Dopo Genova: pubblico e privato, insieme

Dopo il crollo di Genova c’è chi propone che tutte le infrastrutture siano nazionalizzate. Ma è una strada ricca di rischi, per l’oggi e in prospettiva futura

Dopo Genova: pubblico e privato, insieme

analisi di Paolo Zucca

L'impressionante crollo del Ponte Morandi a Genova può portare a conclusioni diverse. Tutte appaiono sensate nei giorni della grande commozione, tutte offrono spunti di riflessione. Emerge la sfiducia nella gestione dei privati e un pregiudizio verso le nuove opere definite inutili. Si distingue poco.

Un'opera pubblica non è per sempre. Con gli anni può mostrare acciacchi, cambiano le tecnologie e le visite di controllo vanno accentuate. Gli interessi del gestore, cioè il concessionario che prende in carico con contratti lunghi lo sfruttamento di un'opera pubblica, non sono necessariamente gli interessi dei cittadini o degli utilizzatori di quell'opera. Un gestore – ad esempio – può essere tentato di rinviare un intervento di manutenzione a un periodo successivo dosando le cure in base alle proprie esigenze di bilancio. Tanto più se il gestore è un soggetto quotato in Borsa, quindi misurato ogni giorno nel suo valore da centinaia di migliaia di investitori. Lo stress si riduce se il gestore ha esigenze di formazione dell'utile non legate ai ritmi della Borsa, ma in entrambi i casi i rischi di conflitti di interesse consigliano di affidare le valutazioni a soggetti esterni e di alto profilo.

Il Governo si sta orientando nella verifica di tutte le concessioni in corso (sono 156) e dello stato di salute di ponti e strutture pubbliche a potenziale rischio. Prima di costruire del nuovo si intende verificare quanto può tenere ancora il "vecchio".

Poi alcune scelte saranno obbligate e scegliere vuol dire anche scontentare qualcuno. Nessuno ama vedere crescere un viadotto o una diga sulla propria testa. Interessi generali e particolari possono confliggere, soprattutto se non spiegati con pazienza e non supportati con misure compensative. E chi deve gestire?

Può uno Stato assumersi direttamente tutti i ruoli dell'economia? Gestendo un'acciaieria, una compagnia aerea, magari la rete autostradale e chissà quanto altro? Un ruolo così centrale del soggetto pubblico può portare a distorsioni clientelari, e comporta comunque un ritorno sugli investimenti. L'infrastruttura deve cioé portare a degli utili che compensino coloro che prestano denaro, siano essi fondazioni, banche, assicurazioni, imprenditori e famiglie.

Altrimenti i costi ricadranno sulle generazioni successive che avranno meno risorse per l'assistenza, la salute, la cultura, la manutenzione del patrimonio artistico, la ricerca e tanto altro. Ecco perché una buona collaborazione pubblico-privato sembra comunque la strada migliore per tenere il passo dell'ammodernamento ragionato e non speculativo. Senza partnership efficaci, le risorse pubbliche rischiano di finire presto. A danno di chi verrà dopo.

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