente anche nel grande poeta Thomas S. Eliot che nella “Terra desolata” aveva descritto la disperazione senza valori dell’uomo moderno. Alla fine di questo inferno, come Dante, il suo grande idolo poetico, alla fine degli anni Venti del Novecento scrive “Mercoledì delle Ceneri”: qui i ricordi danteschi e di Cavalcanti si incontrano con la riconquista della Parola attraverso la Bibbia, in una poesia che davvero segna l’autentica preparazione dell’uomo contemporaneo alla Pasqua della resurrezione del Cristo e anche della propria: “Non sopportare che io sia separato/ e a Te giunga il mio grido”.
Come si vede, la Pasqua non è vista dai grandi scrittori come una festa superficiale in cui banchettare e darsi ai piaceri: la Passione di Cristo prima della resurrezione è intuita come passaggio doloroso ma nella speranza; come non ricordare uno dei più grandi poeti del nostro Novecento, Mario Luzi, che nel testo richiestogli da Giovanni Paolo II per la Via Crucis del 1999 , un vero e proprio poema sacro, concluse con le umanissime parole del Cristo Patiens:

Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte.

Marco Testi

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Fonte: Sir