Dopo 56 anni, chiude il Mad, Movimento Apostolico Diocesano. La razionalizzazione dei beni è la base del futuro

Nato per la formazione dei laici sui passi del Concilio, si è rivelato uno strumento importante per la vita pastorale della Chiesa di Padova

Dopo 56 anni, chiude il Mad, Movimento Apostolico Diocesano. La razionalizzazione dei beni è la base del futuro

«Ricercare la perfezione cristiana dei suoi membri, mediante la pratica integrale delle virtù cristiane e l’esercizio dell’apostolato, in tutte le sue molteplici espressioni, secondo gli insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II». Era questo lo scopo con il quale l’allora vescovo di Padova Girolamo Bortignon il 20 agosto 1967 aveva eretto «il Pio Sodalizio Laicale denominato “Movimento Apostolico Diocesano”. Esattamente 56 anni dopo, la Chiesa dei Padova ha deciso di concludere questa esperienza che il mutato contesto sociale ed ecclesiale ha reso non più funzionale alla vita della Diocesi. A dichiarare estinto il Mad è stato anzitutto un decreto del vescovo Claudio Cipolla delle scorse settimane, a cui ha fatto seguito una nota del Ministero dell’Interno datata 18 agosto 2023, necessaria come per tutti gli enti dotati di personalità giuridica. «Le intenzioni che hanno dato impulso alla costituzione del Movimento Apostolico Diocesano – si legge ancora nel decreto di mons. Cipolla – nel corso degli anni e con il continuo evolversi del contesto socio-culturale di riferimento, hanno assunto connotazioni tali da attenuare le finalità originarie dell’Ente. Tale constatazione si è aggiunta ad una più ampia riflessione riguardante l’esigenza di razionalizzare il numero degli enti della Diocesi di Padova e le modalità con cui la stessa ha storicamente organizzato le proprie finalità istituzionali, giungendo ora a valutare l’affidamento – ove possibile – ad altri enti esistenti delle attività di quelli che, per ragioni sociali, economiche o anche numeriche, non siano più sostenibili».

Mutato il contesto sociale
«L’estinzione dell’ente è la conclusione a cui è giunto il Consiglio di amministrazione dopo un cammino che ha registrato una sensibilità comune in merito – spiega l’ultimo presidente, Nicola Visentini, in carica dal 2016 – Nel tempo, infatti, le funzioni originarie affidate al Mad erano state assunte da altri uffici, aggregazioni e organismi, pertanto l’ente oggi chiuso ha proseguito custodendo i beni e gli edifici che negli anni sono serviti alle finalità della formazione dei laici e alla promozione di un’autentica spiritualità nel solco del Concilio». Visentini è stato dunque il primo e l’unico laico alla guida del Mad, un’esperienza di nove anni che ricorderà. «Sono stati anni intensi, caratterizzati anzitutto da un profondo discernimento, per comprendere quali fossero le scelte giuste da compiere. Ci sono state poi molte relazioni importanti da vivere e da gestire, dentro e fuori la Chiesa di Padova. Rimane la soddisfazione di aver operato al meglio e di riconsegnare ora alla Chiesa un patrimonio solido».

I beni passano alla Diocesi
Come deciso dal vescovo sulla base dello statuto, infatti, tutti i beni che negli anni sono stati gestiti dal Movimento Apostolico Diocesano ora passano alla Diocesi. Si tratta in particolare di Casa Pio X, in via Vescovado 29, dove hanno sede numerosi uffici diocesani, il nostro settimanale, il Tribunale ecclesiastico, la Caritas, l’Azione cattolica, Noi Padova, il Centro Italiano Femminile, l’Unitalsi, Api Colf, le Acli, il Centro padovano delle comunicazioni sociali, e una comunità dei sacerdoti. C’è poi la sede delle Cucine economiche popolari di via Tommaseo. A queste si aggiungono Casa Maria Immacolata di via Manin, tra piazza delle Erbe e piazza Duomo a Padova, Casa Serena a Solagna, sul massiccio del Monte Grappa, da sempre utilizzata per i campi scuola, e Casa Filippo Franceschi a Camporevere di Roana, gestita direttamente dall’Azione cattolica di Padova per le attività estive e invernali di ragazzi, giovani, adulti e famiglie.

66 anni di storia. Si sono susseguiti sei presidenti

Al momento dell’estinzione del Mad, il consiglio di amministrazione era composto, oltre che dal presidente Visentini, dai consiglieri Vanna Ceretta, Elisabetta Francescon, Antonella Crivellaro e don Mirco De Gaspari. «Con tutti loro ho potuto prendere decisioni collegiali – sottolinea Visentini – anche la decisione di chiudere è stata comune». Prima dell’architetto di Vigodarzere, dal 1967 si sono avvicendati alla presidenza mons. Luigi Rossi (fino al 1986), mons. Decimo Bertizzolo (1987- 1999), mons. Paolo Doni (2000-2003), mons. Lorenzo Mocellin (2004-2007) e infine mons. Renato Marangoni, oggi vescovo di Belluno-Feltre (2008-2016).

