Coronavirus. Boom di donazioni per la sanità, ma crollano le altre attività

Presentati oggi online i risultati di un’indagine sulle raccolte fondi nei primi mesi dell’anno. Bene le Fondazioni di Comunità e il non profit capace di reinventarsi, ma c’è preoccupazione per alcuni settori. Claudia Fiaschi (Forum terzo settore): “Arriveremo a fine emergenza con i serbatoi vuoti”

Coronavirus. Boom di donazioni per la sanità, ma crollano le altre attività

Gli italiani stanno rispondendo con generosità all'emergenza coronavirus, così come stanno facendo le organizzazioni non profit impegnate in tutto il territorio nazionale, ma non tutti i settori stanno beneficiando delle raccolte fondi che in questo periodo stanno raccogliendo ingenti risorse: alcuni settori rischiano di restare indietro. A lanciare l’allarme è l’Istituto italiano della donazione (Iid) che oggi ha presentato i dati del monitoraggio #ildonononsiferma, durante la prima conferenza stampa online dedicata all'andamento delle raccolte fondi degli enti non profit in Italia nel primo trimestre 2020 durante l'emergenza. Al questionario dell’Iid hanno risposto oltre 130 organizzazioni non profit in meno di due settimane.
“L’ambito donazione è sicuramente un settore rilevante, specialmente per quei soggetti non profit in cui le donazioni risultano essere un fattore fondamentale nei propri equilibri gestionali - ha spiegato Stefano Tabò, presidente dell’Iid -. C’è il rischio di una fragilità di fondo soprattutto per quei soggetti che non sono individuati come immediatamente utili nella fase di emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro paese e che però continuano ad essere fondamentali per l’apporto che danno per il benessere della nostra società”.

