È stata fatta Chiesa: nelle relazioni tra di noi e con il Signore

SpiritoAnimaCorpo. Trenta persone per la prima volta nel deserto del Sahara. A vivere gli esercizi spirituali proposti da Villa Immacolata

È stata fatta Chiesa: nelle relazioni tra di noi e con il Signore

«Bisogna passare attraverso il deserto e abitarvi per ricevere la grazia di Dio; è là che ci si svuota, che si scaccia via da sé tutto quello che non è Dio e che si vuota completamente la piccola casa dell’anima per lasciare tutto il posto a Dio solo. Gli ebrei sono passati per il deserto, Mosè vi ha vissuto prima di ricevere la missione, san Paolo e san Giovanni Crisostomo si sono anch’essi preparati nel deserto. È indispensabile […]. È un tempo di grazia, è un periodo attraverso il quale deve necessariamente passare ogni anima che vuole portare frutto. C’è bisogno di questo silenzio, di questo raccoglimento, di questo oblio di ogni cosa creata perché là in mezzo Dio stabilisca il suo regno e formi nell’anima lo spirito interiore» (Charles de Foucauld).

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Un gruppo di trenta persone. Per la prima volta nel deserto del Sahara. Come proposta di Villa Immacolata. Dall’oasi di Merzouga e poi dentro al deserto. Tecnicamente due notti. Cronologicamente tre giorni. Per vivere degli esercizi spirituali a contatto con il deserto. Le ore si sono dilatate: alcune non passavano più. Ma il deserto, oltre che il suo fascino, ha anche le sue difficoltà. E dal deserto non si può scappare. Quando si giunge dentro, bisogna restarci. Avevamo anche delle belle tende con bagno incorporato. Ma a che servono le tende quando il sole scotta e la tenda diventa un forno?

Non scappare dal deserto è stata la strada dell’ingresso dell’esperienza. La vita e la storia di Charles de Foucauld ci ha introdotto in quei giorni di preghiera. Attesa e preparata. Certo, i giorni dopo e il giorno precedente sono stati di visita ai bei posti che il Marocco offre, ma siamo andati per quell’esperienza che ci ha ancorati attorno alla preghiera, all’eucarestia e alla confessione. Esperienze prima di Charles, anche nostre quando siamo a casa, ma lì, lì essendo nel deserto, hanno assunto il carattere dell’unicità.

È proprio vero che nel deserto Dio parla al cuore! Quello d’Israele e quello nostro. Gli esercizi sono stati molto fisici: aver avuto a che fare con il caldo e con la notte, con la sabbia e con il tempo. Andare sull’alta duna per contemplare il sorgere del sole e il suo tramonto e sentirsi meno di un puntino di sabbia in quella distesa infinita. Un puntino amato e guardato da Dio. Alzare gli occhi al cielo e contare le stelle come Abramo e sentirsi sorvegliati dall’infinito. «Chi è come te, Signore? Chi è come te maestoso in santità tremendo nelle imprese e operatore di prodigi?» (Es 15,11).

Il deserto è stato luogo di turismo per molte persone che vi sono entrate e poi se ne sono andate mentre noi eravamo lì. Ma noi restavamo. Restavamo nel silenzio e nella preghiera. Da soli e nello stesso tempo insieme. Senza la velocità del tempo che abbiamo a casa, senza i mille contatti che il telefono ci procura. Tutto si è calmato. È stata fatta Chiesa: nelle relazioni tra di noi e in quella fondamentale con il Signore. «C’è bisogno di questo silenzio, di questo raccoglimento, di questo oblio di ogni cosa creata perché là in mezzo Dio stabilisca il suo regno e formi nell’anima lo spirito interiore». Un’esperienza che non dimenticheremo e chissà… riproporremo.

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