Già nel Rendiconto 2018, la Diocesi pubblicava la mappatura sui suoi edifici che portava alla necessità di valorizzarli per reperire le risorse necessarie
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L’estinzione del Mad rappresenta un passo in avanti nel cammino di razionalizzazione degli enti diocesani e porta anche a delle scelte sul patrimonio immobiliare. L’ingresso nella gestione dell’Ente Diocesi dei beni appartenuti al Mad di fatto aumenta significativamente il numero delle strutture gestite direttamente dalla Diocesi, una variazione che si riverbererà nel prossimo rendiconto economico del 2023. «La scelta di chiudere questo ente in realtà ha radici ancora più lontane nel tempo – spiega l’economa diocesana Vanna Ceretta – Il Collegio dei consultori della Diocesi in un verbale datato 23 gennaio 2001 si era già espresso in questi ter mini». Se dal punto di vista finanziario l’operazione non costituisce un grande cambiamento, i frutti si vedranno soprattutto sul piano della gestione. «Già una decina di anni fa è iniziata un’approfondita riflessione sul nostro patrimonio immobiliare, innescata anche da una serie di richieste economiche per far fronte a lavori di manutenzione sugli edifici – riprende Ceretta – Con l’arrivo del vescovo Claudio e la sua volontà di redigere un bilancio certificato della Diocesi è iniziato anche un cammino di razionalizzazione, per fare in modo che le strutture giunte a noi grazie all’impegno di molti preti e laici del passato non costituiscano solo una sfida alla sostenibilità della nostra Chiesa ma possano offrire opportunità anche nell’attuale panorama sociale e culturale. Così siamo arrivati all’analisi affidata a Sinloc, pubblicata nel rendiconto del 2018 presentato l’anno dopo». La società di consulenza e investimento mise in evidenza un patrimonio immobiliare molto ingente, sebbene per la maggior parte destinato a fini istituzionali e inoltre rilevava delle criticità: il sottoutilizzo, le locazioni con entrate più basse degli standard di mercato, la carenza di piani di accantonamento per le manutenzioni, esigenze di messa a norma o adeguamento normativo. Suggeriva infine un piano di razionalizzazione e valorizzazione per elevare il reddito delle proprietà, grazie a modelli manageriali di gestione.

«La vera novità dunque è che, con l’ingresso di questi beni nel patrimonio dell’Ente Diocesi, ci proponiamo di realizzare una gestione più unitaria e razionale di questi edifici – conclude l’economa diocesana – basata su economie di scala che permettano risparmi e aprano a nuove opportunità. Si tratta di tematiche oggi sempre più attuali tenendo conto anche del fatto che gli introiti dell’8 per mille si stanno sempre più affievolendo. Progetti preziosi per le nostre comunità come il Sostegno sociale parrocchiale per alleviare gli effetti della pandemia da Covid 19 in futuro saranno possibili solamente se sapremo gestire al meglio il nostro patrimonio immobiliare». La chiusura del Mad quindi si iscrive dentro a un percorso di consapevolezza sui beni, attraverso la redazione dei bilanci diocesani, i rendiconti delle parrocchie e la mappatura dei beni iniziata nel 2018. Oggi continua verso un futuro che porterà altre scelte finalizzate al sostenere l’azione pastorale della Chiesa di Padova.

La decisione del vescovo. Prima della chiusura, l’intesa con l’Ac sulle case per campiscuola

Negli ultimi anni, il Mad è stato positivamente coinvolto in un percorso di rivisitazione delle relazioni tra la Chiesa di Padova e l’Azione cattolica, con particolare riguardo alle case utilizzate dall’Ac per campiscuola (Villa Sabina a San Vito di Cadore e Villa Rosengarten in Val di Fassa vendute nel 2011 e 2022 – e Casa Filippo Franceschi a Camporovere). «Si è trattato di un cammino per noi sofferto – commenta Francesco Simoni, presidente dell’Ac di Padova – ma compiuto nella profondità e nella verità, concluso lo scorso anno da una decisione paterna del vescovo Claudio». Proprio l’estinzione del Mad darà oggi operatività a quanto stabilito dal vescovo e quindi alla creazione di un fondo a sostegno delle attività dell’associazione laicale e all’usufrutto trentennale, sempre a favore dell’Azione cattolica, della casa per campiscuola che sorge sull’Altopiano dei Sette Comuni.

L’analisi di tutti i beni immobili della Diocesi

L’analisi dei beni che nel 2018 mons. Cipolla aveva affidato a Sinloc spa riguardava gli immobili dell’Ente Diocesi, di Antoniana srl, dell’Associazione Universale Sant’Antonio, della Casa del Clero, del Centro universitario, del Collegio Gregorianum, del Mad, dell’Opera Diocesana Adorazione Perpetua, dell’Opera Achille Grandi, dell’Opera Casa Famiglia, dell’Opera Nostra Signora di Lourdes, del Seminario vescovile, di Villa Immacolata.

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