I dati raccolti mostrano che le donazioni “si stanno concentrando soprattutto sull’emergenza - spiega una nota dell’Istituto -, esponendo però il non profit nella sua complessità al pagamento di un prezzo molto alto: l’81% del campione ha dichiarato un impatto importante sulle raccolte fondi dei primi mesi dell’anno; di queste organizzazioni, circa il 40% denuncia un calo superiore al 50%, per arrivare a una punta dell’11% che lamenta una contrazione del 100% della raccolta”. Particolarmente allarmante è il caso della cooperazione internazionale, dove “tutte le organizzazioni non profit intervistate riscontrano un calo, più o meno marcato, dei proventi”, spiega l’Istituto della donazione. “Il terzo settore è preoccupato - ha affermato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore -. Davanti a chi non fa passi indietro bisognerebbe che ci fossero anche dei passi avanti delle istituzioni che noi stiamo reclamando perché questa è un’emergenza che mina un po’ le fondamenta stesse degli enti di terzo settore, aggredisce il suo bene fondamentale, quello di costruire attraverso la prossimità, quella vicinanza sociale che oggi è più complicata da costruire”.Eppure, il mondo del non profit non si è fermato nonostante le difficoltà e la sospensione di molte attività per evitare la diffusione del contagio. Secondo l’istituto, il non profit ha mantenuto attiva l’offerta dei propri servizi di supporto ai propri beneficiari per l’83% dei casi, seppure con modifiche e adattandosi al contesto. “I dati dimostrano anche che il terzo settore è capace di cambiamenti in corsa - aggiunge Cinzia Di Stasio, segretario generale Iid -: sono infatti molte le organizzazioni non profit che, pur di non chiudere il servizio offerto ai beneficiari, hanno trasformato la propria azione sul campo in relazione da remoto per stare comunque vicino ai beneficiari della propria attività (24%); un 20% ha portato avanti i servizi offerti, seppur soffrendo difficoltà economiche e organizzative. Solo il 7% dichiara di aver dovuto sospendere completamente il servizio”. Nel caso del rapporto con i volontari, invece, l’interruzione delle attività ha riguardato il 45% dei casi, nella restate percentuale dei casi si è continuato con attività da remoto, riorganizzandosi in base alle nuove disposizioni, oppure non ha visto dei cambiamenti.  “Ci siamo reinventati, ma arriveremo a fine emergenza con le risorse terminate - mette in guardia Fiaschi -, con i serbatoi vuoti perché quasi tutti lavoreranno senza flussi di donazioni, senza ricavi o contributi, se non quelli delle fondazioni che stanno cercando di dare una mano anche al terzo settore in questa emergenza, ma la verità è che tra pochi mesi questi serbatoi saranno vuoti”. Per questo, ha aggiunto la portavoce del Forum nazionale del terzo settore, “stiamo chiedendo al presidente del Consiglio dei ministri e al governo che si varino misure ad hoc anche a sostegno del terzo settore. È necessario che tutte quelle misure al credito, alla gestione della liquidità siano estese a enti di terzo settore e si avvii una riflessione condivisa sui temi della ripartenza”.Le raccolte fondi in ambito sanitario, ospedaliero e in aiuto alla comunità di riferimento, come quelle messe in campo dalle fondazioni di comunità a favore di ospedali o a potenziamento di servizi di assistenza domiciliare per le persone più fragili, intanto, hanno visto un boom di donazioni, come dimostrano anche i numeri di una nuova indagine di Doxa illustrata durante la conferenza stampa. “In base alla nostra indagine dedicata all’impatto della diffusione del virus Covid-19 sulla popolazione italiana e condotta su un campione rappresentativo di 1.003 individui dal 20 al 24 marzo 2020 – ha commentato Valeria Reda, senior research manager Bva Doxa - emerge che il 24% della popolazione dichiara di aver fatto una donazione in ambito sanitario e ospedaliero, pari a circa 10/12 milioni di Italiani. Un ulteriore 35% farà una donazione nelle prossime settimane. Si tratta di un aumento di circa il 30% rispetto al totale degli Italiani che donano ogni anno a fini di ricerca scientifica, sanitaria ed equivalenti, pari a 8,3 milioni di persone nel 2019”.Chi ha visto aumentare le donazioni, in questo periodo, sono anche le Fondazioni di Comunità. Nell’indagine dell’Iid, infatti, oltre l’83% di queste realtà ha visto aumentare le donazioni, contro la restate percentuale che ha registrato un calo. “Come Fondazione di Comunità stiamo svolgendo il nostro ruolo di vicinanza al territorio per catalizzare risorse ed affrontare l’emergenza Covid-19 - ha raccontato Filippo Petrolati, direttore della Fondazione di Comunità Milano onlus -. Da subito abbiamo colto l’urgenza di rispondere all’emergenza sociale, che colpisce le persone più vulnerabili della nostra comunità: abbiamo quindi lanciato la raccolta fondi #MilanoAiuta, destinata a potenziare i servizi di prossimità e assistenza domiciliare per i soggetti più fragili: anziani soli, disabili, bambini e famiglie in situazione di disagio. Le donazioni hanno superato 1,2 milioni di euro con 900 donatori, che ci hanno dato fiducia e ci hanno consentito di attivare il bando #MilanoAiuta. Ad oggi abbiamo già finanziato 40 interventi che danno risposte concrete alle situazioni più critiche presenti sul nostro territorio. Le Fondazioni di Comunità, fungendo da Hub della Solidarietà, possono essere punto di riferimento per il terzo settore”. Tra le esperienze raccontate durante la conferenza stampa online, anche quella dell’Aisla, con la testimonianza del suo presidente, Massimo Mauro. “Per stare vicini alle persone con Sla abbiamo ri-organizzato l’attività dell’associazione con servizi gratuiti per l’assistenza a distanza come le videochiamate con volontari, medici e psicologi e le consulenze con gli esperti del Centro d’ascolto che, nelle ultime settimane, ha ricevuto oltre 1400 contatti - ha raccontato -. Abbiamo pensato inoltre che fosse necessario sostenere i Centri Clinici NeMO, punti di riferimento per l’assistenza delle persone con malattie neuromuscolari. Per questo abbiamo lanciato la campagna #distantimavicini che, in meno di un mese, ha già ottenuto oltre 140 mila euro di donazioni destinate proprio al sostegno del prezioso lavoro dei Centri NeMO. Questo significa che, oltre alla preoccupazione, c’è un diffuso desiderio di rendersi utili. Abbiamo riscoperto il valore della reciprocità”. Sui territori, di particolare importanza in questo periodo il ruolo dei Csv, i Centri di servizio per il volontariato.  “Il dono del tempo per gli altri dei volontari e del volontariato – ha raccontato Ivan Nissoli, presidente del Csv di Milano e consigliere CSVnet - non si è fermato in questo tempo di crisi. Si è adattato, si è rimodulato. E accanto al volontariato non si sono fermati i Csv, ma hanno continuato il proprio compito al servizio del volontariato e dei volontari andando a rimodularsi anche loro. Ora inizia il tempo del guardare avanti, verso la progettazione della ripartenza. Un guardare avanti che deve essere comunitario, deve vedere nuove alleanze e deve essere capace di osare piste nuove”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)