"Come se vedessero l'invisibile". Domenica 12 maggio la 56° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

“Ho visto un angelo nel marmo e l’ho scolpito finché non l’ho liberato”. Seppure non siamo del tutto certi che questa frase appartenga a Michelangelo, essa rimane particolarmente significativa: bene esprime la creatività dell’artista aretino, ma anche il rapporto di ciascuna persona con la propria esistenza.

"Come se vedessero l'invisibile". Domenica 12 maggio la 56° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

Dare una forma al proprio progetto di vita, chiede di saper vedere lontano, intuendo ciò che sta dentro e oltre il presente, i propri sogni e desideri, le proprie doti e limiti. Oltre le forme concrete del nostro corpo e la manciata di rapporti che viviamo sin da bambini, c’è il mondo sconfinato dell’interiorità in cui inoltrarsi per riconoscere la presenza dell’invisibile e scoprire insieme a lui quale forma dare alla propria vita.

Non è immediato per nessuno uno sguardo capace di intuire l’invisibile, tantomeno per un giovane. I nostri occhi sono presi da tante cose, affascinati, ma anche distratti da forme e colori, addirittura abituati alle realtà più belle e interessanti. Spesso gli sguardi dei ragazzi e dei giovani sono abbassati dentro mondi limitati, piuttosto che aperti sui vasti orizzonti della sana curiosità, della ricerca di senso, della bellezza che attrae. Ecco perché credo sia particolarmente indovinato lo slogan dato alla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. “Come se vedessero l’invisibile” (Francesco, Evangelii gaudium 150) è una soffiata regalata ai giovani per aiutarli a realizzare la propria vita. È dentro e oltre la realtà quotidiana che è presente il segreto della propria esistenza, nel Mistero di Dio, l’Invisibile che si è fatto visibile in Gesù, “la più bella giovinezza di questo mondo”, che “rende giovane, nuovo e pieno di vita tutto ciò che tocca” (Francesco, Christus vivit, 1).

Accompagnare i più giovani alla scoperta dell’Invisibile e di quella concreta forma che assume nella vita in ciascuno di essi, è il grande compito della comunità cristiana. Vivere in relazione e comunione con Dio, scolpire la vita dandole la forma del prete, di una famiglia, della donazione di sé nella vita consacrata o missionaria oppure nel servizio a tempo pieno per gli altri è dono gratuito di Dio, ma anche frutto di una comunità che si fa attenta compagna di strada dei giovani. È necessario che ci prendiamo cura della dimensione vocazionale della nostra vita e di quella dei più giovani: soltanto nel nostro gettare fedelmente lo sguardo oltre il visibile diventiamo capaci di accompagnare alla scoperta della propria chiamata i ragazzi e i giovani che ci sono affidati.

don Silvano Trincanato,
direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle vocazioni

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