Coronavirus. Casa Arcella. Studenti e preti donano il loro tempo agli ultimi

Ci sono anche studenti fuori sede e preti diocesani tra i volontari che si alternano alla portineria di Casa Arcella, ogni giorno, per seguire l’uscita e l’entrata dei 54 ospiti della struttura, persone senza dimora che in questo modo hanno una casa in cui restare nel tempo dell’emergenza sanitaria.

Coronavirus. Casa Arcella. Studenti e preti donano il loro tempo agli ultimi

Angelo Pentassuglia viene da di Bari, studia alla Facoltà teologica del Triveneto e risiede in Centro universitario: «Tramite la Caritas – racconta – ci è arrivata richiesta di dare una mano. E così alcuni di noi del Centro universitario abbiamo dato la nostra disponibilità». È un mettersi accanto agli ultimi tra gli ultimi: «Nell’emergenza i bisogni primari delle persone vengono messi a rischio. Anche solo poter stare in una struttura protetta, rispettando le norme igieniche, è per loro fondamentale. Sono persone soggette a grandi disagi, anche fisici, e sono loro a soffrire di più la condizione che stiamo vivendo». Il giovane ha potuto sperimentare un po’ di quel capitale sociale di cui Padova è ancora ricca: «Non è un caso che sia capitale europea del volontariato: è bello vedere così tante realtà dare il massimo per chi ha bisogno».

Anche don Paolo Zaramella, responsabile della pastorale dei giovani della Diocesi di Padova, è tra i volontari alla portineria: «È un servizio semplice, che tuttavia è un’occasione per incontrare molte persone diverse. Passano per la colazione o per restituire le chiavi, a volte si fermano a chiacchierare. L’incontro non è solo con gli ospiti, ma anche con gli operatori della cooperativa e con i volontari. Non tutti sanno che sono un prete: è un’esperienza molto informale, destrutturata e semplice». Ma anche qui Dio parla: «Ho visto la fede di un ospite musulmano che si sveglia ogni mattina alle 5.30 per la preghiera. Dentro la cappellina, c’è un’icona con scritto “Se tu squarciassi i cieli e scendessi”: è un piccolo segno in questo tempo di pandemia e di apparente silenzio di Dio, che fa bene a me anche come prete».

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